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venerdì 10 luglio 2009

MOSTRUOSI



Disidratazione intellettuale. Ho coniato questo concetto, perchè non trovo spiegazione per quello che succede con la morte di Jackson ( sempre che sia morto ). Con le energie e i soldi spesi in queste ultime settimane di delirio avremmo potuto cambiare il mondo. Oh quanto meno alcuni aspetti del mondo, come la fame, la mancanza d'acqua e di medicinali ecc.
Se un miliardo di persone ( quelle che hanno assistito ai funerali per televisione ) si mobilitasse con la stessa unità ed energia per qualsiasi altra causa, oterremmo qualsiasi risultato.Qualsiasi.
Ma si può avere l'intelletto così disidratato da non capirlo, da non domandarsi perchè ?
Me lo chiedo, dopo l’onda, riversatasi sui suoi funerali, ma avvenuta su scala planetaria, della «Jacksonmania», dieci volte più importante che l’«Obamania» di pochi mesi fa. Qualcosa che non s’era visto nemmeno per le esequie di Elvis Presley, John Lennon e Lady Di.
Alla morte del Michael Jackson le catene tv di tutto il mondo, o quasi, sono diventate altrettanti «Jackson Channels». Da allora, alcune trasmettono solo clip dell’inventore del Moonwalk. In Francia perfino le grandi reti generaliste hanno subito cambiato i programmi, sopprimendo per giorni le informazioni che non fossero da Neverland. Iran, Afghanistan, Irak: basta! Solo Michael Jackson! Servizi e omaggi si succedevano, mentre da Los Angeles a Tokyo, via Parigi, Buenos Aires e Nairobi, centinaia di migliaia di allucinati con telefonino e mp3 si riunivano spontaneamente. Abbiamo saputo tutto di Jackson, delle sue origini, della sua carriera, dei suoi cambiamenti di pelle, dei suoi successi, delle sue ultime prove, dei suoi ultimi istanti, della sua prole, delle sue finanze, della sua eredità. Tutto, dovevamo saper tutto. Tutto annegato nel diluvio di ditirambi e iperboli: il più grande cantante, il più geniale, il più creativo, il più qui, il più là... Tale commozione globale allibisce. Non si discute il talento, reale o no, di Michael Jackson, e nemmeno le sue doti di cantante (e soprattutto di ballerino). È in causa il modo di fare informazione. Nessun fatto dopo l’11 settembre 2001 ha avuto una tale copertura mediatica. Nessuno. Se capitassero domani la morte di Obama, di Putin, del Papa farebbero dieci volte meno rumore. Del resto molti giornalisti ne convengono: come si potrebbe, anche tecnicamente, dare più eco a qualcosa? Di qui la domanda: la morte di Michael Jackson è davvero l’evento più importante nel mondo da dieci anni? Anche i commenti dei fan più isterici fanno riflettere. Dalla California, le tv li hanno messi davanti alla telecamera a rivaleggiare in affermazioni deliranti: «Il più grande cantante di ogni tempo», «l’uomo più importante dopo Gesù», «la morte di un genio», «ci vorranno anni per superare questo lutto», ecc. Per i funerali di «Bambi» ci sono state quasi mezzo miliardo di richieste di biglietti. Le aste su e-Bay sono arrivate a centomila dollari per biglietto. Negli Stati Uniti, dove l’isteria pare una componente della vita sociale, ci sono già state varie decine di suicidi. Il pianeta vacilla. Nasce una nuova religione! Non è una novità che immense folle siano pronte ad attraversare il mondo per assistere a un grande fatto sportivo o musicale, mentre i partiti politici, i sindacati e le Chiese non mobilitano più molta gente - il che qualcosa significa. Ma ora ogni confine è stato apparentemente varcato anche nella dismisura. È la distrazione nel senso che al termine dava Pascal: ciò che distrae distogliendo dal resto. Ciò che fa sparire tutto sotto l’agitare dei lustrini, del rumore, delle luci multicolori e delle clip. Il «diversity management» che solo perversi blasfemi possono pensare di turbare.
Nel settembre 1995, cinquecento uomini politici e dirigenti economici di primo piano s’erano riuniti a San Francisco sotto l’egida della Fondazione Gorbaciov per confrontare le loro opinioni sul futuro. La maggior parte concordò che le società occidentali erano sul punto di divenire ingestibili e che andava trovato un modo per mantenere, con nuovi procedimenti, la soggezione al dominio del Capitale. La soluzione fu proposta da Zbigniew Brzezinski col nome di «tittytainment». Il termine scherzoso alludeva al «cocktail di svago abbrutente e alimentazione che mantiene di buon umore la popolazione frustrata del pianeta». «We are the world!», cantava Michael Jackson. Quale mondo? Il mondo del tittytainment. Un mondo senza uscita di sicurezza. Siamo franchi: non c’è da stare allegri ad abitare un mondo dove ormai nulla, proprio nulla, conta più che la morte di un re della pop music.

Ma forse non è poi strano se in un mondo che sta diventanto mostruoso per la sua incapacità di relazionarsi con la realtà si attribuisca il tributo più grande ad un mostro, forse il primo, che per non accettarsi e per essere acettato si è trasformato poco a poco nell'orco dei nostri sogni di bambini.

venerdì 3 luglio 2009

PORCA VACCA



Come disse Bob Kennedy, il Pil misura qualsiasi cosa, tranne quello che può renderci felici. Ma la felicità può essere sostenibile? Eccome: basta rinunciare alla droga (mentale) della crescita, sinonimo di benessere solo apparente, frutto di un equivoco generato dall’ideologia suicida dello sviluppo illimitato, che esaurisce le risorse e inquina il pianeta, mettendone a rischio il futuro e spingendo l’umanità in un vicolo cieco, dove si confondono beni e merci, lavoro e occupazione, e dove il semplice "divertimento" sostituisce la serenità della gioia. Per uscire da questa crisi globale, socio-economica e ambientale ma anche culturale e antropologica, non bastano più le ricette del passato: servono nuove ricette. E quasi tutte non comprendono carne, vediamo perchè :



L'agricoltura, insieme all'allevamento di bestiame e al consumo di carne hanno un impatto sull'effetto serra e il clima maggiore di quello di tutti i sistemi di trasporto messi insieme. L'allevamento del bestiame è all'origine del 90% dell'anidride carbonica, del 60% dell'ossido di azoto e del 37% del metano rilasciati in atmosfera. Pachauri, premio Nobel e presidente del Consiglio delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, alla domanda su quale dovesse essere la prima cosa che le persone possono fare per affrontare il problema del clima non ha risposto "Usate meno la macchina o spegnete le luci", ma: "Mangiate meno carne". È stato ignorato. Il primo passo quindi sarebbe cominciare a considerare questi problemi nella loro gravità. Si intende tassare le emissioni di gas da edifici, industrie e auto. Perché non farlo anche per le emissioni di metano e di ossido di azoto, che derivano dagli animali e che sono più inquinanti? Lo scorso anno il Dipartimento statunitense dell'agricoltura ha emesso una circolare con la quale raccomandava di tassare le emissioni di metano. L'amministrazione Bush li ha messi a tacere.



Il Foro intergovernativo sul mutamento climatico (Ipcc) ha pubblicato il quarto rapporto sullo stato della biosfera e sui cambiamenti climatici nel 2007. 2500 scienziati, 125 Paesi, 20 anni di lavoro sono serviti a dirci che avremo un aumento della temperatura di 3° C solo in questo secolo. Se ciò accadesse, la temperatura sarebbe la stessa di tre milioni di anni fa, quando il mondo era diverso. Abbiamo avuto cinque periodi di estinzione biologica e dopo ciascuno di essi ci sono voluti 10mila anni perché si ricostituisse la biodiversità andata perduta. Stiamo assistendo al tramonto della seconda rivoluzione industriale, e di un sistema energetico basato su carbone, gas, petrolio ed uranio, senza cogliere la gravità del momento. La crisi è reale e dobbiamo affrontarla.



Un milione e mezzo di mucche in giro per il mondo occupano il 26% della terra disponibile e sono responsabili di buona parte dei cambiamenti climatici. Un'agricoltura fondata sull'allevamento di bestiame è meno efficiente di un motore a combustione interna. Per produrre 453 grammi di carne ci vogliono 4 kg di mangime. Un ettaro coltivato a verdura produce 10 volte le proteine che si otterrebbero dalla carne dell'animale che mangia nello stesso campo. Il consumo di carne della famiglia media statunitense, composta da quattro persone, equivale a sei mesi di utilizzo di un'auto. Molti dichiarano che dobbiamo cambiare il nostro sistema di trasporti, migliorare la nostra edilizia, ma nessuno, fra 175 Paesi e altrettanti governi, parla di questo problema. Il 40% dei terreni coltivati serve a produrre mangimi per gli animali e non cibo per gli uomini. Siamo circa sei miliardi di persone e arriveremo ad essere nove miliardi. La produzione ed il consumo di carne potrebbero quindi raddoppiare, e costringerci ad usare l'80% dei campi per nutrire gli animali che devono nutrire i ricchi. Questa è una delle grandi ingiustizie del mondo e il motivo per cui siamo impantanati nella crisi. 250 milioni di persone rischiano di morire di fame, 850 milioni sono sottonutrite. Eppure, il 40% della terra disponibile viene usato per nutrire gli animali, perché i ricchi dei paesi industrializzati possano mangiare carne e, come spesso accade, morire di malattie correlate al consumo di carne. Le politiche agricole adottate a livello globale sono talmente schizofreniche da risultare patologiche. Eppure continuiamo a garantire sussidi per la produzione di mangimi: sono sussidi elargiti all'ineguaglianza, sussidi dati ai ricchi a scapito dei poveri. Non possiamo più permettercelo.

IL SILENZIO È DEI COLPEVOLI


La parola e` l’archetipo dal quale in ogni religione, la creazione prende origine.
L’essere umano e` la sola specie dotata di parola, siamo gli unici dunque, in grado di comprendere la creazione.

L’unione di molteplici punti di vista, la libera comunione d’idee ed esperienze sono per me, il solo sistema che possediamo per progredire com’esseri viventi. Questa è una delle ragioni che mi portano a scrivere. Perché la scrittura a differenza delle volatili parole, permane.
Non sono uno scrittore, non possiedo, infatti, l’arte del dire per iscritto. Da sempre pero` traccio segni indelebili, per raccontarmi e raccontare. Questo mi rende un semplice, artigiano di parole.

Quello che segue non ha altro valore oltre a quello che vorrete attribuirgli. Non vi sono verità assolute, ma opinioni che vi possono offrire alternativi punti di vista. Il mio unico auspicio è che possiate riflettere, così come ho fatto io, sulle molteplici cose che la vita mi ha portato a conoscere.