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venerdì 27 luglio 2007

LA POLITICA È COME CERCARE DI INCULARE UN GATTO

Cari compagni

Mi spiace per questa lunga assenza che ha causato un vero e proprio ingorgo di materiale ma i preparativi di una mia particolarmente importante rivoluzione mi hanno e mi terranno impegnato per un po, spero solo di riuscire a pubblicare tutto
in settimana, in ogni caso tutto il materiale ricevuto verrà pubblicato, detto questo.

Comincio con qualcosa che mi sta particolarmente a cuore, il senso di questo Blog, l'essenza del non silenzio, ed uso un racconto di un uomo che sento vicino, il buon vecchio "Hank" Bukowski.


Caro signor Bukoswki :
Perchè non scrive mai di politica o di relazioni internazionali ?

"Caro M.K.:
A cosa serve ? Cioè, cosa c'è di nuovo ? - lo sanno tutti che il lardo sta bruciando."

il nostro delirio accade in modo estremamente tranquillo mentre siamo lí a fissare i pelucchi della moquette - e ci domandiamo che cavolo possa aver causato lo scoppio di un vagone pieno di lecca lecca su un lato del quale era appeso il cartellone di Braccio di Ferro il Marinaio.
è un condensato di tutto: il bel sogno è andato, e una volta andato, è andato tutto. Il resto sono solo dei giochetti merdosi per i generali e gli accumulatori di soldi, a proposito dei quali - leggo che un altro bombardiere americano pieno di bombe all'idrogeno è caduto giù dal cielo - questa volta nell'oceano vicino all'Islanda - questi ragazzi sono sbadati in modo proprio potente con i loro ucellini di carta mentre, COSÍ SI SUPPONE, dovrebbero proteggere la mia vita. Il Dipartimento di Stato comunica che le bombe erano "disinnescate", chissà cosa significa? poi noi continuiamo a leggere notizie su dove una di queste bombe all'idrogeno (perdute) sie era spezzata a metà e spargeva dappertutto merda radioattiva mentre, si suppone, mi proteggeva SENZA CHE io avessi richiesto la minima protezione.
La differenza tra Democrazia e Dittatura è che in Democrazia prima si vota e poi si prendono ordini; in Dittatura non c'è bisogno di sprecare il tempo andando a votare.
ma torniamo alla caduta accidentale della bomba all'idrogeno - un po' di tempo fa la stessa cosa è accaduta non lontano dalla costa spagnola. ( siamo dappertutto per proteggermi.) le bombe sono andate perdute di nuovo - giocattolini sbadati. Gli ci vollero 3 mesi - se ricordo bene - per trovare e per portar via quell'ultima bomba.
Forse gli ci vollero 3 settimane ma per glia abitanti di quella città costiera devono essere sembrati 3 anni. Quest'ultima bomba - quell'arnese infernale aveva trovato il modo di incagliarsi sui fianchi di una collinetta di sabbia in fondo al mare, e ogni volta che avevano tentato di agganciare quell'arnese, una cosa così tenera, quello si sganciava e rotolava un po' piú giú per la collina. Nel frattempo tutti i poveracci di quella città costiera si rivoltavano nel letto di notte domandandosi se sarebbero saltati in aria, per gentile concessione delle Stelle e Striscie. Ovviamente il Dipartimento di Stato americano rilasciò una dichiarazione secondo cui la Bomba all'idrogeno era sprovvista del detonatore . Ma nel frattempo i ricchi se l'erano svignata mentre i marinai americani gli abitanti delle citta manifestavano chiari sintoni di nervosismo. ( dopotutto se qugli arnesi non possono scoppiare perchè li porterebbero azonzo per il cielo ? al loro posto potrebbero trasportare dei salamoni di 2 tonnellate. la parola detonatore sta per "scintilla" o " grilletto", e una scintilla puo esere provocata da qualsiasi cosa, e "grilletto" sta per "urto" o per ogni altra azione che mettera in funzione il meccanismo dello scoppio. ADESSO la parola in voga e "dissinnescate" che dà un'idea di sicurezza ma che è la stessa roba.) comunque sia, agganciarono sí la bomba ma sembrò, come dice il proverbio, che quell'arnese ragionasse di testa sua. Poi arrivarono delle tempeste sottomarine e la nostra bella bombetta rotolò sempre piú giu per la collina. il mare è molto profondo, molto più profondo, del nostro governo.
Poi venne approntato un congeno speciale per trainare culi di bombe e l'aggieggio venne strappato via al mare. Palomares. Si, è successo in quel posto: Palomares.
E sapete quel che fecero poi ? -

lunedì 16 luglio 2007

UNO DEI BUONI


Larga parte dei giovani oggi ci dicono che «questo mondo così com'è non ci piace» e che «un altro mondo è possibile». Cosa rispondiamo loro? «Io credo che dobbiamo renderci conto del tipo di comunicazione che c'è oggi. Ai tempi di Berlinguer la tensione ideologica portava la gente a riflettere, a pensare, a orientarsi e a scegliere. Oggi il tipo di comunicazione che c'è, così rapido e preordinato, fa sì che non si pensi più: i problemi vengono presentati e hanno già le loro soluzioni. Questo è talmente evidente che si fa fatica oggi nel mondo a distinguere le politiche di destra e quelle di sinistra, e a trovare il modo di sopravvivere nel mondo globalizzato in cui viviamo, senza rendersi conto che in fondo chi possiede i mezzi di comunicazione li utilizza secondo i propri interessi. Già nel 1980 il Rapporto Brandt dell'Onu (Rapporto sulla disparità fra Nord e Sud del mondo, promosso dall'ex cancelliere tedesco Willy Brandt, ndr) segnalava che il più grande pericolo per l'umanità non era la guerra atomica (allora possibile), ma la divaricazione fra la parte più ricca e sviluppata dell'umanità e quella più povera e dipendente. Cosa che va continuando dal 1980, per cui il mondo è organizzato dai G8, cioè dalle nazioni più ricche, secondo i loro interessi, rendendo sempre più emarginata la maggioranza dell'umanità. È questo tipo di atmosfera che rende difficile lo sviluppo di un pensiero autonomo, che nelle grandi linee viene orientato da chi ha in mano le leve del potere economico, politico e militare, e dalla stragrande maggioranza delle persone viene ricevuto automaticamente attraverso i mezzi di comunicazione di massa che offrono le soluzioni preordinate dei Grandi. Di questo credo siano vittime in modo particolare i giovani, che a questo forse non sono sufficientemente preparati. A loro dovremmo dire di rendersi conto che il futuro è nelle loro mani, ma devono cercare di essere consapevoli e responsabili dell'orientamento del mondo, altrimenti diventano strumenti di un mondo organizzato dagli altri per i propri interessi. Danno a questi giovani le cose rispondenti forse ai loro desideri più immediati, ma in fondo li mettono al di fuori delle leve dell'orientamento del mondo di domani». Lei, Monsignore, è stato molto in sintonia con il pensiero, non solo come intellettuale, ma come uomo di Chiesa, quindi con la sua azione di vescovo del cardinale Pellegrino, e in particolare alla sua lettera pastorale «camminare insieme», definita stoltamente «datata». Le posso chiedere perché una figura eminente come la sua è stata praticamente rimossa dalla Chiesa piemontese? «Credo che vada sottolineata intanto l'importanza delle due parole "camminare insieme", nel senso che anche all'interno del mondo ecclesiale c'è chi spinge per camminare ma autonomamente, o a gruppetti, e chi, per stare insieme, sta fermo. Direi invece che è una fondamentale legge dell'umanità e della Chiesa quella di camminare insieme. Quanto al cardinal Pellegrino, al di là della sua ben documentata formazione intellettuale, sul piano umano, mi piace ricordare che quando aveva un'intuizione su qualche verità o orientamento lo presentava con molto vigore, alle volte anche con poca diplomazia. Anche quando parlava all'interno della Cei, ricordo che spesso usava forme che si prestavano ad essere criticate per alcuni particolari, e questo lo rendeva forse meno efficace. D'altra parte è anche vero che quando si propongono dei notevoli cambiamenti si trovano delle notevoli resistenze. Basta guardare anche oggi come viene considerato il Concilio: l'autorità religiosa di Bologna non c'era ai funerali di Alberigo e non ho potuto presiederlo io, vescovo. Criticano Alberigo perché considerava il Concilio come un evento di grande cambiamento, mentre loro lo considerano solo un'accelerazione, che non va interpretato come una discontinuità ma come una continuità. Su un piano dogmatico è vero che c'è continuità, non ci sono verità nuove, ma su un piano pastorale invece la discontinuità è fortissima. Un vescovo romano è addirittura arrivato a dire che siccome Paolo VI accettava sollecitazioni della minoranza, il Concilio va interpretato secondo la minoranza. Sarebbe come dire che siccome un quadro deve avere una cornice, la bellezza del quadro è determinata dalla cornice. E questo si dice in un volumone presentato dal cardinal Ruini e dal professor Riccardi (docente di Storia del Cristianesimo e fondatore della Comunità di S. Egidio, ndr) a Roma». Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele, non si stanca mai di ripetere, rifacendosi al Vangelo, «di essere schierato dalla parte degli ultimi». Non si ha la sensazione che questa massima evangelica sia molto osservata non solo dagli uomini politici ma anche dalla stessa autorità della Chiesa di Roma. Mi sbaglio? Nel recente viaggio in Brasile del Papa si è avuta l'impressione che quella moltitudine di poveri, «gli ultimi», siano stati un po' trascurati. «C'è un documento Cei del 1981, che è un'isola, perché dice che bisogna cominciare dagli ultimi; ma in seguito non se n'è tenuto molto conto. Questo anche perché si è fortemente condizionati dall'opinione pubblica, che non è fatta dagli ultimi, ma dai mezzi di comunicazione di massa che sono in mano ai potenti, i quali hanno l'abilità di presentare delle motivazioni anche umanistiche per quelli che sono i propri interessi. Basti pensare a chi dice di fare la guerra per portare la democrazia quando invece si sa che c'è ben altro sotto. Quindi è difficile continuare a partire dagli ultimi perché siamo parte di un meccanismo che non lo prevede. Pensiamo anche all'otto per mille, che certo permette alla Chiesa di fare del bene, ma che in fondo mette la Chiesa nell'esigenza di muoversi nell'ambito finanziario. Quindi si fa molto per gli ultimi ma sempre partendo da un certo tipo di mondo. Paolo VI preparò la Popolorum progressio del 1967, un'enciclica molto forte che fu il suo modo per dire che la Chiesa stava con i poveri. Ma il vero intervento fu fatto nel 1968 a Medellin dai vescovi dell'America Latina, i quali dissero che bisognava incominciare a vedere le cose con gli occhi dei poveri. Invece oggi normalmente i mezzi di comunicazione di massa ci presentano le cose con gli occhi dei ricchi, tant'è vero che oggi la prima cosa che si fa per salvare l'economia è licenziare gli operai. Io ricordo che, quando vendevamo le armi a Iraq e Iran (ed è proibito vendere armi a paesi belligeranti), il nostro bravo Ministro della Difesa d'allora la prima volta disse che noi le vendiamo a tutti e due (e vinca il migliore!), la seconda volta disse che "non sapeva", (ma un ministro dovrebbe sapere!); e la terza volta disse che di due casi sapeva ma aveva chiuso gli occhi perché altrimenti sarebbero fallite due fabbriche italiane. Ecco, questo è vedere con gli occhi dell'economia e di chi sta bene, mentre partire dagli ultimi significa soprattutto guardare dal loro punto di vista. Questa io credo che dovrebbe essere la grande presa di coscienza che dovremmo fare: noi ci preoccupiamo dei giovani, ma quando loro vedono che i grandi corrompono e fanno i loro interessi a discapito degli altri possiamo poi lamentarci se nel loro piccolo fanno altrettanto? Per quanto riguarda il viaggio in Brasile è normale che succeda questo, perché chi organizza non vuole far vedere la miseria. Succedeva anche quando andava Giovanni Paolo II, anche se magari voleva fermarsi a benedire una capanna in Africa veniva bloccato, perché questi viaggi sono tutti organizzati nel dettaglio, e chi organizza vuole fare bella figura». Motivo di questo nostro colloquio è stato quello di verificare una sensazione che ci angoscia, cioè di vivere un tempo «dissociato», quasi che una forma di virus misterioso abbia colpito le classi dirigenti dell'umanità accentuando le disuguaglianze, la povertà, la violenza, mettendo a rischio quelli che vengono chiamati «i beni comuni» sull'altare di una falsa modernità. Non ritiene che la Chiesa in un contesto mondiale caratterizzato da una drammatica realtà potrebbe avere una grande funzione di orientamento, di guida, nonché di denuncia? «Io credo che qualcosa si muove, ma purtroppo succede lentamente. Ai vertici nel 1989 a Basilea per la prima volta si sono incontrati i Cristiani d'Europa, Cattolici, Protestanti e Ortodossi; e il tema era "pace e giustizia a salvaguardia del creato". Significava che prima di metterci d'accordo sul piano dei valori teologici, sui quali si continuerà sempre a discutere, bisognava mettersi insieme sui valori dell'umanità, sui grandi temi. Fu una cosa molto importante. Papa Giovanni ebbe a dire "ma se noi guardiamo bene Gesù aveva posizioni che oggi chiameremmo di sinistra". Noi siamo più propensi ad intervenire sulla morale individuale, che poi però viene lasciata alla valutazione della persona, che su quella sociale, che sfocia nel politico. Ma dovremmo avere la chiarezza di dire che non possiamo prendere come principio politico il potere e l'interesse perché questo è proprio quello che scredita la religiosità. Giovanni Paolo II ebbe questa grande intuizione di convocare ad Assisi tutte le religioni dicendo che pur avendo opinioni e nomi diversi adoriamo tutti lo stesso Dio e non possiamo più fare le guerre in nome della religione. Papa Giovanni diceva già nel 1963 nella Pacem in terris che dati i mezzi di distruzione che ci sono oggi e date le possibilità di incontro, ritenere che si possa portare avanti la pace con la guerra è alienum a ratione, che fu tradotto "sembra impossibile" ma in realtà significa "è roba da matti". Papa Giovanni Paolo II nel dicembre 2003 arrivò a dire che si doveva insistere di più sulla non violenza attiva, perché proprio secondo i principi cristiani dovremmo condannare la guerra».

La nostra è una rivista che si rivolge in modo particolare alle nuove
generazioni. Se dovesse inviare loro un messaggio cosa gli direbbe?

«Gli direi innanzitutto di cercare di pensare, di farsi delle idee
proprie attraverso verifiche e confronti. Poi direi loro di mettersi
insieme ad altri, perché da soli non si arriva da nessuna parte. Io
penso sempre ai giovani del '68, che dicevano "facciamo l'amore e non
la guerra": di fronte ad un mondo tutto orientato al consumo, organizzato
per la produzione e per il commercio, con il settore delle armi in testa
all'industria, loro auspicavano un mondo impostato sull'umanità. Certo,
poi l'amore bisogna anche farlo per bene».

venerdì 13 luglio 2007

LA STRATEGIA DELL' ERRORE




"Al Qaida è tornata forte come nel 2001 e pronta a nuovi micidiali attentati".
Rapporto della C.I.A., rivelato dall'Associated Press.



( La capacità operativa della rete di Osama Bin Laden sarebbe tornata ai livelli che permisero le stragi dell'11 settembre a New York. La nuova valutazione del livello di rischio effettuata dai servizi segreti Usa suggerisce che Al Qaida ha potuto rigenerarsi malgrado quasi sei anni di guerre, bombardamenti e altre offensive mirate ad annientarla. )



"Grazie alle azioni intraprese, l'organizzazione di Osama bin Laden è più debole di quanto non avrebbe potuto essere".
George W. Bush



( Secondo il presidente degli Stati Uniti, le azioni intraprese per debellare l'organizzazione terroristica hanno ottenuto i risultati sperati, riducendo l'intera organizzazione a poche cellule attive solo in Libano.)

OSCURANTISMO


Sono Piero Ricca.CARI AMICI, NON POSSO AGGIORNARE IL BLOG. Mi è stato chiuso con atto della procura di Roma, un "sequestro preventivo" notificatomi alle 14,00 di oggi da due agenti della guardia di finanza del "nucleo speciale contro le frodi telematiche", venuti da Roma. Il sequestro proviene da una querela per diffamazione presentata da Emilio Fede nei miei confronti per la famosa contestazione al circolo della stampa. Con il medesimo provedimento hanno cancellato un mio post relativo alla vicenda Fede e i commenti in calce. Non hanno potuto, per motivi tecnici, togliere il video da youtube.Naturalmente farò immediata richiesta di dissequestro. Intanto posso solo scrivere queste righe in questa sede. Fra poco manderò un comunicato ai siti amici, e vi chiedo fin d’ora di farlo girare.Con Fede ce la vedremo in tribunale, magari davanti a uno dei magistrati diffamati e spiati negli anni del governo del suo datore di lavoro.E continueremo a criticare lui e i suoi simili sulla pubblica piazza, in nuove manifestazioni di dissenso.Nessuno riuscirà a sequestrare la libertà di espressione, mia e degli amici di Qui Milano Libera e del blog: questo è certo.Grazie a tutti." A presto, Piero.

mercoledì 11 luglio 2007

CHI ENTRA, CHI ESCE E CHI CI LASCIA











CHI (RI)ENTRA
Dopo 13 anni (a parte qualche sporadica incursione ad hoc) gli americani hanno deciso di ritornare in Somalia e di piazzare una base. Ufficialmente per rafforzare “la guerra al terrorismo”. Il Pentagono continua a sostenere che la Somalia rischia di diventare un nuovo Afghanistan dei talebani e che al Qaeda ne vorrebbe fare un santuario d’addestramento di terroristi. Attentati di matrice islamica, anche suicidi, sconvolgono ogni giorno la vita di Mogadiscio che, in scala minore, si può ormai paragonare a Baghdad.Per rafforzare gli strumenti necessari a combattere la “guerra contro il terrorismo”, gli americani hanno avanzato l’ipotesi di costruire in Africa una grande base, un centro di comando che coordini tutte le operazioni nel continente (raccolta di informazioni, addestramento di unità locali, pronto intervento e interventi umanitari), l’Africom. L’ammiraglio William Mc Raven, capo dei piccoli drappelli di istruttori che ora addestrano le truppe di Ciad, Niger, Mali e Mauritania nel Sahara (Trans Sahara Counter Terrorism Partnership), è stato chiaro: “Dobbiamo rafforzare i governi e assistere le popolazioni, per togliere ai terroristi l’acqua in cui nuotano”. In parole più chiare aiuti per milioni di dollari a chi collabora con il Pentagono.

CHI ESCE
« La Giunta delle elezioni, in udienza pubblica, udita l’esposizione
del relatore e gli interventi delle parti, riunitasi in camera di consiglio;
vista la sentenza n. 327/2004, emessa in data 23 maggio 2005 dalla
Corte di appello di Milano, sezione II, resa definitiva
il 4 maggio 2006 con sentenza della Corte di Cassazione n. 33435 del 2006,
con la quale e` stata inflitta al deputato CESARE PREVITI la pena accessoria
della interdizione perpetua dai pubblici uffici; visto l’articolo 28, secondo
comma, numeri 1) e 2), del codice penale;
visto il combinato disposto dell’articolo 2, comma 1, lettera d),
del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo
1967, n. 223, recante il testo unico per la disciplina dell’elettorato
attivo, e dell’articolo 6 del decreto del Presidente della
Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante il testo unico delle leggi per
l’elezione della Camera dei deputati;
Accerta
che si e` in presenza di una causa sopraggiunta di ineleggibilita` e, respinto
ogni contrario avviso in procedendo e nel merito,
Delibera
Di proporre all’Assemblea l’annullamento, per motivi di ineleggibilita`
sopravvenuta, dell’elezione per la XV Circoscrizione Lazio
1 del deputato CESARE PREVITI e la proclamazione in suo luogo del
candidato Angelo Santori, per la lista Forza Italia.

CHI CI LASCIA
Il made in China è in pericolo. E il Paese del Dragone reagisce con inusitata severità. Dopo gli scandali a ripetizione che hanno gettato una luce sinistra sugli standard di sicurezza di molti prodotti cinesi (dai dentifrici al veleno, sequestrati anche in Italia, al cibo per animali domestici fino ai pesci tossici, ai farmaci contraffatti e ai pneumatici) l'ex responsabile dell'agenzia cinese del farmaco e degli alimenti - l'equivalente dell'americana Fda, La Food and drug administration - è stato giustiziato martedì mattina all'alba. La sentenza di condanna a morte era stata confermata solo dieci giorni fa, ma le profonde preoccupazioni suscitate in patria circa la sicurezza dei prodotti cinesi hanno fatto accelerare l'esecuzione, portata a termine a tempo di record. Il capo dell'agenzia aveva il rango di un ministro nell'amministrazione pubblica cinese. Il 62enne Zhen Xiaoyu, accusato di non aver svolto i suoi compiti di controllo, e aver approvato la commercializzazione di farmaci e alimenti pericolosi per la salute, in cambio di tangenti. In tutto avrebbe intascato 850mila dollari ( se penso ai 21 miliardi a Craxi !)da otto compagnie.Il dubbio, vista la spietata sentenza e l'esecuzione così celere, è che Pechino cerchi capri espiatori che attutiscano la pressione intorno ai prodotti cinesi, accusati di essere «pericolosi» e banditi da un numero sempre più ampio di Paesi occidentali.

martedì 10 luglio 2007

POTERI NASCOSTI

C’è questo groviglio micidiale di trame, di infedeltà, di opacità, di ricatti incombenti, che si va dipanando davanti ai nostri occhi. Che si è piantato nel cuore delle istituzioni e leminaccia. E alla fine anche quel poco di credibilità che rimaneva alla politica, si vede sempre più degradata, agli occhi dei cittadini più consapevoli (non dei qualunquisti) . È da circa un anno che il Bubbone ha iniziato a prendere forma, una tessera del puzzle dopo l'altra, una scoperta e un'ammissione dopo l'altra. E se muoversi con prudenza e circospezione è, in questi casi, è sempre cosa buona e giusta, ora appare giunto il momento delle soluzioni radicali. Quelle che, di fronte all'annuncio di clamorose rivelazioni, possono comportare costi ma salvano la dignità della Repubblica e dei suoi cittadini.È evidente che è accaduto qualcosa di grave nel corpo dello Stato e nelle sue adiacenze. Qualcosa che va oltre le «normali» patologie legate, anche nelle democrazie più solide, all'esercizio del potere o all'impazzimento di alcune sue propaggini. Siamo davanti invece ai segnali di un fenomeno tumorale che per fortuna non si è ancora mangiato le istituzioni ma è stato sul punto di trasformarle in un campo di battaglia. Vogliamo ricordarlo, l'abicì dello Stato democratico moderno? a) Il potere politico, di natura elettiva, governa e dirige lo Stato. La burocrazia, i corpi militari e di polizia, hanno natura rigorosamente neutrale e obbediscono al potere politico nel rispetto della Costituzione. b) L'opposizione ha il pieno diritto di esistere e di svolgere la propria funzione, anch'essa nel rispetto dei principi costituzionali, sicché nessuna azione può essere svolta o dettata dal governo per controllarne e limitarne ruolo e prerogative. c) Nessun uso dei corpi militari e di polizia può essere fatto altresì per colpire i diritti costituzionali dei cittadini e delle loro libere associazioni, comprese quelle partitiche, e nemmeno per colpire il diritto all'informazione, caposaldo di ogni Costituzione democratica. Infine, d) i magistrati sono indipendenti dal potere politico ed esercitano verso tutti, anche verso il potere politico, un controllo di legalità; anch'essi, ovviamente, assoggettati alle leggi.Forse lo schema è troppo sintetico, ma disegna a sufficienza i fondamenti di una democrazia. Che prevedono poi, come è noto, una serie complessa di equilibri tra i differenti poteri. E prevedono, inoltre, che in ogni caso nessun esercizio della forza, nessuna facoltà investigativa lesiva dei diritti personali, possano essere usurpati da associazioni o da poteri privati. Ora lo scenario che si va delineando ai nostri occhi nega in radice quel disegno democratico. Ci mostra un'opposizione, ma soprattutto una società controllata in forma incostituzionale dal potere politico. Dove chi deve esercitare - per Costituzione - il controllo di legalità, ossia la magistratura, viene sottoposto ad attività di controllo e di spionaggio. Dove chi non è compatibile con le logiche di dominio o di governo viene schedato e trattato alla stregua di soggetto eversivo (con i limiti posti all'uso pratico di questa nozione dal fatto che la sanzione penale non può scattare in mancanza di reati e in presenza di una magistratura indipendente). Dove insomma, un po' come avviene nei sistemi autoritari, l'etichetta di «comunista» o di «amico dei comunisti» viene usata per legittimare la rottura del quadro costituzionale. Per carità, non voglio tornare qui a polemizzare con chi rideva delle denunce sul regime negli anni montanti del berlusconismo. Ma certo gli storici più neutrali troverebbero nelle carte ulteriori elementi per sostenere che negli anni passati gli impulsi al regime ci sono stati eccome. Così come la vicenda Telecom-Tavaroli. Ora sono davvero molti i punti da cui si può convergere verso la consapevolezza che il sistema che abbiamo descritto non esprime una «semplice» sensazione o intuizione (che difficilmente autorizzano in una democrazia garantista soluzioni radicali). Ma è il frutto di una montagna concordante di dati. Ora bisogna intervenire, con forza, senza indugi/inciuci. Anche per evitare - vogliamo dire la verità? - quel che già avviene: e cioè che si diffonda in alcuni strati della popolazione l'idea che non si «possa» intervenire per via della capacità di ricatto che questo sistema illegale esprimerebbe verso uno o l'altro dei settori della politica o dell'economia più legati al governo.(P.S. Una volta in un discorso pubblico Silvio Berlusconi rivendicò tra i suoi meriti anche quello di non avere mai usato i servizi segreti per spiare l'opposizione. Fui colpito da quella rivendicazione. Perché la sola ipotesi, il solo averlo pensato, come «merito» da esibire agli italiani, mi sembrò terrificante. Ora si capisce qualcosa di più...).Visto che i bersagli de SISMI entravano ipso facto nel mirino di Berlusconi e della sua band. L'episodio più grave tra quelli finora emersi, dunque il più ignorato dai minimizzatori, è quello rivelato due giorni fa da Francesco Grignetti su la Stampa: il falso dossier di Pompa per screditare l'allora capo del Sismi, ammiraglio Gianfranco Battelli, poi sostituito dall'amico (di Pompa e di Berlusconi) Niccolò Pollari. Un caso da manuale di «tecnica di un colpo di mano», che fa il paio con quello gemello avvenuto in casa Telecom negli stessi giorni dell'estate 2001: la prima estate del secondo governo Berlusconi. Nell'agosto 2001 Berlusconi ha appena insediato il suo governo e già rischia di tracollare per la sciagurata gestione del G8 di Genova. Pompa produce «report» a getto continuo sui presunti nemici del Cavaliere, un vero e proprio «network internazionale» da «disarticolare» anche con «metodi traumatici». Il nemico - avverte - si annida ovunque, financo a Palazzo Chigi, dove urge «bonificare». Cioè, anzitutto, cacciare l'ammiraglio Battelli, noto comunista.Il 27 settembre Berlusconi decapita i servizi: al Sismi esce Battelli ed entra Pollari, con Pompa al seguito. Intanto l'operazione si ripete pari pari alla Telecom. Qui la patacca non è un dossier fasullo, ma una cimice-bufala. Protagonista il trio Tavaroli-Mancini-Cipriani.Solo cinque anni più tardi, indagando sul fallimento della Verzoletto, si scoprirà che la cimice era fasulla (un telefono cellulare smontato, senza display, tastiera e involucro esterno e dotato di un'antenna e un cavetto artigianale) e, per giunta, a infilarla nell'auto di Bondi era stata la stessa ditta indicata da Tavaroli per la «bonifica». Fu così che nel settembre 2001, mentre Pollari e Pompa s'insediavano al Sismi, Tavaroli si installò alla security Telecom. La Banda Bassotti aveva preso il potere. E non era la sola.
Ma cosa risponde la destra ?
«FALSE ACCUSE DELLE TOGHE POLITICIZZATE» «Dopo avere indebolito e smantellato i nostri servizi segreti, ora la sinistra solleva un polverone polemico infondato e assurdo.Ma tutto questo serve al Paese?». A chiederselo è il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi. «Sono disperato - sostiene l'esponente azzurro- nel vedere l'irresponsabilità di una classe politica che cerca di sfuggire ai propri doveri verso il Paese con delle polemiche e delle accuse totalmente prive di fondamento e istigate ancora una volta dalla magistratura politicizzata».

La politica è sempre stata un gioco di interessi «particulari» contrapposti. L'età d'oro della politica disinteressata non è mai esistita. Però la politica mette in gioco anche ideali, e tra questi il perseguimento del bene pubblico e di un interesse generale. Se non lo fa, è inaccettabile «bassa politica». E questo è il punto al quale il vecchio modo di fare politica è oramai arrivato. Che è caratterizzato da un doppio gioco nel quale i politici sono insinceri, o mentono, quando spiegano al popolo bue quello che fanno, mentre sono muti come pesci sulle vere ragioni del loro fare. La vecchia politica, la politica che pratichiamo, funziona così. Non è una politica fondata sulla trasparenza, come ci viene spudoratamente raccontato, ma invece sull'inganno, sul dire una cosa e farne un'altra.
Non gli deve essere consentito di farla franca.

domenica 8 luglio 2007

IL SEGRETO SUL SEGRETO


Antonio Di Pietro, quando parla di cose inerenti il suo ex mestiere di
magistrato, azzecca anche i congiuntivi. E ha fatto un figurone (di
fronte a un pietoso Mantovano), l'altra sera a Primo piano, commentando
lo scandalo del Sismi che controllava i magistrati. Quelli stessi che
Berlusconi accusava di essere pazzi, degenerati e degni, al minimo,
di essere fatti cornuti. E mentre lui pronunciava questi insulti
direttamente dal pulpito di palazzo Chigi, noi, nel nostro piccolo,
pensavamo: se queste cose le dice in pubblico, che cosa dirà in privato?
Ma, evidentemente, in privato non si limitava a dire: faceva. E non
occorre essere troppo intelligenti (ci può arrivare perfino Gasparri)
per capire chi fosse il mandante delle attività del Sismi contro i giudici.
Il nome è quello di chi aveva il potere istituzionale e l'interesse
anti-istituzionale di screditare un organo dello Stato.
E ora, quelli che hanno sempre negato che il governo Berlusconi fosse
un regime, per favore, ammettano almeno che lo stava diventando.

Idea geniale: ricavare energia dal traffico






Si chiama Electro Kinetic Road Ramp e aziona una dinamo col peso delle
auto; ad ogni passaggio genera fino a 10 kW di corrente.

In pratica si sfrutta il passaggio delle auto nel traffico per fargli
produrre corrente.

Tanti i comuni che si sono dichiarati interessati alla cosa, in quanto
la Hughes Research ha già messo in vendita il suo dispositivo: 37 mila
euro chiavi in mano. Poco, tutto sommato, rispetto ai vantaggi che
promette l'Electro Kinetic Road Ramp: ad ogni passaggio di auto
(a seconda del suo peso) si generano in modo del tutto gratuiti da 5 a
10 Kw, che finiscono immediatamente in uno speciale accumulatore, pronti
per essere poi riutilizzati.

giovedì 5 luglio 2007

VECCHI COMPAGNI





È perfino ovvio e in sé non è affatto un male, (anzi, in sé, è un
portatore di progresso) il fatto che nel mondo globale lo Stato ha
perso la sovranità assoluta e che quindi non è più il solo garante
della vita sociale politica e culturale di un popolo-nazione. Ma il
grande problema èche questo vuoto non è stato riempito. E non è stato
riempito non perché i politici si intromettono troppo nelle «logiche»
di mercato ma perché lo Stato ha perso anche il monopolio della politica.
Non è poco.
Significa che non è più lui il garante della sovranità popolare cioè
dei diritti "uguali per tutti" che sono la base della cittadinanza.
E ciò perché sono entrati sulla scena (come sappiamo) altri poteri
molto potenti, non solo economici e finanziari, ma anche scientifici,
mediatici, culturali. Se questa analisi è corretta anche quei miei
amici che rappresentano il filone «liberal» dovrebbero cominciare a
pensare che la vecchia dicotomia tra Stato e mercato non ha più il
significato di una volta. La socialdemocrazia non c'entra. È del tutto
evidente (come è stato detto e stradetto) che lo squilibrio crescente
tra il «cosmopolitismo» dell'economia e il «localismo» della politica
ha travolto le basi del vecchio compromesso socialdemocratico. Ed è
anche vero che il neo-liberismo (vedi globalizzazione finanziaria ndr)
non solo ha vinto, ha stravinto ed è diventato da anni la ideologia
dominante.Ma posso cominciare a chiedermi se le cose, le cose del mondo
nuovo, lo strapotere della finanza mondiale, il sommarsi di ingiustizie
abissali con la formazione di una nuova oligarchia straricca, posso
cominciare a ragionare senza tabù anche sul rapporto tra mercato e sfera
pubblica e sociale? Attenzione, non sul mercato come strumento
essenziale dello scambio economico, evidentemente, ma come pretesa di
essere il presupposto di ogni sistema sociale e di rappresentare la
risposta ai bisogni di senso, di nuove ragioni dello stare insieme a
fronte del venir meno delle vecchie appartenenze .Spero che si capirà
il senso di queste mie osservazioni. Esse nascono dall'assillo di chi da
tempo è dominato dalla necessità di uscire da vecchie visioni, e pensa
che il problema di una nuova politica economica è creare un circolo
virtuoso tra crescita e coesione sociale e preservazione ambientale, tra
politica ed economia, non finanza, ma solo economia.
economia dal greco...
finanza..
Abbiamo bisogno di un nuovo pensiero e una rivoluzione culturale.
E torna in me, vecchio ex comunista italiano, il senso profondo
della eresia gramsciana,del Pisacane, di Mazzini o di quel pazzo
di Garibaldi.
L'idea della rivoluzione ITALIANA.
Popolare, intellettuale e morale.

mercoledì 4 luglio 2007

LE DOMANDE SENZA RISPOSTA DEL DR. CESTARI



Il dibattito intorno al tema ADHD ( " sindrome da deficit di
attenzione e iperattività" che secondo Sara soffro anch'io !!) è
incentrato
su tre differenti piani.
Il primo, quello su cui sembra accentrarsi l'interesse generale,
consiste nelle notevoli perplessità relative al trattamento
farmacologico di
bambini, molto spesso poco più che neonati,
ed in particolare agli effetti
secondari dei farmaci utilizzati.
Contrariamente all'opinione comune, ritengo
tale aspetto,
sebbene degno d'attenzione, del tutto secondario.

Le ragioni di questo mio atteggiamento sono semplici: oltre al
metilfenidato(Ritalin), esistono vari altri farmaci che vengono
utilizzati
(Adderall,Strattera, ecc., ognuno con molti e a volte
differenti effetti
secondari).Mi permetto inoltre di aggiungere
due riflessioni.

La prima è relativa all'età dei piccoli pazienti di cui stiamo
parlando. Un adulto od un giovane che assume una sostanza con
effetti psichici,
è in grado di collegare eventuali sensazioni,
percezioni, pensieri alterati
che sopravvengano, all'utilizzo
della sostanza stessa. Per un bambino di
due o tre o quattro
anni di vita, questo è impossibile, con tutte le
conseguenze che
potete immaginare.
Infine qui, oltre agli effetti collaterali,
entra in gioco anche
"l'effetto educativo": crescere una
generazione che si abitua come "modus
operandi" a dipendere da
questa o quella pastiglia. Quest'ultimo fenomeno è ben
evidente
se si ha occasione di frequentare i teenagers e i giovani americani

dell'ultima generazione.
Il secondo tema è, a mio avviso, la vera domanda: l'ADHD esiste?
Esiste
cioè un'entità patologica specifica che corrisponde alla
definizione che ne
viene data? In merito a questo secondo tema,
l'opuscolo "Perché non accada
anche in Italia", esprime
chiaramente le motivazioni dell'insussistenza della

ADHD. I sostenitori della ADHD parlano di un "disturbo
neurobiologico".
Vorrei sapere su quali basi. Vi sono domande a
cui nessuno pare sia in
grado di rispondere:
1.Quale è la specifica lesione anatomo patologica e quale è
l'alterazione funzionale biologica specifica?
2.Quali sono o sarebbero gli esami oggettivi che ne permettono la
rilevazione con sufficiente sensibilità e soprattutto con assoluta
specificità?
Nel caso poi vi sia una qualunque risposta alle domande 1 e 2:
questo
significherebbe che la diagnosi di ADHD è una vera diagnosi
medica, non
psichiatrica, bensì neurologica.
Preciso che ogni singola ricerca scientifica in merito alle cause
organiche della ADHD è stata non solo criticata, ma anche dimostrata
come falsata
o invalida, da vari autorevoli colleghi e ricercatori.
Ne consegue che chi risponde alle due domande precedenti, dovrebbe
essere in grado di comunicare quale sia l'esame o gli esami oggettivi
ed
essere in grado di fare diagnosi con quegli esami oggettivi da lui
stesso
indicati. Li sfiderò pertanto, pubblicamente, a farlo.
Comunque, a chiarimento definitivo di ogni e qualsiasi dubbio, esiste
un modo di togliersi d'impaccio: se l'ADHD è una malattia, allora si
faccia diagnosi utilizzando quegli esami oggettivi (test di laboratorio,
TAC, ecc.), che ne hanno dato la prova. Il resto sono chiacchiere.
L'obiezione: "Ma test di questo genere non esistono per nessuna
malattia mentale!", non dimostra nulla, se non (e qui scrivo una frase
per
cui sarò tacciato come eretico): la scarsa attendibilità dell'intero
soggetto.
Inoltre questo genere di argomentazione è sullo stesso piano
logico che
si verificherebbe quando, dopo un tumulto, uno degli arrestati,
rispondendo alla domanda: "Perché hai dato fuoco ad un'auto?", replicasse:
"Perché lo facevano in molti altri".
Poiché ho avuto occasione di confrontarmi con qualche sostenitore della
ADHD (sebbene molto raramente; di fatto sono fuggiti in tutte le occasioni
possibili di incontro / dibattito pubblico o televisivo), mi attendo le
solite risposte fumose: "l'ADHD è un disturbo multifattoriale",
"comorbilità", ecc. Una volta sviscerato il problema, arrivano a
parlare di
diagnosi differenziale: "Il bambino ADHD è quello dove gli altri
eventuali fattori, possibile causa della iperattività e disattenzione,
sono stati comunque esclusi".
Bene, questo è un argomento di reale interesse. Quindi il bambino
iperattivo
e disattento perché ha i genitori che si stanno separando, non è ADHD;
non lo è quello dove la causa sia una vera malattia fisica; non lo è
laddove vi siano problemi di relazione o affettivi; non lo è...
Ne dobbiamo dedurre che il bambino ADHD è quello iperattivo e
disattento, per il quale non siamo stati capaci di capire o spiegare
il perché. Una diagnosi veramente interessante in questo caso poiché
diagnostica, casomai, l'incapacità del medico.
Mi è stato riferito che si tratta di una questione di gravità: dipende
da quanto è grave questo comportamento, da quanto disturba gli altri e
ostacola se stesso.
Posso concordare, ma quali sono le cause di quel comportamento nello
specifico caso?
Se si tratta di un problema medico vero (svariate patologie mediche
possono provocare questi sintomi), allora vi sarà una diagnosi medica
e una
terapia conseguente. Se si tratta di un problema di relazioni
umane, ci si
dovrà muovere su un altro terreno. La gravità della
situazione, la sua
non può essere confusa con le cause che la
determinano.
Alcuni mi hanno mostrato grandi quantità di testi scritti
sulla ADHD:
la vastità della letteratura.
A costoro ho risposto e rispondo con una frase di Henri Poincaré,
tratta dal libro la Scienza e l'Ipotesi: "...un ammasso di dati non è
scienza più di quanto un mucchio di pietre sia una casa...."
Altri si appellano al numero ed alle qualifiche degli esperti a favore
della ADHD.
Questa argomentazione può far presa sugli ingenui e si fonda sul
principio d'autorità e sulla difficoltà di vedere ciò che si distacca
dalla cultura in cui siamo immersi.
Un neuropsichiatria infantile, non sapendo più cosa rispondere, mi ha
detto:
"Insomma, dobbiamo pur dare un nome alle cose!". Questa frase è stata
illuminante poiché mi ha condotto ad una scoperta, che presto renderò
pubblica.
Il terzo tema è la questione degli screening.
I test per l'ADHD nelle scuole italiane, compilati da psicologi,
insegnanti
e a volte dai genitori (ma non sempre - anzi in alcuni casi i genitori
non erano nemmeno stati informati), non sono limitati ai progetti di
ri cercanazionali (ufficialmente conclusi): si diffondono a macchia di
leopardo e proseguono, sostenuti attivamente da vari centri di
neuropsichiatria infantile particolarmente attivi sul loro territorio.
L'opera di diffusione certosina, se pur frammentaria, prosegue con
alacrità
e zelo tali da indurre persino ad ipotizzare un progetto orchestrato.
Contestando un mio articolo apparso su "Il Sole 24 Ore - Salute", sulla
stessa testata, il 12 Settembre, 2006, alcuni specialisti della ADHD,
scrivevano: "Lo screening di massa è una leggenda".
Sarà anche una leggenda, ma è quanto sta già accadendo, seppur in modo
frammentario. Sono decine le segnalazioni che ricevo in merito.
Inoltre non la scrissi certo io la proposta di legge, nella precedente
legislatura, che all'art. 14, comma 1, recitava: "Per l'individuazione
precoce delle situazioni di rischio psicopatologico e dei disturbi
psichici, il Ministro della salute, con proprio decreto, stabilisce le
modalità di realizzazione di specifici programmi atti alla diffusione di
appropriati e soddisfacenti interventi presso le scuole, ad iniziare da
quelle materne. I programmi devono prevedere procedure di screening e
preparazione degli insegnanti". Sebbene i test per l'ADHD siano solo ed
esclusivamente le solite domandine (ripeto: solo ed esclusivamente le
solite domandine - o loro varianti - e l'osservazione del bambino),
questo
non è un aspetto puramente scientifico o medico.
Apparentemente potrebbe configurarsi come un tema di politica
sanitaria.
In realtà è un argomento esclusivamente, profondamente,
radicalmente,
politico: è in gioco il concetto stesso della democrazia.
Molti ricorderanno circa 10 anni or sono la così definita emergenza
AIDS. Si ipotizzò una rapida diffusione della malattia, e qualcuno
propose di effettuare il test HIV a tutti i cittadini italiani.
Il Parlamento, l'allora Presidente della Repubblica Italiana, la Corte
Costituzionale, si alzarono all'unisono e dissero NO.
Un no chiaro ed inequivocabile poiché le massime autorità dello Stato
Italiano avevano ben chiara la nostra Costituzione ed i fondamenti
della democrazia.
Lo Stato democratico è al servizio dei cittadini; fornisce servizi su
richiesta dei cittadini; non entra nelle loro case e nella loro vita
per schedarli.
E si trattava, in quel caso, di una vera malattia, di una malattia
infettiva, di un test oggettivo e di un pericolo reale.
Qui, di fronte ad una malattia non dimostrata, certamente non
infettiva, di test non oggettivi, di nessun pericolo sanitario
incombente,
qualcuno vorrebbe fare gli screening. Che rileverebbero
inoltre dati
sensibili e come se non bastasse su bambini.
I test psicopatologici nelle scuole sono l'invasione dello stato
nella
famiglia e nella vita dei cittadini.
Si fondano su una visione di stato totalitaria e rappresentano un grave
rischio per la democrazia.
Il tema è prettamente politico e la politica ha il dovere di
esprimersi. Attendiamo quindi i pareri dei nostri politici e queste
saranno nel futuro chiare indicazioni di voto per chiunque abbia a
cuore la tutela dei bambini italiani.
* Dr. E. Roberto Cestari è Presidente del Comitato dei Cittadini per i
Diritti Umani Onlus

TERMINATOR RETURN



Verso la fine degli anni 90, il governo degli Stati Uniti sviluppò,
insieme alla compagnia di sementi Delta & Pine Land, la tecnologia
transgenica "Terminator" per produrre sementi sterili nella seconda
generazione. Le sementi "suicide" non hanno alcun senso se non per
le imprese: l'obiettivo è impedire che gli agricoltori riproducano
le proprie sementi, obligandoli a comprare sementi nuove per ogni
ciclo di semina.Non fu possibile imporre questa tecnologia al mercato,
perché è tanto evidente che è nociva e diretta esclusivamente al lucro
di poche imprese che dal principio suscitò una forte reazione mondiale.
La condanna si manifestò rapida ed energica dal mondo contadino e dalle
organizzazioni della società civile, fino ai ricercatori agricoli, agli
accademici e agli organismi delle Nazioni Unite.
Nel 2000, il Convegno sulla Diversità Biologica (CDB) delle Nazioni
Unite rivolse un invito ai governi a non permettere la sperimentazione
e la commercializzazione della teconologia Terminator, stabilendo una
moratoria di fatto su scala globale. Il Brasile e l'india hanno ormai
proibito l'uso di questa tecnologia nei loro paesi.
Ora le multinazionali sono inpegnate in una lotta mortale per rompere
la moratoria e lavare l'immagine della tecnologia suicida-omicida. Il
prossimo campo di battaglia è l'ottava conferenza dei membri del CDB,
che si terrà a Curitiba, Brasile, dal 13 al 31 Marzo.
Per la maggior parte degli agricoltori, raccogliere e riutilizzare le
sementi nella prossima semina è qualcosa di altrettanto ovvio e vitale
come respirare. In generale, quelli che comprano sementi sul mercato,
ibride o commerciali, riproducono le proprie sementi quando il tipo di
coltura lo permette, senza alterare significativamente i rendimenti.
In molti paesi, come il Brasile, esiste l'usanza tra i piccoli
coltivatori di acquistare sementi ed incrociarle con le proprie
varietà creole per conseguire mutamenti favorevoli. Più di mille e
quattrocento milioni di contadini nel mondo basano il proprio
sostentamento nella riutilizzazione delle proprie sementi e nello scambio
con i vicini.Questo fatto che ora ci pare tanto ovvio, fu una pietra miliare
nella storia dell'umanità: segnò l'origine dell'agricoltura, modificando
civiltà, culture e paesaggi, rimanendo, fino ad oggi la base
dell'alimentazione di tutti.Tutte le colture che attualmente mangiamo furono
sviluppate dai contadini -- principalmente contadine -- a partire da piante
selvatiche preistoriche, in un processo collettivo e decentrato di più di
10.000 anni.
Adattarono migliaia di colture a innumerevoli situazioni geografiche,
climatiche, culturali, religiose, estetiche, gustative, creando una
enorme biodiversità agricola. Compito essenzialmente familiare, comunitario
e collettivo, che si basa sul libero flusso di sementi, saperi, e
"allevamenti mutui", secondo il detto andino. Allevando le colture si
allevano le persone che allevano le colture.
Questa monumentale eredità storica dei contadini per il bene di tutta
l'umanità, è minacciata gravemente dalla brutale ambizione delle
multinazionali. Nella ultima decade, 10 imprese sono passate a
controllare il 49% del commercio mondiale di sementi. le tre maggiori
(Monsanto, Dupont-Pioneer e Syngenta) controllano il 32% del mercato
globale delle sementi e il 33% delle vendite mondiali di pesticidi.
Insieme a Delta & Pine hanno l'86% dei brevetti sulle varianti della
tecnologia Terminator e dominano la ricerca agricola industriale mondiale.
Se riescono a rompere la moratoria, sarà solo questione di tempo prima che
tutta la ricerca e la produzione di sementi passino ad incorporare la
tecnologia assassina. Il 27 gennaio 2006, in una riunione preparatoria
del CBD tenuta a Granada, Spagna, le multinazionali, tramite manovre dei
governi di Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, riuscirono ad infilare
un cuneo mortale nel contenuto della moratoria: collocarono come testo
base per la decisione finale a Curitiba, la dichiarazione che le
Tecnologie di Restrizione dell'Usa Genetico (termine usato dalle Nazioni
Unite, e che include la tecnologia Terminator) possono essere approvate
"caso per caso".La formulazione è una trappola. "Caso per caso" nella
realtà delle leggi Monsanto (indebitamente chiamate di biosicurezza)
è solo una questione di tempo perché le imprese riescano nel loro intento:
prima i transgenici, poi Terminator.
Nel CBD, da un invito alla moratoria totale a commercializzazione e
sperimentazione su scala glogale, si passa a ciò che può essere
approvato "caso per caso". Sarebbe come se le leggi, piuttosto che
condannare la violazione, dicessero che questa si può valutare
"caso per caso". Se c'è qualcosa di indesiderabile e immorale, non può
esistere alcun "caso per caso" . Purtroppo, non sorprende che la delegazione
ufficiale messicana a Granada ricevette istruzioni scritte di appoggiare la
posizione "caso per caso". Sarebbe interessante sapere chi "li istruì", ma in
qualche modo si tratta di un attentato alla sovranità alimentare del paese.
Dopo anni di annunci secondo cui Terminator serve a proteggere i
brevetti e i monopoli, ora le imprese si sono inventate che è per la
"biosicurezza", perché, sebbene le sementi si incrocino, non contaminerebbero.
Questo è un altro inganno, dal momento che Terminator è una costruzione
genetica di reazione a catena, e se non le si applica un detonante chimico, le
piante potrebbero incrociarsi per varie generazioni, senza che qualcuno se ne
accorga, fino a che una irrorazione di pesticidi le attivi e distrugga
i campi. Se saranno "attivate", le piante Terminator si incrocieranno nei
campi vicini e con erbacce affini, diventando sterili. Questo è quello
che preoccupa la comunità scientifica non sponsorizzata dalle
multinazionali. La
natura non si può controllare, se le piante terminator si incrociassero
con altre piante, l'unico effetto sarebbe una carestia mondiale che ci
porterebbe quasi sicuramente all'estinzione.
Non esistono "casi" nei quali Terminator non sia una tecnologia
assassina.
L'unico cammino percorribile è rinvigorire la moratoria, convertendola
in una proibizione di quella tecnologia su scala globale e nazionale.
Sfortunatamente Terminator non è acqua passata. Le aziende e i governi
premono nuovamente per commercializzare la tecnologia Terminator.
Per persone come me, che hanno avuto la fortuna di essere cresciuti a
contatto con "il campo" che lo ha visto germogliare e piano piano
crescere, che visto e provato la "fatica" legata al campo e al suo
crescere, esiste una sola risposta.

VANNO FERMATI !!!

DETTAGLI SULLA CAMPAGNA:
Scopo: la campagna Fermate Terminator promuove la messa al bando da
parte dei governi, sostiene gli sforzi della società civile, degli
agricoltori, degli indigeni, e dei movimenti sociali.
Strategia: La moratoria internazionale de facto sulle tecnologie
Terminator alla Convenzione sulla BioDiversità delle Nazioni Unite
(CBD) ora sotto attacco.
Le multinazionali non fermeranno i loro sforzi per vendere Terminator
finché i governi non vieteranno questa tecnologia.
Struttura: I comitati-guida della campagna Fermate Terminator:
AS-PTA - Assessoria e Serviços a Projectos em Agricultura Alternativa
www.aspta.org.br
ETC Group - Action group on Erosion, Technology and Concentration
www.etcgroup.org
GRAIN www.grain.org
Indigenous Peoples Council on Biocolonialism www.ipcb.org
ITDG Intermediate Technology Development Group www.itdg.org
Pesticide Action Network - Asia and the Pacific www.panap.net
Third World Network www.twnside.org
SG www.biosafety-info.net
Via Campesina www.viacampesina.org

martedì 3 luglio 2007

INCONGRUENZE CULÈ


Mia moglie mi fa notare un'incongruenza che era sfuggita ai miei stanchi occhi.
Gli sponsor del Barcellona F.C.
A questo punto mi chiedo ma L'Unicef si è dimenticata di chi è, e cosa
ha fatto Nike ?
Si è dimenticata delle più di 200 denunce che ha presentato presso organismi internazionali ( di varia natura, vedi ONU ndr. ) per gli abusi e gli sfruttamenti a cui venivano sottomessi più di 300.000 bambini da parte di Nike in almeno 5 stati Asiatici ?

Due sponsor uniti nel campo, in guerra fuori.

Due sponsor uniti dallo sport ? Dall'amore per il calcio ?Dai tifosi Culé ?Dal contocorrente del F.C. Barcellona ?
Domande che trovano risposte già scritte nella tasca di qualche portaborse di uno qualsiasi dei tre soggetti.
A noi non rimane che gridare evviva per questa nuova, bizzarra, incongruenza.

Viva l' Unicef per tutti i bambini che ha salvato e salverà !!
Viva la Nike per tutti i bambini che fà e farà lavorare !!
Viva il F.C. Barcellona per averli fatti incontrare, perchè conoscersi si conoscevano già !!

lunedì 2 luglio 2007

GUEVARALAND





Con le guerriglie che ogni sera accendono i Paesi alla fine del mondo
(tre ore d'aereo dalle nostre abitudini) sembra paradossale la commozione
che accompagna il ricordo del guerrigliero dei guerriglieri del secolo
appena alle spalle. Ma la giovinezza brucia le rabbie e intiepidisce gli
slanci e la memoria perde nel tempo veleni e ambizioni, ma non svaniscono i
sentimenti, e il guerrigliero dei guerriglieri è un sentimento che
accompagna due o tre generazioni cresciute sotto il segno del Che
Guevara:poster, t-shirts e barbe dietro alle quali le masse adolescenti
enfatizzavano rivoluzioni quasi sempre allo yogurt. E adesso comincia
l'estate del Che. Guevara è morto in ottobre, 40 anni fa, ma giornali e
librerie, dibattiti e graffi si preparano all'evento. Mancano quattro
mesi e già propongono antiche e nuove immagini: dal film «Viaggio in
motocicletta» al documentario premiato con Gianni Minà al festival di Berlino. E la
straordinaria ricostruzione su chi ha tradito Guevara: Erik Gandini
l'ha raccolta in un documentario - «Sacrificio»- incoronato in Brasile e
Portogallo.
Sacrificio di Guevara che immalinconisce Josè Saramago, Eduardo
Galeano, Osvaldo Soriano, Julio Cortazar. Chi lo ha incontrato e chi lo ha solo
immaginato da lontano assieme a milioni di ragazzi anni sessanta. Il
Che è morto quando aveva quasi 40 anni; ne avrebbe quasi 80 ma nessuno riesce
a immaginarlo con la barba bianca così diverso da come lo ha sorpreso la
Leica di Korda. Per ogni giovinezza quale simbolo più esaltante di un
argentino di buona famiglia, cura i lebbrosi, libera Cuba dalla dittatura e subito
ricomincia a camminare nell'illusione di liberare il resto del mondo?
Ricomincia tagliando il passato: quando muore, muore un apolide che ha
rinunciato agli onori e alla cittadinanza cubana e non ha chiesto a
Buenos Aires di rimettere il nome nei registri argentini. È diventato nessuno.
La febbre del '68 era alla ricerca di un simbolo da sventolare nelle
piazze. La foto che nel 1967 esce dalla valigia di Gian Giacomo Feltrinelli
reduce dall'Avana dove incontra l'Italo Calvino che ha attraversato il mare
per sposarsi nella città nella quale è nato; questa foto del Che dallo
sguardo smarrito regalata da Korda all'editore del «Dottor Zivago», diventa la
bandiera che tutti aspettavano. E ancora attraversa le piazze inquiete
40 anni dopo quando i fan hanno perso l'innocenza dell'idealismo per farsi
largo nella vita: dirigenti d'azienda, machiavelli nei giornali, capi
di personale che non perdonano, mentre il Che è sempre lo stesso: la morte
ha pietrificato giovinezza e utopia. Ma non subito e non in ogni posto.
Gli anni settanta sono anni complicati per l'America Latina. Il basco di
Guevara non riusciva ad attraversare certe frontiere. I camion carichi di merci
e campesinos che salivano dal Perù governato da generali progressisti ed
entravano nella Bolivia del generale Banzer, prima di arrivare alla
dogana sul ponte del Rio Desaguadero, facevano toeletta. Giravano le fiancate
di legno sulle quali era stampata l'immagine di Korda per offrire alle
polizie un messaggio senza problemi: «Todo va bien con coca cola». La notte
argentina si è allungata agli anni ottanta. Regime militare che
inceneriva ogni disobbedienza censurando anche i pensieri. «Era sufficiente
tornare dall'Europa con un giornale con la foto del Che e si spariva. Ecco
perché nessun ragazzo argentino lascia infoltire la barba; nessuna ragazza va
in giro con un basco francese. Troppo pericoloso. E la cautela sopravvive
alla fine della dittatura. Non si sa mai...»: amarezza di Ernesto Sabato,
grande scrittore con un dubbio che vent'anni dopo è stato cancellato. «Chissà
se gli argentini sapranno mai chi è stato Guevara». Guardando la sala
delle 500 poltrone, Fiera del Libro di Torino, camicie e giacche blu appollaiate
fin sotto il palco dove la figlia del Che presentava il libro della madre
stretta da una folla che spaventa gli organizzatori; guardando facce di
generazioni diverse, mi sono chiesto: ma tutti, proprio tutti, sanno
cos'ha fatto Guevara? Eccitazione troppo giovane, entusiasmo delle magliette.
E sessantenni sull'orlo della pensione ormai disposti a recuperare
l'idealismo chiuso nel cassetto negli anni della carriera. Non si è spenta la
curiosità dell'ascoltare come la moglie racconta il marito. Fin dalla seconda
pagina del libro ci si dimentica di tutti i libri che da quarant'anni hanno
raccontato la sua storia. Il Che lavora giorno e notte: dorme cinque
ore, si sveglia e torna in ufficio. Appena sposato il Che ministro parte per
Africa e Oriente: deve convincere cinesi, indiani e i presidenti del
continente che la democrazia cubana può cambiare il mondo. «Un viaggio di tre
mesi. Posso lavorare come segretaria, ma voglio stare con te», implora
la giovane sposa. Impossibile, risponde il giovane marito. «Sarebbe un
privilegio che chi dà l'esempio non si può permettere». E Aleida resta
a casa. Quando nasce Aleidita, la pediatra commossa sul palco di Torino,
il Che è in missione. Manda un telegramma da Shangai: aveva sognato un
figlio maschio da chiamare Camillo come Cienfuegos, compagno sulla Sierra:
«Con la solita ironia mi prende in giro: "Allora è una femmina. Chissà perché
ti impegni sempre nel farmi arrabbiare"». Arriverà anche Camillo e Aleida
«per ordine di Fidel» può raggiungere il marito sotto la tenda della
guerriglia africana o a Praga dove l'irritazione di Mosca lo costringe ad un
esilio concordato con Castro. Sono gli ultimi giorni che i due sposi
trascorrono da sposi sia pure in vacanza coatta. Ufficialmente a Cuba Guevara non
torna più. Torna un uomo dai capelli rasati, occhiali di vetro e protesi in
bocca per perdere l'accento argentino: si preparava a sparire in Bolivia. È
l'ultimo ricordo di Aleidita bambina.Rodolfo Walsh, giornalista e drammaturgo, è
fra gli argentini che corrono all'Avana dopo la vittoria della rivoluzione:
«Risento il vecchio Hemingway dire queste parole: "Andiamo a vincere, noi cubani
andiamo a vincere"» e quando Walsh lo guarda con aria dubbiosa, lo
scrittore si scusa battendo le ciglia: «D'accordo, sono yankee, non cubano ma
questi ragazzi mi piacciono». Gli piace il Che che piomba all'Avana dove «gli
abitanti impiegano un po' di tempo per abituarsi al suo humor freddo e
sottile, così porteño: cade loro addosso come un temporale. Quando
capiscono chi è diventa una delle persone più amate». «Traditore», gli dice
Eduardo Galeano( prima o poi inserirò l'intera intervista) mostrandogli il ritaglio di un giornale: appariva vestito da
pitcher e giocava a baseball. Traditore perché un argentino deve credere solo
al gioco del pallone e perché il baseball è una piega dell'imperialismo
americano. Traditore? Il Che scoppia a ridere. «La conversazione
rimbalzava come una pallina da ping pong da un argomento all'altro, da un ricordo
a un rimpianto. "Che cos'ha la mia mano?", chiede il Che a Galeano: "È
maledetta", risponde lo scrittore. "Maledetta?". «Ha salutato Frondizi
(presidente argentino) e Frondizi è caduto. Ha salutato Janio Quadros
(presidente brasiliano) e Janio Quadros è caduto. Per fortuna che non
ho nessuna carica dalla quale cadere e ti posso dare la mano. E lui
rideva, si accigliava, camminava per la stanza lasciando cadere la cenere del
sigaro.Me lo puntava al petto fingendo una minaccia». Il premio Nobel José
Saramago non lo ha mai incontrato ma non gli piace che il Che sia stato usato
«come incongruente oggetto di arredamento in molte case della piccola e media
borghesia... sorta di rischiosa maniera per occupare l'ozio della
mente, frivolezze mondane che non hanno mai retto il minimo scontro con la
realtà quando è venuto il momento di passare dalle parole ai fatti. Ed è
allora che il ritratto del Che, testimone di così tante azioni d'impegno, della
paura nascosta, della codardia rinunciataria o addirittura del tradimento, è
stato tolto dalle pareti e nascosto o distrutto come se si avesse avuto a che
fare con qualcosa di cui vergognarsi».

L'ipotesi di Saramago fa balenare il ricordo di Regis Debray ( vedere Erik Gandini
"Sacrificio"): intellettuale rivoluzionario, lo aveva raggiunto sulle pietraie
della Bolivia per raccogliere le sue ipotesi sul futuro dell'America Latina.
Ma appena lo catturano i ranger boliviani che danno la caccia ad una banda di
straccioni armati, Debray si difende con poche parole di delazione: «Sono un
giornalista e un saggista francese. Ho solo intervistato Che Guevara».
Il Che, qui? Fino al momento nessuno ne sospettava la presenza. E comincia
la grande caccia: cattura e morte. I primi saggi di Debray raccolgono
l'ammirazione per il guerrigliero maestro. Ma ad ogni decennale della
scomparsa l'entusiasmo si affievolisce, cominciano i dubbi che
diventano accuse terribili dopo la scomparsa del presidente Mitterand del quale
era consigliere. Il Che autoritario, sadico, psicopatico. Gli ultimi
insulti risalgono al '97. Chissà cosa sta preparando per il quarantesimo
anniversario. I giornalisti grigi che hanno invece seguito gli ultimi
passi del Che in Bolivia, sono passati dal silenzio timoroso della gente di
La Higuera (paese dei fichi dove è stato ucciso), alle ammissioni di
averlo conosciuto, alle vanterie di avergli portato le ultime sigarette nella
scuola dove aspettava la morte: il tempo passava, la paura spariva. A
poco a poco il Che è diventato l'orgoglio dei contadini che lo avevano
venduto. Nel '97 Walter Romero, scrivano e memoria storica di La Higuera, sospira
con malinconia nello studiolo di pochi libri. «Guevara può diventare
l'attrazione turistica di questo posto, polvere, rocce e niente.
Mancano perfino le strade». Allunga una cartolina: l'immagine del Che sfumata
nel fondo è attraversata da una linea rossa, l'ultimo viaggio. Accampamenti
e soste, casa per casa, testimone per testimone: «L'abbiamo fatta
stampare a Santa Cruz de la Sierra chiedendo al governo di La Paz di organizzare
qualcosa. Nessuno si è fatto vivo». Adesso si è fatto vivo il governo
di Evo Morales. È nata la «strada del Che»: 18 chilometri di una via Crucis
con stazioni dolorose. Qui ha sofferto un attacco d'asma, qui non ha
sparato a un povero graduato della polizia che non sapeva d'essere sotto tiro,
qui è scappato nella notte mentre arrivavano i rangers. Le agenzie turistiche
diffondono la lista dei «Che Hotels»: a Santa Cruz il Discount Hotel
offre il 70 per cento di sconto alle carovane degli stranieri che si
ripercorrono i passi di Guevara. Le chincaglierie dei ricordi affollano le
bancarelle. Magliette «originali» con il basco di Korda vendute a prezzo
d'affezione: 8,9 dollari. Il pericolo è che il ricordo diventi una celebrazione
pasticciata dalle caricature di ogni Disneyland. Nel bene e nel male
Guevaraland può far piacere solo a chi mette un piatto in tavola in un
posto dove le tavole sono ancora vuote. Perché la memoria è un segreto del
cuore che non batte più forte fra i cotillon. La sua rivoluzione boicottata
da Mosca è finita al cimitero ma quarant'anni dopo nasce Guevaraland e le sue
magliette vanno ancora a ruba.

IL SILENZIO È DEI COLPEVOLI


La parola e` l’archetipo dal quale in ogni religione, la creazione prende origine.
L’essere umano e` la sola specie dotata di parola, siamo gli unici dunque, in grado di comprendere la creazione.

L’unione di molteplici punti di vista, la libera comunione d’idee ed esperienze sono per me, il solo sistema che possediamo per progredire com’esseri viventi. Questa è una delle ragioni che mi portano a scrivere. Perché la scrittura a differenza delle volatili parole, permane.
Non sono uno scrittore, non possiedo, infatti, l’arte del dire per iscritto. Da sempre pero` traccio segni indelebili, per raccontarmi e raccontare. Questo mi rende un semplice, artigiano di parole.

Quello che segue non ha altro valore oltre a quello che vorrete attribuirgli. Non vi sono verità assolute, ma opinioni che vi possono offrire alternativi punti di vista. Il mio unico auspicio è che possiate riflettere, così come ho fatto io, sulle molteplici cose che la vita mi ha portato a conoscere.