PER PUBBLICARE INVIARE TESTI, FOTO, VIDEO A

compagnirivoluzionarinelmondo@yahoo.it

giovedì 15 ottobre 2009

CHIUSO PER RIVOLUZIONE

LETTERA APERTA.

Cari i miei Pulcini.

Questo Blog cambia. Perchè la rivoluzione ( quella vera ) è sempre cambiamento. Cambia senza però sapere in cosa, o come. E` come la prima crisalide della storia. Nessuno sapeva cosa sarebbe diventata, nemmeno lei. Diventa però importante cambiare, perchè si è esaurito il senso di questo spazio. Ormai sappiamo cosa non funziona in questo mondo. Lo sappiamo da anni. Finirei ( come già è successo ) per ripetermi. Perchè, non so se lo avete notato, ma ci siamo fermati.

La storia ripiega su stessa ed ogni giorno si fa paurosamente simile al precedente.

In questa situazione questo blog non ha più senso di esistere. Sarebbe uno dei molti pappagalli che oggi strillano al disastro prossimo venturo e ci chiedono di resistere.

Io lo so.

Ne sono certo. Come non potrei, sono anni che raccolgo e catalogo le prove del disastro che sta arrivando. L’ho urlato anch’io. Anch’io vi ho incitato a resistere e a cambiare. Ma siamo ancora qua. Stessa strada stessa vita. Solo l’orrizzonte si è fatto più vicino. Il tempo stringe.

Eppure continuiamo a far finta di niente, non c’è cambio climatico, guerra, crisi economica, perdita di valori e identità, che riesca a smuoverci dalla fossa comune che ci stiamo scavando.

Quello che mi sono chiesto negli anni, è : se il racconto della verità non è sufficiente perchè l’uomo prenda coscienza della realtá. Cosa cazzo ci vuole ?

Le bombe dirà qualcuno.

La fame dirà qualcun’altro.

Del tempo dirà un terzo.

Ma sono tutte cose che in misure diverse abbiamo già avuto e sperimentato, e siamo ancora qua.

Cari i miei pulcini.

Crediamo di essere aquile, ma sono decenni che non si vedono vere aquile solcando i nostri cieli. Crediamo di essere furbi, ma siamo solo ingenui ed ignoranti che se la raccontano. Crediamo di essere il centro dell’universo, ma nella realtà viviamo ai margini della più marginale periferia di questo infinito universo. Crediamo, ma la realtà è che non sappiamo.
Possiamo negarlo, siamo bravi in questo.
Ma la verità rimane. Non sappiamo un cazzo e andiamo per la vita come se fossimo dei geni incompresi. Accettatelo, siamo pulcini. Dobbiamo ancora crescere. Sempre che ci rimanga il tempo. Eppure, eppure qualcosa dobbiamo fare, perchè solo i pulcini non si assumono responsabilità e solo i pulcini credono che pappa e felicità gli siano dovute. Solo i pulcini possono far finta di niente mentre si nascondono sotto la mamma, protetti e al caldo. Io non voglio esserlo più. Non so cosa diventerò dopo essere stato pulcino per tanti anni, forse un galletto nano o forse un semplice stronzo col pizzo dal momento che non riesco a togliermi di dosso quest’aurea messianica. Non so. Ma questo è il bello. Non so, ma qualcosa proverò a diventare. Basta avere Fede ( io in realtà ho Sara, ma va bene lo stesso.) nella rivoluzione.Quindi attacco il cartello "chiuso per rivoluzione" a questo blog che tanto mi ha insegnato. E poi ? Poi nell'aria già scorgo del movimento, ma ci vorrá pazienza e tempo per interpretarlo, ed in ogni caso quella sarà un altra storia.

Concludo ringraziando tutti quelli che mi hanno accompagnato durante questi anni.
Senza di voi, Enry, Michele, Gio, Robby,Frank, Bex, Glaucus, Pino, Luca, Mau, Marzia, Sara, Andrea, Benji, Ian, Ele, Diego, Alle, Dani.. i più vicini fra i lontani, questo blog e tutte le sue cazzate rivoluzionarie non sarebbe stato possibile, perchè la mia forza è sempre e solo la somma della vostra.

Per tutto quello che avete fatto per me, grazie. Se ho fatto qualcosa per voi, prego, vi assicuro che è stato un vero piacere.

Per adesso un forte forte abrazo ricordandovi che tutto ciò che finisce porta in se il seme di un nuovo inizio.
------------------------------------------------------------------------------------
In teoria questo è il migliore dei mondi possibili.
In teoria siamo adulti liberi che controllano la propria vita.
In teoria.
Ma se la Teoria fosse Sbagliata ?

giovedì 10 settembre 2009

LA NEGANAZIONE



Non so se sarà stato il tramezzino che non ho mangiato ieri notte, o il figlio che non ho che ha iniziato a piangere all’improvviso, o l’incubo che non stavo sognando. Non so, ma ieri notte non sono riuscito a non dormire. E mentre non riuscivo a non dormire, non pensavo. E non pensando non mi è venuta nessuna idea. Cosi ho deciso di non raccontarvi l’idea che non ho avuto mentre non pensavo, non riuscendo a non dormire. Avete capito ? Io no.

Ho coniato un nuovo termine, la NEGANAZIONE.
Siamo dei San Pietro all’ennesima potenza.
Neghiamo tutto, anche di aver negato. Possiamo negare qualunque cosa, anche noi stessi.

La capacità di negazione dell’uomo va al di la della mia ristretta comprensione. Ma dove questa capacità di negare dà il meglio di se è nella religione e nella politica. E assolutamente sorprendente fin dove siamo in grado di spingerci, razionalmente almeno. Guardavo un divertente documentario “Religiolus” che vi consiglio, e mi sono trovato spiazzato, letteralmente. Cosa pensano persone che nel 2009 si ostinano a negare l’evoluzione Darwiniana, o la genetica, o l’omosessualità, o l’uso del preservativo. Cosa pensano questi pazzi scatenati ? Come possono mantenere la sanità mentale, mentre spiegano che Dio creo l’uomo insieme agli animali di terra e che quindi uomini e dinosauri coesistevano pacificamente nell’eden. Cosa pensare se poi spendono 27 milioni di dollari per costruire un parco tematico anti-evoluzionista dove neonati umani e cuccioli di T-rex giocano assieme come fratellini ? Penso che se lo costruiscono vuol dire che la gente ci va.
Come possiamo negare la realtà ? ( vedi fossili ndr. )

Come può un mormone credere che Dio viva su una stella di nome Kolob ? Cos’è in villeggiatura ?? Sono oltre 13 milioni di persone che vivono secondo i dettami di un pazzoide vissuto nel 1830. Che negano tutto, anche il buon senso.

Come può Ratzinger negare la realtà affermando che il preservativo AUMENTEREBBE il rischio di AIDS. ( Andatevi a leggere l’articolo del guardian sulla visita del Papa in Inghilterra ) Come fa la gente a credergli, se non negando l’innegabile ?

Come fanno i nostri politici a negare di aver detto qualcosa solo poche ore prima, quando esistono filmati e registrazioni. E loro semplicemente con l’arroganza del potere negano e negando cancellano, o almeno confondono, per poi negare di aver negato una volta che vengono sbugiardati dalle immagini. E cosi avanti in questa negazione infinita.

Forse la realtà è veramente un sogno se per cancellarla basta negarla.

Un abrazo.







venerdì 10 luglio 2009

MOSTRUOSI



Disidratazione intellettuale. Ho coniato questo concetto, perchè non trovo spiegazione per quello che succede con la morte di Jackson ( sempre che sia morto ). Con le energie e i soldi spesi in queste ultime settimane di delirio avremmo potuto cambiare il mondo. Oh quanto meno alcuni aspetti del mondo, come la fame, la mancanza d'acqua e di medicinali ecc.
Se un miliardo di persone ( quelle che hanno assistito ai funerali per televisione ) si mobilitasse con la stessa unità ed energia per qualsiasi altra causa, oterremmo qualsiasi risultato.Qualsiasi.
Ma si può avere l'intelletto così disidratato da non capirlo, da non domandarsi perchè ?
Me lo chiedo, dopo l’onda, riversatasi sui suoi funerali, ma avvenuta su scala planetaria, della «Jacksonmania», dieci volte più importante che l’«Obamania» di pochi mesi fa. Qualcosa che non s’era visto nemmeno per le esequie di Elvis Presley, John Lennon e Lady Di.
Alla morte del Michael Jackson le catene tv di tutto il mondo, o quasi, sono diventate altrettanti «Jackson Channels». Da allora, alcune trasmettono solo clip dell’inventore del Moonwalk. In Francia perfino le grandi reti generaliste hanno subito cambiato i programmi, sopprimendo per giorni le informazioni che non fossero da Neverland. Iran, Afghanistan, Irak: basta! Solo Michael Jackson! Servizi e omaggi si succedevano, mentre da Los Angeles a Tokyo, via Parigi, Buenos Aires e Nairobi, centinaia di migliaia di allucinati con telefonino e mp3 si riunivano spontaneamente. Abbiamo saputo tutto di Jackson, delle sue origini, della sua carriera, dei suoi cambiamenti di pelle, dei suoi successi, delle sue ultime prove, dei suoi ultimi istanti, della sua prole, delle sue finanze, della sua eredità. Tutto, dovevamo saper tutto. Tutto annegato nel diluvio di ditirambi e iperboli: il più grande cantante, il più geniale, il più creativo, il più qui, il più là... Tale commozione globale allibisce. Non si discute il talento, reale o no, di Michael Jackson, e nemmeno le sue doti di cantante (e soprattutto di ballerino). È in causa il modo di fare informazione. Nessun fatto dopo l’11 settembre 2001 ha avuto una tale copertura mediatica. Nessuno. Se capitassero domani la morte di Obama, di Putin, del Papa farebbero dieci volte meno rumore. Del resto molti giornalisti ne convengono: come si potrebbe, anche tecnicamente, dare più eco a qualcosa? Di qui la domanda: la morte di Michael Jackson è davvero l’evento più importante nel mondo da dieci anni? Anche i commenti dei fan più isterici fanno riflettere. Dalla California, le tv li hanno messi davanti alla telecamera a rivaleggiare in affermazioni deliranti: «Il più grande cantante di ogni tempo», «l’uomo più importante dopo Gesù», «la morte di un genio», «ci vorranno anni per superare questo lutto», ecc. Per i funerali di «Bambi» ci sono state quasi mezzo miliardo di richieste di biglietti. Le aste su e-Bay sono arrivate a centomila dollari per biglietto. Negli Stati Uniti, dove l’isteria pare una componente della vita sociale, ci sono già state varie decine di suicidi. Il pianeta vacilla. Nasce una nuova religione! Non è una novità che immense folle siano pronte ad attraversare il mondo per assistere a un grande fatto sportivo o musicale, mentre i partiti politici, i sindacati e le Chiese non mobilitano più molta gente - il che qualcosa significa. Ma ora ogni confine è stato apparentemente varcato anche nella dismisura. È la distrazione nel senso che al termine dava Pascal: ciò che distrae distogliendo dal resto. Ciò che fa sparire tutto sotto l’agitare dei lustrini, del rumore, delle luci multicolori e delle clip. Il «diversity management» che solo perversi blasfemi possono pensare di turbare.
Nel settembre 1995, cinquecento uomini politici e dirigenti economici di primo piano s’erano riuniti a San Francisco sotto l’egida della Fondazione Gorbaciov per confrontare le loro opinioni sul futuro. La maggior parte concordò che le società occidentali erano sul punto di divenire ingestibili e che andava trovato un modo per mantenere, con nuovi procedimenti, la soggezione al dominio del Capitale. La soluzione fu proposta da Zbigniew Brzezinski col nome di «tittytainment». Il termine scherzoso alludeva al «cocktail di svago abbrutente e alimentazione che mantiene di buon umore la popolazione frustrata del pianeta». «We are the world!», cantava Michael Jackson. Quale mondo? Il mondo del tittytainment. Un mondo senza uscita di sicurezza. Siamo franchi: non c’è da stare allegri ad abitare un mondo dove ormai nulla, proprio nulla, conta più che la morte di un re della pop music.

Ma forse non è poi strano se in un mondo che sta diventanto mostruoso per la sua incapacità di relazionarsi con la realtà si attribuisca il tributo più grande ad un mostro, forse il primo, che per non accettarsi e per essere acettato si è trasformato poco a poco nell'orco dei nostri sogni di bambini.

venerdì 3 luglio 2009

PORCA VACCA



Come disse Bob Kennedy, il Pil misura qualsiasi cosa, tranne quello che può renderci felici. Ma la felicità può essere sostenibile? Eccome: basta rinunciare alla droga (mentale) della crescita, sinonimo di benessere solo apparente, frutto di un equivoco generato dall’ideologia suicida dello sviluppo illimitato, che esaurisce le risorse e inquina il pianeta, mettendone a rischio il futuro e spingendo l’umanità in un vicolo cieco, dove si confondono beni e merci, lavoro e occupazione, e dove il semplice "divertimento" sostituisce la serenità della gioia. Per uscire da questa crisi globale, socio-economica e ambientale ma anche culturale e antropologica, non bastano più le ricette del passato: servono nuove ricette. E quasi tutte non comprendono carne, vediamo perchè :



L'agricoltura, insieme all'allevamento di bestiame e al consumo di carne hanno un impatto sull'effetto serra e il clima maggiore di quello di tutti i sistemi di trasporto messi insieme. L'allevamento del bestiame è all'origine del 90% dell'anidride carbonica, del 60% dell'ossido di azoto e del 37% del metano rilasciati in atmosfera. Pachauri, premio Nobel e presidente del Consiglio delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, alla domanda su quale dovesse essere la prima cosa che le persone possono fare per affrontare il problema del clima non ha risposto "Usate meno la macchina o spegnete le luci", ma: "Mangiate meno carne". È stato ignorato. Il primo passo quindi sarebbe cominciare a considerare questi problemi nella loro gravità. Si intende tassare le emissioni di gas da edifici, industrie e auto. Perché non farlo anche per le emissioni di metano e di ossido di azoto, che derivano dagli animali e che sono più inquinanti? Lo scorso anno il Dipartimento statunitense dell'agricoltura ha emesso una circolare con la quale raccomandava di tassare le emissioni di metano. L'amministrazione Bush li ha messi a tacere.



Il Foro intergovernativo sul mutamento climatico (Ipcc) ha pubblicato il quarto rapporto sullo stato della biosfera e sui cambiamenti climatici nel 2007. 2500 scienziati, 125 Paesi, 20 anni di lavoro sono serviti a dirci che avremo un aumento della temperatura di 3° C solo in questo secolo. Se ciò accadesse, la temperatura sarebbe la stessa di tre milioni di anni fa, quando il mondo era diverso. Abbiamo avuto cinque periodi di estinzione biologica e dopo ciascuno di essi ci sono voluti 10mila anni perché si ricostituisse la biodiversità andata perduta. Stiamo assistendo al tramonto della seconda rivoluzione industriale, e di un sistema energetico basato su carbone, gas, petrolio ed uranio, senza cogliere la gravità del momento. La crisi è reale e dobbiamo affrontarla.



Un milione e mezzo di mucche in giro per il mondo occupano il 26% della terra disponibile e sono responsabili di buona parte dei cambiamenti climatici. Un'agricoltura fondata sull'allevamento di bestiame è meno efficiente di un motore a combustione interna. Per produrre 453 grammi di carne ci vogliono 4 kg di mangime. Un ettaro coltivato a verdura produce 10 volte le proteine che si otterrebbero dalla carne dell'animale che mangia nello stesso campo. Il consumo di carne della famiglia media statunitense, composta da quattro persone, equivale a sei mesi di utilizzo di un'auto. Molti dichiarano che dobbiamo cambiare il nostro sistema di trasporti, migliorare la nostra edilizia, ma nessuno, fra 175 Paesi e altrettanti governi, parla di questo problema. Il 40% dei terreni coltivati serve a produrre mangimi per gli animali e non cibo per gli uomini. Siamo circa sei miliardi di persone e arriveremo ad essere nove miliardi. La produzione ed il consumo di carne potrebbero quindi raddoppiare, e costringerci ad usare l'80% dei campi per nutrire gli animali che devono nutrire i ricchi. Questa è una delle grandi ingiustizie del mondo e il motivo per cui siamo impantanati nella crisi. 250 milioni di persone rischiano di morire di fame, 850 milioni sono sottonutrite. Eppure, il 40% della terra disponibile viene usato per nutrire gli animali, perché i ricchi dei paesi industrializzati possano mangiare carne e, come spesso accade, morire di malattie correlate al consumo di carne. Le politiche agricole adottate a livello globale sono talmente schizofreniche da risultare patologiche. Eppure continuiamo a garantire sussidi per la produzione di mangimi: sono sussidi elargiti all'ineguaglianza, sussidi dati ai ricchi a scapito dei poveri. Non possiamo più permettercelo.

venerdì 19 giugno 2009

CHI GOVERNA I GOVERNANTI ?



In altri post avevamo trattato il problema dei poteri sovranazionali. (WTO, FMI, ECC.) spiegando che realmente sono loro a governare ed influenzare i vari governi nazionali. In sostanza non siamo padroni a casa nostra ( cari Leghisti ).
Oggi vi vorrei portare a questo proposito due esempi, che ritengo particolarmente interessanti. Il primo è su Berlusconi il secondo sull'Iran.
di Paolo Barnard


Che il Times di Londra arrivi a scrivere un editoriale dove chiama il capo di governo di un Paese europeo "clown" e "buffone sciovinista", e ciò solo per motivi di indignazione politica, lo lascio credere ai giornalisti, ma noi persone raziocinanti dobbiamo andare oltre. Un quotidiano della portata del Times, storico bastione del conservatorismo mondiale, voce internazionale dei Consigli di Amministrazione più potenti del pianeta, non si muove così violentemente per così poco (Noemi e festini), né è pensabile che abbiano scoperto solo oggi che Silvio Berlusconi alla guida del G8 è come un orango alla guida di un pullman. La scusante ufficiale per quell’editoriale di fuoco ai danni del Cavaliere è un insulto all'intelligenza. Rattrista, ma non stupisce, che in Italia nessuno dei paludati opinionisti pro o anti ci stia pensando.Il motivo è altro, non v’è dubbio, ed è assai più importante. Per farvi capire, cito la caduta dal potere del dittatore indonesiano Suharto nel 1998. Uno dei peggiori assassini di massa del XX secolo, nulla da invidiare a Hitler per numero di morti, era il cocco di mamma degli USA e della Gran Bretagna, media inclusi, che lo adoravano perché obbediva puntigliosamente a ogni diktat dell’establishment economico neoliberale d’Occidente e soddisfaceva ogni sua voracità di profitto, naturalmente a scapito dell’esistenza di milioni di disgraziati suoi connazionali. Nel 1997 Suharto fece l’errore delle sua vita: disobbedì al Tesoro americano (leggi Fondo Monetario Internazionale), una sola volta. L’allora Segretario di Stato di Clinton, Madeleine Albright, gli disse due parole secche. Fine di Suharto.Torno in Italia. Io sono convinto che lo stesso meccanismo sia in opera col nostro capo di governo. Deve aver fatto qualcosa di non gradito a chi oltrefrontiera aveva scommesso su di lui. Forse non gli sta obbedendo, da troppo tempo, e la corda si è spezzata, dunque l’attacco del Times. C’è un’ipotesi ragionata (e qui documentata) che vale la pena considerare e ve la propongo come riflessione. Naturalmente, seguendo lo schema Suharto, per l’establishment degli investitori internazionali non è altrettanto facile sbarazzarsi di Berlusconi. Un dittatore al tuo soldo lo sciacqui giù dal lavandino con relativa semplicità, basta chiudere i rubinetti che lo foraggiano. Per un leader democraticamente eletto le cose sono molto più complesse. Di mezzo c’è la sua gente (noi) che ahimè lo vota, e continua a votarlo. In quei casi la strategia è altra, e nel mondo anglosassone si chiama ‘character assassination’. Lo si dipinge sui maggiori media compiacenti come uno scandaloso incapace, si fanno cordate con alcuni media dell’opposizione interna, e si spera che in tal modo egli ne riceva un danno elettorale. Ma soprattutto gli si manda un messaggio, chissà mai che non si ravveda. Purtroppo per i manovratori, in questo caso hanno a che fare con gli italiani, e questo non l’avevano previsto. Ma continuiamo. Berlusconi entrò sulla scena politica come il tipico Liberista economico (Liberal Economics), colui cioè che invoca privatizzazioni a raffica, tagli fiscali ai ricchi, botte ai sindacati, flessibilità ultras per i lavoratori, riduzione del ruolo del governo, deregulation selvaggia, socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti. Nelle Corporate Boards della City di Londra come a Bruxelles fu un giubilo unico. Era il 1994, Tangentopoli aveva appena eliminato quella fastidiosa classe politica così statalista, popolana, centralista, che non piaceva affatto alla classe dei neoliberisti rampanti di Londra e Washington. L’ipotesi che Tangentopoli sia stata teleguidata dall’esterno proprio per far strada alla Liberal Economics sul modello Thatcher/Reagan, non è cospirazionismo da Internet; ne parlò molto seriamente una sera l’ex magistrato del pool Gherardo Colombo, che già ne sapeva qualcosa. Torniamo al ’94. Dopo pochi mesi fu chiaro che l’uomo di Arcore era tutto meno che un purista del mercato. Prima cosa, nella sua compagine di governo troneggiavano (ancora oggi) partiti simil-nazionalisti con legami molto radicati con le classi medio-basse, e avversi al concetto di leadership finanziaria sovranazionale incontrastata ( vedasi Lega). Secondo, e ancor più cruciale, Berlusconi non dava segno di voler trasformare la ricca Italia in una trincea del capitalismo speculativo d’assalto, col minor numero di regole possibili, e paradiso degli investitori selvaggi. E mai lo ha fatto. L’Italia dei tre mandati del Cavaliere rimane ancora oggi un Paese tradizionalista nel Capitale, nelle banche, zeppo di zavorre statali, poco profittevole (questo fra parentesi ci ha salvato dal crack finanziario USA, ma agli investitori frega nulla di noi cittadini e dei nostri risparmi, nda). L’ipotesi è dunque che nella stanza dei bottoni i famelici Padroni del Vapore si siano spazientiti dopo anni di frustrazione dei loro piani per l'Italia, ergo l’attacco del Times. Vediamo i fatti.Siamo nel 2004, la prestigiosa e influente fondazione di destra neoliberale Stockholm Network di Londra pubblica un rapporto dove si legge "Alberto Mingardi e Carlo Stagnaro (due teorici ultra Liberisti italiani, nda) sono delusi dalla differenza fra la retorica del Libero Mercato di Silvio Berlusconi e la sua reale capacità di fornire le tangibili riforme dell’ostinata burocrazia statale italiana" (1). Parole che trovano eco su decine di pubblicazioni della destra economica europea, sigle troppo oscure per questo contesto, ma tutte improntate a un senso di delusione verso le politiche economiche di Silvio. Passano due anni e il noto Economist scrive: "L’Italia necessita urgentemente di riforme radicali, ma la coalizione di Berlusconi, che in teoria doveva essere dedita al Liberismo economico, ha fatto quasi nulla nei suoi 5 anni al governo" (2). Da notare che siamo nel 2006, a poco dall’avvento del governo Prodi, che riceverà in quegli anni il plauso di una ridda di fanatici del Libero Mercato, come il Fondo Monetario Internazionale, e il motivo c’è: Prodi alla Commissione Europea fu uno dei falchi del Liberismo economico, e nella stanza dei bottoni sapevano bene a quel punto che per ottenere le radicali riforme del lavoro e della finanza, in Italia era sui Prodiani che bisognava puntare, visti i tentennamenti di Silvio. Dopo pochi giorni esce il tedesco Der Spiegel: "L’amministrazione Berlusconi non ha mai mantenuto le promesse di taglio alle tasse, ulteriori privatizzazioni, e riforme strutturali necessarie per aumentare la competitività e privare le burocrazie del potere". (3)Dopo pochissimo dall’elezione di Prodi, l’università di Harvard negli USA indice un seminario ultra neoliberal sull’economia italiana, presente anche Gianfranco Pasquino (ops!). Nella pubblicazione degli atti si leggono le parole di Alberto Alesina, professore ‘Nathaniel Ropes’ di politica economica nel prestigioso ateneo, che dopo aver ricordato i compiti futuri del bravo Prodi, dice: "L’Italia ha problemi gravissimi, ha bisogno di una iniezione di libero mercato con riforme economiche neoliberali… fra cui ridurre le tasse, tagli all’impiego pubblico e alle pensioni, rafforzare il settore dei servizi, e rendere più facili i licenziamenti". (4) Cioè una pessima pagella, a suo dire, dei precedenti anni di Berlusconi, che anche l’Economist continuava a definire "assai scarsi di riforme delle insostenibili pensioni e dell’inflessibile (sic) mercato del lavoro", da parte di un leader "mai veramente interessato alle riforme" (5). Il fuoco di sbarramento contro il ‘disobbediente’ Cavaliere è a questo punto massiccio. Le bordate arrivano anche dagli USA, e proprio guarda caso allo scadere del breve mandato Prodi. Il Wall Street Journal, voce dei falchi fra i falchi della finanza di destra, scrive a pochi giorni dalle elezioni del 2008 che "Berlusconi ci ha deluso in economia durante il suo ultimo mandato". La vicenda Alitalia sta infuriando, cioè, sta infuriando gli investitori esteri assetati di affari sul cadavere della nostra linea aerea, mentre Berlusconi osa ipotizzare una cordata italiana per il salvataggio. Scrive il WSJ: "Berlusconi la scorsa settimana se n’è uscito contro la vendita di Alitalia, e questo è un segnale di mancanza di dedizione alle riforme"…. "Air France-KLM volevano garanzie che i sindacati e i politici non bloccassero le dolorose ristrutturazioni (per i lavoratori, nda)" E dopo due righe di plauso per il compiacente Veltroni, il quotidiano dà l’affondo: "Berlusconi aveva promesso tagli alle tasse, riforme del mercato del lavoro e liberalizzazioni, ma ha fallito in tutto… Egli si è rivelato più un nemico corporativo del Libero Mercato che un Liberista economico disposto a fare ciò che è necessario" (6)Alitalia non va giù agli investitori internazionali, e infatti non poteva mancare la regina dei loro quotidiani, il Financial Times, che tenta nel settembre del 2008 di mandare un richiamo all’insubordinato Cavaliere, suggerendogli di "… seguire l’esempio della Thatcher, e di sfidare i sindacati a scoprire le carte, così da far scoppiare l’ascesso (sic) di 30 anni di relazioni sindacali italiane irresponsabili e dannose" (7). E ancora: "Nonostante la sua immagine da imprenditore neoliberale, Berlusconi, dicono i critici, si trova a suo agio a fare il dirigista statale, con l’Alitalia in primis. La compagnia viene consegnata a un gruppo italiano e sottratta ai compratori stranieri" (8) E che il Financial Times avesse anch’egli dichiarato una guerra permanente a Berlusconi, anche se con metodi decisamente più ortodossi di quelli del Times, lo dimostra quanto ha scritto poche settimane fa, con toni sprezzanti: "Il suo primo governo nel 1994 non ha combinato nulla. I suoi cinque anni al potere dal 2001 al 2006 sono stati noti per aver fallito di nuovo nell’introdurre in Italia le riforme Liberiste così essenziali al Paese per essere competitivo nell’eurozona" (9).Ricordo a questo punto, per chi si fosse perso, che questo coro martellante che pronuncia sempre le parole magiche ‘riforme’ e ‘Liberismo’, altro non chiede se non la solita ricetta precedentemente descritta: privatizzazioni a raffica, tagli fiscali ai ricchi, botte ai sindacati, flessibilità ultras per i lavoratori, riduzione del ruolo del governo, deregulation selvaggia, socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti (come peraltro leggibile nelle dichiarazioni riportate). La ricetta, cioè, che di noi persone e del nostro sangue versato se ne fotte, e che pretende solo una cosa: Unlimited Corporate Profits. Ne è un esempio brillante una delle raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale (leggi il Tesoro USA) fatte all’Italia allo scadere del 2008, altro rimbrotto al Cavaliere. E’ profferta con un linguaggio omeopatico, ma la si può leggere fra le righe: "Gli autori apprezzano in Italia gli sforzi per diminuire la disoccupazione (nota dell’autore: si preoccupano dei nostri senza lavoro?). Gli autori incoraggiano una seconda tornata di riforme del mercato del lavoro, per rafforzare il legame fra redditi e produttività (nda: vale a dire il valore e la qualità di vita della persona misurato unicamente in termini di contributo al profitto altrui). Gli stipendi devono adeguarsi alle differenze regionali (nda: gabbie salariali, su cui il FMI insiste da tempo), il lavoro a tempo indeterminato deve essere più flessibile (nda: già praticamente non più in offerta, qui si chiede che sostanzialmente scompaia), in tandem con una rete di ammortizzatori sociali maggiorati (nda: ci risiamo, socializzare i danni e privatizzare i profitti, cioè lo Stato paga per la disperazione dei lavoratori, le aziende licenziano e si ri-quotano in borsa)." (10) Questa abiezione sociale è ciò che realmente si cela dietro alla parola ‘riformismo’ (Rutelli, Prodi e D’Alema + seguaci prendano nota).Ma torniamo a Silvio Berlusconi. L’ultimo avvertimento gli giunge proprio dal Times il 7 maggio 2009, e in toni inequivocabili: "Nei suoi due maggiori mandati Berlusconi ha fallito nelle riforme così disperatamente urgenti in Italia… La UE e l’OECD continuamente rivelano l’eccessiva regolamentazione del business (in Italia, nda)… I lavoratori statali rimangono protetti… e le sue sbandierate riforme del sistema pensionistico sono state minimali… le tasse rimangono alte, e la resistenza del suo governo a tagliare la spesa pubblica è enorme" (11).v Tre settimane dopo, il possente quotidiano britannico perderà di colpo la sua celebrata compostezza dopo 224 anni, e dalle sue pagine partirà un attacco sgangherato e volgare a Silvio Berlusconi. Vi si leggerà che è "un clown", "un buffone sciovinista", un playboy patetico, la cui performance con le signorine e nei confronti degli italiani curiosi della vicenda Noemi è inaccettabile, per il bene della democrazia e del mondo intero. Certo, come no.E così, di nuovo, l’Italia antagonista di sinistra si è fatta infinocchiare degli isterismi dei D’Avanzo, Travaglio e Santoro, Grillo e compagnia, ha di nuovo eletto a suo paladino l’ennesimo baraccone di destra neoliberale (dopo Freedom House), e insiste nell’ignorare che ciò che gli sta corrompendo la vita non è il lodo Alfano, o Emilio Fede, né il burattino Berlusconi, ma sua maestà Il Burattinaio, leggi Liberal Economics and Corporate Power. Eppure Clinton ce l’aveva detto: "It’s the economy, stupid".


Nota a margine per l’Egregio direttore del Times:"Sir, non mi risulta che negli anni cha vanno dal 1997 al 2007 il Suo giornale abbia mai usato termini così aggressivi per Mr Tony Blair, PM, mentre si rendeva corresponsabile di crimini contro l’umanità (Turchia, Timor, Ex Yugoslavia, Iraq, Palestina, Afghanistan…) e di alto tradimento della patria mandando a morire truppe britanniche su basi mendaci, oltre ad aver ridotto le classi disagiate della Gran Bretagna a livelli di povertà "pre-Vittoriana" (The Guardian), tanto che l’organizzazione Medecins du Monde ha dovuto aprire delle tende-cliniche di strada in diverse periferie urbane britanniche.


Note:
1) Stockholm Network, THE STATE OF THE UNION: MARKET-ORIENTED REFORM IN THE EU IN 2004

2) The Economist 7/01/2006

3) Der Spiegel 30/01/2006

4) April 20, 2006, Harvard Gazette

5) The Economist, Apr 3rd 2008

6) WSJ MARCH 25, 2008

7) Financial Times, Sep 22 2008

8) FT, October 18 2008

9) FT, May 28 2009

10) INTERNATIONAL MONETARY FUND ITALY: Staff Report for the 2008 Article IV Consultation. Prepared by Staff Representatives for the 2008 Consultation with Italy. January 7, 2009

11) The Times, 07 May 2009



Il secondo esempio riguarda invece l'Iran e quello che sta accadendovi.


La storia ci insegna che l'attuale situazione finanziaria dove buona parte del globo si spacca la schiena per garantire il benessere degli Stati Uniti nonché la loro enorme macchina militare e propagandistica, da tempo sta facendo storcere il naso ai paesi non allineati tra i quali Russia e Cina. Questo sta lentamente portando ad un cambio di leadership globale. Ovvero prima comandava uno solo con i suoi alleati. Oggi i capi si moltiplicano. Un segno di questa strada arriva dal forum organizzato in questi giorni a Yakaterinburg in Russia. Forum durante il quale la stessa Russia, alcune repubbliche ex sovietiche, la Cina, l'India e l'Iran, in forme e modi diversi, cercheranno un sistema di liberarsi del dollaro come moneta di scambio internazionale per beni, servizi, energia, materie prime e quant'altro.
Illuminante il discorso del leader Iraniano di ieri al Forum, a questo proposito.
Il problema è che gli Stati Uniti non vogliono cedere il potere. Individuano i punti deboli di questa nuova coalizione ( in questo caso Iran ) e attaccano.

Ma vediamo i fatti.

Dopo l’impresa della prima Guerra del Golfo, sulla cui pretestuosità sorvolo, si era prodotto un inizio di ribellione interna contro Saddam. A fomentarla erano stati gli stessi americani che da stazioni radio gestite dalla CIA incitavano gli iracheni ad insorgere contro il potere di Saddam. Questi in effetti si ritirò prontamente dal Kwait per domare la ribellioni di sciiti e curdi: fu spietato e feroce. Gli insorti si aspettavano aiuti da parte di chi li avevavo incitati alla ribellione. L’aiuto non venne. Perché? Gli americani temevano un’influenza dell’Iran sull’Iraq mediata dall’etnia sciita . Preferirono lasciar massacrare sciiti e curdi, dopo averli però incitati alla ribellione in nome della "libertà", della "democrazia" e di altre bufale delle quali non siamo mai abbastanza assuefatti per capire che non sono altro che bufale(1). Questo ieri. Sorvolo poi su cosa successe con la secondo guerra all’Iraq, del tutto illegale. Sorvolo su tante cose su cui si potrebbero fare istruttive riflessioni.
Vengo all’oggi. Vengo alle elezioni in Iran appena concluse. Bene, io vedo con quanta dovizia e zelo la nostra televisione da conto delle proteste elettorali in Iran, dei presunti brogli, dei disordini, ecc.Per il momento non posso fare altro che sospettare e raccogliere ulteriori informazioni. Ma io sospetto che dietro i disordini in Iran ci sia lo zampino della CIA, come vi fu nel 1953, come vi è stato nell’istigazione degli sciiti e dei curdi iracheni nel 1991.
La pratica della destabilizzazzione è vecchia come il mondo e gli Stati Uniti la conoscono bene. Il nuovo mondo voluto da Obama comincia a profilarsi davanti a noi. Gli Stati Uniti non possono e non vogliono vedere messa in discussione la loro supremazia e per farlo sono disposti a tutto. Occhi aperti.

Un abrazo.
(1) Cronache mediorientali di Robert Fisk.

venerdì 12 giugno 2009

LA TRAGEDIA DELLA VITA.



Oggi non parlerò di politica. NO. Oggi urlerò il nome di Andrea. 9 anni. Suicidato. Si è impiccato Andrea. Con il laccio dei pantaloni da ginnastica. Freddo, calcolatore, ha aspettato che la mamma uscisse a far la spesa, poi ha agito, senza dubbi ne esitazioni. Si è ucciso. Nel 90% dei casi chi si suicida non cerca la morte, cerca ATTENZIONE. Cerca di dimostrarsi e dimostrare di esistere, di essere. Non Andrea. Non con quella determinazione. Andrea aveva deciso che la partita non gli piaceva più, non lo divertiva, non lo riempiva. Perchè a 9 anni cosa cazzo ti serve di più ?? Non ci sono amori, aspirazioni, significati profondi. Sei solo un bambino che ha appena comincia ad aprire gli occhi al mondo. Come puoi decidere di chiuderli per sempre ? con che maturità ? Con che forza ? Eppure è successo, e non è il primo. Credo che la mentalita del videogioco sia penetrata in noi più profondamente di quel che immaginiamo. Se il gioco non ti piace, spegni e ricominci. Non ti sforzi, non aspetti. Spegni e ricominci. La catarsi del GAME OVER. La fine della vita reale, equiparata ad un gioco virtuale. Ma forse se per noi “adulti” è sempre più difficile rimanere in contatto con la realtà, persi come siamo fra velocità e informazioni infinite, per i bambini di oggi il confine è ancora più sottile, quasi scomparso. Forse per Andrea non c’era differenza fra interrompere una partita ai videogiochi e la sua vita. Non lo so. Ma vorrei che qualcuno ci pensasse seriamente. Perchè qui non è colpa di una brutta nota a scuola o anche nel caso peggiore di violenza dei genitori. NON A 9 ANNI, MAI. Il mondo è pieno sfortunamente di bambini che vengono violentati, torturati, sfruttati, ma nessuno si suicida, non a quelle età. Qui vi è qualcosa di più profondo e terribile. Vi è una tragedia nella nostra vita che comincia ad apparire in maniera sempre più forte, e le nuove generazioni, più deboli e meno preparate sono quelle che ne pagheranno il prezzo più grande. La tragedia che ci sussura nell’oscurità della nostra anima che non vale la pena di vivere se la vita non risponde come vorremmo, e che piuttosto che accetarlo o sforzarsi di cambiarlo, e meglio sfuggirle e lasciarsi morire. CLICK.



GAME OVER....



Un abrazo.

venerdì 5 giugno 2009

TOPOLANEK











Carissimi, oggi EL PAIS ( quotidiano spagnolo ) ha pubblicato le foto di una delle tante feste che Berlusconi da per la sua corte di minorenni, veline, hostess, ecc. ecc. La cosa interessante è che a questa festa partecipava anche l'ex premier ceco e leader del partito dei Civici democratici (Ods) Mirek Topolanek. Lo notate dalla pilulla che ha in mezzo alle gambe, essendo completamente nudo. Ora mi immagino che meta degli Italiani sara incazzatissa al pensare che il nostro primo ministro da feste modello le mille e una notte, minorenni da harem comprese, l'altra metà di Italiani sara incazzatissa invece, per non essere stati invitati. Di seguito allego il link del EL PAIS.




















UN ABRAZO

giovedì 4 giugno 2009

LE 3 FACCE DELLA VERITÀ


A volte l'uomo inciampa nella verità, ma nella maggior parte dei casi, si rialza e continua per la sua strada (W.Churchill)


Con questo aforisma ( senza saperlo ) Churchill ha definito il popolo Italiano. Cioè Noi.
Non conosco, lo dico senza ipocrisia, altro popolo che si dedichi così tanto all'arte di auto-ingannarsi. Borgia Vacca !! Siamo un popolo che ( nella maggior parte dei casi ) odia la verità. Non ho tempo per scrivere una precisa tesi Antropologica di questo fatto, ma ho una idea che credo vi si avvicini molto.
L'italiano ama discutere ( narcisimo ), ma ancor di più ama aver ragione ( egocentrismo ). Questo negli anni ci ha stravolto culturalmente. Tanto che ora se mettiamo due persone che a priori la pensano uguale su un argomento, nella stessa stanza a discuterne, finisce che dopo 10 minuti si stanno scannando su due posizioni opposte.
Per questo odiamo la verità, perchè esclude di per se la discussione. Essendo la verità non si può confutare, non si può discutere.
Quindi tendiamo ad ignorare quante più verità possiamo, per poter tenerci aperte più discussioni possibili.
(Pensate solo a come siano viste oggi in Italia categorie intere, per esempio i magistrati, la polizia ma anche comici e giornalisti: tutti i mestieri in generale che hanno a che fare con la verità, giudiziaria o sociale.)
Questa frenesia da discussione, ci ha portato ad inasprire sempre di più il concetto che abbiamo di avversario.
Lo abbiamo talmente tanto idealizzato e incastrato dentro a trite ideologie, che per noi non è più solo un avversario ( da ascoltare e rispettare ) ma diventa il NEMICO ( da ditruggere e umiliare ).
Per questo quando uno straniero ci osserva discutere, non capisce. Noi ci urliamo adosso, non parliamo. Per noi è più importante coprire l'avversario/nemico col suono della nostra voce col solo fine di zittirlo, piuttosto che comprendere cosa ci vuole dire e perchè.
Per questo credo da vari anni abbiamo smesso di avanzare culturalmente. Non ne abbiamo più gli strumenti, avendo eliminato il dialogo, il condividere, il rendere partecipe.
Siamo chiusi nelle nostre gabbie di narcisismo ed egocentrismo ed urliamo come gorilla a chiunque osi avvicinarsi.
L'unica cosa su cui quasi tutti ci troviamo d'accordo senza bisogno di discuterne sono i soldi ( e le donne, ma vale solo per noi maschietti ormonizzati ).
Ed anche in questo abbiamo accuratamente evitato di vedere la verità. Siamo cambiati.
Gli ultimi vent’anni hanno partorito un paese di cartamoneta, che vince soldi, sogna soldi, parla solo di soldi ed è stato pornograficamente eccitato a cavarsi sfizi e bisogni irrisori che i soldi comprano. Tutto il resto è come se non fosse mai esistito o non rivestisse la minima importanza. Non la storia o la scienza. Non il mistero dell’uomo nel’universo. Non le inchieste verità sulle prepotenze delle multinazionali del consumo ai danni dei disperati ( e non solo ) della Terra. Ma fiumi di sangue da circo (quello sì) della cronaca nera del vicino di pianerottolo. Tutto l’invisibile agli occhi è stato oscurato ( la magia insita nell'anima umana ). Tutto livellato in basso. Il potere, rubato ai valori della conoscenza, della verità, dell’arte, dell'amore è stato interamente regalato ai cortigiani di questa Babele, il paese col più alto tasso di tette, tronisti, culi, cocainomani, pedofili ( mi spiace ma i preti in Italia sono molti e incidono sulla statistica), corrotti e corruttori, pirati della strada e debito pubblico d’Europa. Sembra di vivere nell’Invasione degli ultracorpi, uno strazio indicibile, molti si sono contaminati, tantissimi arresi. Altri persistono a darsi del comunista o del fascista, poi finiscono col farsi una tirata nello stesso bagno. Un patrimonio immenso di valori, di stile, di storia, di saggezza popolare, di arguzia, di irriverenza, di coraggio civile, di senso del dovere, sembra essere sprofondato nel nulla, cancellato dal nostro Dna. Come se l’ultimo italiano fosse stato Alberto Sordi. Dopo di lui, Berlusconi. E basta.Possibile?
Stiamo ancora aspettando un portatore sano di verità ? Sono secoli che da noi ne nasce uno al mese, il problema è che nel Rinascimento non li strozzavamo nella culla, ma nemmeno nell’Ottocento e nel Novecento, li abbiamo lasciati vivere fino al dopoguerra, fino a quando abbiamo ucciso Pasolini, poi basta.
Per questo l'ultima intervista di Pasolini era intitolata " Siamo tutti in pericolo ". Ma sfortunatamente era la verità.

Concludo con un invito ed una premonizione. Questo fine settimana ci saranno le elezioni europee. Vincera credo quasi ovunque l'estrema destra ( fosse destra almeno!!sigh ). Non andate a votare. Sapete la verità. Non negatela. Sottraetevi volontariamente al gioco delle parti. Noi e loro. Buoni e cattivi. Gli unici su cui mi sento di dare il mio appoggio sono Sonia Alfano e DeMagistris che si presentano come indipendenti per L'italia dei Valori. E tra i due, molto più Sonia essendo figlia di suo padre. Per gli altri, guardiamoci allo specchio e lasciamo perdere. Davvero.


Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano sempre due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino (Enzo Biagi)

Un abrazo

giovedì 28 maggio 2009

MAGIA



I miei amici piu' "bright" continuano ad offendersi quando li invito a studiare un pochino le tecniche magiche, il loro atteggiamento e' quello di coloro che intendono combattere queste pratiche, senza rendersi conto del fatto che esse appartengono alla societa' cosi' tanto che non e' possibile pensare di esserne immuni senza saperle riconoscere. Li capisco, ma chi mi conosce sa che da sempre sono legato a questa parola ed ai suoi vari significati. Oggi però vorrei provocarvi cercando le analogie che uniscono la magia e le tecniche magiche ( antiche quanto l'uomo) al moderno marketing, e vedrete che le similitudini non mancheranno, tanto che sarei quasi disposto ad ammettere che il marketing altro non è che la magia del nostro tempo.; . In generale, l'essere umano non e' onniscente, ne' in senso assoluto (cioe' non puo' sapere "tutto") ne' in senso antropologico. (cioe' nessun essere umano possiede tutto lo scibile umano).
Poiche' dobbiamo occuparci di una serie di problemi che esulano dalla nostra comprensione (posso sapere in linea di principio come funzioni il motore della mia auto; difficilmente arrivero' al dettaglio della fluidodinamica dello scoppio dentro la camera dei cilindri, cosi`come non conosco le equazioni che legano il disegno dei pneumatici alla loro resa) , la psiche umana usa diverse tecniche, alcune delle quali sono semplici approssimazioni ("motore a scoppio" ) mentre altre sono tecniche magiche belle e buone.

Per chi ha studiato magia, l'uso di tecniche magiche e' cosi' diffuso che il tentativo di vivere senza appare ridicolo. Prendiamo per esempio il concetto di "occulto": il termine occulto indica qualcosa che viene tenuto nascosto nella sua grammatica e nel suo dizionario, ma e' facilmente intuibile nei suoi intenti. Quando il mago pronuncia una formula incomprensibile, fatta da parole che nessuno capisce, non intende nascondere completamente quanto sta facendo: l' intento deve essere evidente, altrimenti non potrebbe venire ricompensato per quello che ha fatto.
La formula occulta, quindi, ha tre caratteristiche:
1.. Usa un dizionario ignoto ai piu', o solo parzialmente noto.
2.. Usa una grammatica ignota ai piu', o solo parzialmente nota.
3.. E' facilmente intuibile il suo intento, ovvero ha una componente espressiva forte.
Prendiamo per esempio l'abuso di termini anglosassoni nella lingua italiana.
L'adozione dell'inglese come lingua per indicare concetti commerciali e' un'operazione che consiste nella creazione di un linguaggio magico. Il fatto che la musica anglosassone (o straniera) non venga capita non e' un suo svantaggio, anzi: essa continua ad avere una fortissima valenza espressiva (capiamo benissimo l'intento delle ballate degli Scorpions, molto meno il testo delle canzoni) ma usando una lingua parzialmente comprensibile gode della proprieta' di essere occulta. L'impatto devastante consiste proprio nell'aver acquisito, mediante l' uso di un linguaggio parzialmente occulto, la stessa potenza della musica sacra.
Cosi', non mi meraviglia la decisione del papa di permettere la messa in latino: scarsamente capito, il latino trasporta la messa cristiana nel campo dell'occultismo puro, poiche' essa continuera' ad avere un intento noto , un dizionario scarsamente compreso ed una grammatica scarsamente compresa.
In entrambi i casi si tratta di un "valore aggiunto" dovuto all'acquisizione di un linguaggio occulto, operazione che sta alla base della magia simbolica.
Il concetto di Brand, per esempio, e' un concetto che viene direttamente da li: in magia evocativa, una volta scritto un "sigillo", hai creato una entita'. La parola o il simbolo che usi per indicare qualcosa SONO la cosa. Una volta creata la parola magica, essa prende vita e soltanto disegnando il simbolo del demone evocato su un oggetto esso prende le caratteristiche del demone.
Cosi`come l'utilizzo di espressioni normalmente incomprensibili o altamente illogiche, che offusca il significato delle cose manomettendo la grammaticanziche' il dizionario, e' una tecnica magica. Discutendo di rischi ignoti mi si e' detto che il "risk management" fosse la risposta: se la frase venisse tradotta, avremmo che la gestione del rischio e' la risposta al rischio. Questa risposta e' ovviamente illogica, tuttavia viene accettata , proprio perche' illogica: il suo intento e' quello di porre sotto controllo l'imprevisto, nella principale accezione di management addirittura e' presento una componente di pianificazione, con la costruzione di un assurdo come l'imprevisto pianificato. Tuttavia, "risk management" e' un'espressione occulta; essa viene da una lingua diversa , essa indica tecniche non meglio specificate e spesso incomprensibili ai piu', e quindi acquisisce un valore magico.

Di conseguenza si trova rassicurante il fatto che si faccia "risk management" di rischi imprevedibili: e' il compito del totem. Il totem e' un costrutto simbolico al quale si da' un nome evocativo, e al quale si assegna un compito sociale: proteggere il villaggio dai rischi, per esempio, e' una delle funzioni del totem. Oggi lo chiamiamo spesso "santo patrono" , ovvero il totem della citta' al quale viene attribuito ilcompito di salvarla dai pericoli. Una volta costruito un totem, e assegnatogli un nome magico ("risk management" o "madonna dell'annunziata" conta poco), si costruisce qualcosa che lo simboleggi (una formula come un'icona) e da quel momento diventa il patrono (o il totem) del villaggio, col compito specifico di proteggerlo.
Anche il linguaggio scientifico, sia chiaro, appartiene alle lingue occulte: la formula chimica e' , per i piu', del tutto incomprensibile. Cosi' sappiamo bene che cosa facciano i chimici, possiamo vedere di che cosa parlano, ma non sappiamo cosa voglia dire. Cosi' pochi sanno cosa sia l'inverso del logaritmo della concentrazione degli ioni H+, ma tutti andiamo a comprare prodotti con un PH specifico. Per quale motivo ci affanniamo a comprare qualcosa che non e' semplicemente "buono" o semplicemente "sano", ma vogliamo anche che abbia un PH specifico, cosa di cui non sappiamo nulla? E' semplicemente successo che PH sia diventato un simbolo magico: l'intento e' quello di rendere migliore il prodotto, ma la lingua e' ignota e la grammatica anche. Sappiamo che PH ha qualcosa a che vedere con "acido" o "basico", ma nessuno sapeva di preciso quale fosse il PH ideale della vagina prima che la reclame ce lo dicesse. E anche sapendolo, la maggior parte di noi non saprebbe dire per quale ragione sia cosi' indispensabile che il PH sia quello giusto, e solo i cuochi sanno che mettendo del limone dentro una salsa si toglie l'amaro per compensazione del PH.

Cosi' la pubblicita' dei dentifrici continua a proporci formule di dentifrici come AZT, o AMT, che se anche avessero un valore sarebbe fuori dalla comprensione del pubblico.

Una tecnica magica molto diffusa nel mondo scientifico e' proprio quella di offuscare il sapere mediante una terminologia distante dalla lingua parlata;
Feynman sfidava i fisici ad esporre gli strumenti della fisica con un dizionario comune, ma l'atteggiamento dei docenti universitari e', spesso, quello sacerdotale: il sapere diventa occulto non perche' sia incomprensibile alle persone normali (i fisici non sono sovrumani) ma perche' vene appositamente tenuto e nascosto. Questo atteggiamento e' evidente, nell'ambiente accademico, quando si osserva la cerimonia dell'apertura dell'anno accademico: tutti i professori indossano una toga, simbolo sapienziale, un cappello (contatto con il cielo ed il mondo "alto") ; durante la laurea viene fatto indossare un mantello, altro simbolo sapienziale, un cappello quadrato (regolarita´), o una corona di rami (la testa irraggia ) . Gli stessi magistrati usano una toga, cosi' come gli avvocati, per darsi autorevolezza; la toga ha una funzione occultistica sapienziale in quanto nasconde , cioe' crea mistero su quanto sta sotto. E non ci vuole molto a chiedersi per quale ragione gli scienziati, anche quando non ne hanno uno stretto bisogno, indossino un lungo grembiule.

Potremmo passare alla politica, iniziando con le processioni politiche, ovvero le manifestazioni, che non sono altro che un metodo per richiedere qualcosa ad un'autorita' superiore, "ascolta il tuo popolo" e' valido sia per una manifestazione politica che religiosa; sono strumenti magici i "girotondi" che avrebbero il compito di difendere qualcosa, cosi' come e' una tecnica magica lo sbattere un martello dei giudici a sottolineare la sentenza. In generale, ogni volta che attribuiamo un significato simbolico ad un'azione, stiamo prendendo in prestito qualche tecnica dal mondo della magia.
Cosi' era semplice capire che un mondo come quello dell'economia si sarebbe rivelato come un mondo fatto di entita' poco scientifiche notando l'abuso di queste tecniche.
Innanzitutto, un mondo che descrive una realta' cosi' vicina a noi non abbisogna di alcuna terminologia occulta; il fatto che i discorsi di quasi tutti gli economisti siano scritti in termini tali da renderli volutamente incomprensibili parla chiaro.
La seconda qualita' magica abusata che doveva insospettire era la qualita' sacerdotale : in generale, se leggete molti paper economici , dietro ad una serie di artifici estetici troverete delle banalita' incredibili. E se gli stessi concetti fossero espressi in termini comprensibili, moltissime persone potrebbero esplorarne facilmente i pro ed i contro: l'economia non ha un reale bisogno di una terminologia tecnica perche' il livello medio di complessita' dei concetti economici e' cosi' basso da essere alla portata di chiunque. Tuttavia, la stragrande maggioranza delle persone crede che "aumento di capitale" sia una cosa buona per gli azionisti quando ne diluisce il potere e ne mortifica gli investimenti precedenti; se lo chiamassimo "vendere un pezzo di quota sociale per fare soldi" probabilmente sarebbe chiaro. Ma chiamandolo "aumento di capitale" possiamo allontanarlo dalla comprensione dei piu', e sottrarre l'operazione al giudizio delle masse, che percepiscono l'intento (rendere piu' forte la societa') ma non la grammatica : "aumento di capitale" sembra quasi indicare il fatto che un'operazione a noi impossibile (noi non possiamo fare nulla come "aumentare il nostro capitale" ) sia possibile a queste persone. E sinche' non e' chiaro che si sta chiedendo del capitale in prestito a qualcuno in cambio di quote sociali (o altro), appare come una capacita' "magica" di questi manager che "aumentano il capitale". Tutti noi vorremmo "aumentare il capitale" , no?

Non stupisce a questo punto che i rituali dell 'economia vengano direttamente dal mondo dell'occulto, dall'esistenza di un tempio degli affari (di cui non ci sarebbe alcun bisogno, vista la telematica moderna) che opera ovviamente a porte chiuse (ci sono dentro i sacerdoti, che cosa volete?) , all'uso di termini occulti come "trader" che diventa meno sacerdotale se lo chiamiamo "commerciante", o "broker" che diventa "delegato, rappresentante" e ci ricorda la gente che vuole darci una nuova enciclopedia.

Se in qualsiasi altro ambiente ci avessero detto che le risorse si possano moltiplicare cosi`facilmente, del resto, non ci avremmo creduto: la caduta del buonsenso e' stata possibile soltanto perche' una fitta cortina di tecniche magiche ha paralizzato la corteccia cerebrale degli osservatori, lasciando che venissero guidati dalle aree piu' profonde del cervello. Chi ha studiato magia ha lo stesso vantaggio che aveva Hudini di fronte alle medium: essendo un illusionista lui stesso, poteva smascherare altri illusionisti molto meglio di altri.

Credetemi: Otelma non ha mai comprato titoli tossici. Impressionare uno come lui con il "rating" , altro concetto illogico che implica la prevedibilita' dell'imprevedibile , con un "toro" a wall street, con formule occulte quali "asset management" era impossibile; Otelma e' di gran lunga piu' sofisticato ed evoluto di qualsiasi finanziere , usa lo steso linguaggio di gran lunga meglio e ne conosce la genesi e i requisiti enormemente di piu'.

Per capire la finanza moderna e' necessario aver studiato magia, a mio avviso, proprio per saper scremare tutti gli usi (e gli abusi) di tecniche magiche dal succo delle questioni. La magia non e' scomparsa nella societa' moderna, anzi: essa e' presente piu' che mai, la usano gli scienziati con i loro camici inutili e la loro stravaganza coltivata (pazzia e contatto con gli Dei sono un attributo sciamanico), la usano gli accademici con i loro inutili rituali sacerdotali, la usano i finanzieri con i loro templi, i loro guru, le loro promesse magiche , i loro termini astrusi ed illogici, eccetera.

In definitiva, non credo si possa capire il mondo (moderno e non) senza saper riconoscere con esattezza la singola tecnica magica : la magia e' efficacissima, se la si considera quel che e', ovvero il corrispondente dell' hacking del cervello umano. Il mago non fa altro che usare delle tecniche estremamente sofisticate per prendere il controllo della tua mente; il fatto che sia possibile arrivare al kernel senza passare per quello strato di librerie che e' la mente razionale significa semplicemente che il cervello umano e', per sua architettura , esposto a questi attacchi.
Ho sempre detto che la magia sia una tecnica potentissima non perche' possa (e ho sempre detto anche questo) intervenire sulla fisica delle cose: perche' puo' intervenire sull'esperienza delle cose. Un funerale puo' modificare la nostra esperienza della morte cosi' come la parola "credit crunch" puo' impedire alla mente cosciente di capire che cosa stia succedendo.

Come succede nello Zen, la mente umana e' estremamente impermeabile ai concetti logici, in quanto essendo logici possono venire criticati. Diventa permeabile a concetti illogici, a patto che essi vengano veicolati. Poiche' il linguaggio comune, essendo logico, e' facilmente intercettabile, ecco che si tira fuori un linguaggio illogico e occulto: la corteccia celebrale piu' razionale considera il camice come un pezzo di stoffa, e' "vicino al kernel" che scatta il meccanismo del mistero. Cosi', lo scienziato (o il tizio vestito da scienziato della pubblicita' oltrepassa facilmente le difese coscienti e arriva direttamente sotto, a farci credere di possedere un mistero semplicemente nascondendosi sotto un pezzo di stoffa.

Rilassatevi, signori bright, perche' la magia ( o l'illusione magica )e' ovunque. E chi non la domina, la subisce. Anche voi, perche' il vostro cervello e' fatto proprio allo stesso modo.
Tanti di noi hanno comprato merda solo perche' non avete saputo riconoscere la tecnica magica con la quale ve l'hanno venduta.
Ultimo esempio, siamo in crisi, no ? Prima c'erano i soldi, poi, abracadabra i soldi scompaiono.
Magia ?
Un abrazo

venerdì 15 maggio 2009

STRANI TEMPI


Una volta.

Una volta avevamo un lavoro, una casa, una famiglia, un’amante. Avevamo una macchina, una tele, un telefono, un bagno. Tutto era singolare. Esaltava questa comunione con il singolo. Ci riconoscevamo nei nostri oggeti. Erano parte di noi. Estensioni del nostro corpo. Imparavamo a conoscerli, a rispettarli. Ci affezionavamo anche. E lo stesso erano i valori. Unici. Singolari, indivisibili. Un dio, una patria, una famiglia. Esistevano grazie a tutte queste singolarità, linee di demarcazione. Si sapeva come muoversi. Cosa giusto e cosa sbagliato. Cosa indispensabile e cosa superfluo. Vi era chiarezza. Si poteva ancora distinguere uno scopo e affidarvicisi.
Non sono certo che una volta si vivesse meglio, ma sono sicuro che vi era meno caos, confusione, contraddizioni.
Oggi siamo persi all’interno della molteplicità, che non è sbagliata a priori, semplicemente siamo i primi a viverla a questi livelli. Nessuno ci ha insegnato. Nessuno ci ha spiegato come gestirla. Improvvisiamo, e credo che i più ( io sono fra questi ) si sentano persi e quasi indifesi difronte a questa molteplicità.
Oggi abbiamo, 2,3,4 telefoni, che cambiano in continuazione, cosi come cambiano le macchine e gli elettrodomestici, computer compresi. Abbiamo (sempre di più ) vari tipi di famiglie a causa dei divorzi, e famiglie sempre più particolari, grazie all’apertura degli ( e delle ) omosessuali. Cambiano lavoro in continuazione e siamo destinati a continuare a farlo. Abbiamo più nazioni, siamo Italiani, ma anche Europei e sempre più occidentali. Valori che cambiano di continuo, alcuni si estinguono ( comunismo ) altri ritornano ( nazismo ). Abbiamo a disposizione tutti gli dei del creato, dobbiamo solo scegliere. Con un click possiamo accedere ad una quantita di informazioni ( 1.266.000 di pagine disponibili, esempio google ) che non basterebbe una vita per leggerle tutte. Parliamo varie lingue e viviamo e lavoriamo in giro per il mondo. Siamo tutti mischiati, ma pur sempre divisi.
Tutto è già stato, scritto, scoperto, fatto.

Ecco il nostro mondo, la nostra molteplicità. Qui viviamo noi. Soli.

Un abrazo.

mercoledì 6 maggio 2009

CRISIS



Cari i miei bei ragazzi e care le mie belle ragazze ( tanto per cambiare ). Oggi vorrei, con voi, riflettere di crisi e per farlo cercherò di approfondire tre significati legati a questa parola tanto di moda.
Dopotutto in tempi non sospetti la mia generazione fu definita Crisis Generation, ed effettivamente è una parola che abbiamo sentito spesso da quando siamo al mondo ma forse è legata anche allo stato d'animo che noi trentenni ci portiamo dentro, separati come siamo dai valori, dalla spiritualità, dal futuro. Ma come sempre rischio di divagare quindi…cominciamo.

La parola "crisi" deriva dal greco Krisis/Krino, etimologicamente significa "separare". Sui dizionari viene definita come un «momento che divide un modo di essere o una serie di fenomeni». Figurativamente, può indicare lo stato d’animo di una persona, una situazione anormale in una Nazione o la sospensione nella regolarità del movimento di scambio che costituisce il commercio.

Partiamo dallo stato d'animo delle persone, che vorrei collegare all'attuale febbre suina.
I colpiti dal virus dell’influenza messicana sono pochi, ma quelli che si ammalano del timore di prenderla sono molti di più. Questa particolare forma di paura ossessiva si nutre, come quasi tutti i disagi psichici, di fatti reali, presenti nella vita quotidiana di ogni persona. Il primo è la riscoperta, con l’epidemia, che il controllo che possiamo esercitare sulla nostra vita è limitato, tanto che un elemento invisibile come un virus può metterla a rischio: non tutti lo accettano.Dietro il timore delle epidemie globali però ci sono anche altri fatti, magari non conosciuti lucidamente, che l’inconscio collettivo però percepisce, generando paure. Uno dei più importanti, in questo campo, è che la scienza medica ha perso da tempo la guerra contro batteri, virus e parassiti. La sconfitta fu riconosciuta ufficialmente in un articolo di Laurie Garrett, massima esperta delle «epidemie prossime venture», sulla rivista Foreign Affairs ( http://www.foreignaffairs.com/articles/60816/laurie-garrett/the-next-pandemic ) , vicina al Dipartimento di Stato americano. La guerra s’era proposta di distruggere le malattie infettive entro la fine del secolo scorso. Armati di vaccini, antibiotici, e antimalarici si credeva di far scomparire le malattie infettive entro la fine del millennio. Non si riuscì, perché si supponeva che il nemico (batteri, virus e parassiti), rimanesse fermo, e che lo si potesse «sequestrare» geograficamente. Invece i microbi sono in costante evoluzione biologica.Il massiccio uso di antibiotici ha «selezionato» germi capaci di resistervi. Molti agenti patogeni sono «intelligenti», dotati di un corredo che in condizioni di pericolo li fa mutare, e consente loro di perlustrare il territorio in cui si trovano alla ricerca del materiale genetico necessario per resistere ai farmaci e ai disinfettanti. Questi microbi sapienti ormai «crescono sul sapone, nuotano nella candeggina, e se ne infischiano di cannonate di penicillina». Non solo i microbi cambiano, ma nel mondo globale non si può chiuderli dentro un confine.E allora facciamo una piccola riflessione, Darwin dice che ogni specie vivente per sopravivvere deve evoluzionare. Se qualcuno se lo fosse dimenticato i virus sono organismi viventi e come tali dediti a evoluzionare. Noi uomini avendo manipolato la natura non ne abbiamo più bisogno ( o lo facciamo molto lentamente ) e questo unito ai nostri stili di vita ( cibo, medicinali, fumo, alcol, nessuna attivita fisica, inquinamento, ecc ) ci stà indebolendo. I virus in cambio no. L'uomo ha eliminato metodicamente ogni animale o pianta che ritenesse pericoloso per il suo stile di vita. Con i virus questa battaglia è stata persa, forse l'essere umano ha trovato un competitore al suo livello( buon vecchio agente Smith ). Non ci resta che augurare che vinca il migliore.

Altra forma di crisi è quella di una nazione in una situazione anormale. Ora non voglio scendere nei particolari, visto che come sempre la mia riflessione riguarda Berlusconi. Ma qui si tocca un tema a me particolarmente caro, come sicuramente alcuni amici vi possono confermare. La parola al centro di tutto il mio discorso è MINORENNE.
Queste sono le dichiarazioni rilasciate dalla moglie di Berlusconi, ex-ultimo baluardo dell'opposizione Italiana, ora rimasta depressivamente orfana.
RICORDATELE BENE, E RIPETETELE PIU' VOLTE.
"Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni… perché la ragazza minorenne la conosceva prima che compisse 18 anni: magari fosse sua figlia…". "Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E’ stato tutto inutile".
Aiutatemi compagni ma sopratutto compagne, perchè sto veramente pensando di fargli del male, e sfortunatamente, non scherzo. Aiutatemi quindi a capire, se sono io un retrogrado perbenista bigotto o se esistono limiti, decenze che è saggio oltre che morale non superare mai. Qui non si sta parlando di amore, ma di fottere, guzzare, scopare. Qui non c'è Lolita che tenga, ne filosofia greca. Qui c'è qualcosa di cosi marcio e morboso, cosi...malato. Appunto come dice Veronica, stiamo parlando di un uomo malato. Ed in un paese normale....


Ultimo punto, crisi significa anche: la sospensione nella regolarità del movimento di scambio che costituisce il commercio.Quindi riguarda il mancato consumo. La visione più interessante del consumo attuale è quella, per me in cui la intende Zygmunt Bauman: una merce acquista valore per perderlo immediatamente dopo l’acquisto, destino seguito dallo stesso acquirente che è spinto a livelli di consumo ulteriori dal fatto di spartire con l’oggetto dei suoi desideri – momentanei – la stessa caduca appetibilità.
In parole povere, oramai siamo come consumatori equiparati alla stessa merce che consumiamo. E siamo più o meno interessanti ( appetibili ) solo in funzione di quanto consumiamo e con che regolarità.
Se smettessimo di consumare o anche solo riducessimo il consumo al minimo indispensabile, cosa succederebbe ? Chi manterrebbe a quel punto il sistema ? Che vantaggi avrebbero i grandi gruppi multinazionali ( veri detentori del potere ) a mantenere queste forme di governo chiamate Democrazie ? Quali vantaggi avrebbero nel acconsentire all'esistenza di sindacati, sanità pubblica, servizi sociali ?
Perchè se qualcuno ancora non ci crede ( oramai le prove sono disponibili a tutti ) sono loro che permettono o meno a queste politiche sociali di decollare. E lo fanno solo in funzione di un ritorno futuro. Il buonismo delle pubblicità della coca-cola strappa lacrime, non è un caso. Ci fanno sapere che ci vogliono bene, e che sono disposti ad aiutarci e proteggerci. Ma chiaro, solo dopo aver consumato.
Quando parliamo di Decrescita dovremmo allora riflettere attentamente su questo punto. Perchè il problema è li ancora nascosto, ma giusto dietro l'angolo.

Spero di essere stato sufficentemente chiaro, come sempre nella brevità che mi impongo c'è il rischio di risultare incomprensibile. Nel caso sono qua..

Un abrazo.

venerdì 24 aprile 2009

INTERVISTA COL FUTURO



Oggi tornano le interviste col futuro, con un ospite eccezzionale, che non ha bisogno di presentazioni.


Furio Colombo.


Uno dei più grandi giornalisti viventi. Una sua breve biografia la trovate qui :
http://it.wikipedia.org/wiki/Furio_Colombo
Amico personale dei Kennedy e di Martin Luther King, sua è l'ultima intervista a Pasolini.
Cominciamo...


CRNM: Intanto la ringrazio per aver accettato questa intervista con il futuro.


F.C.: Ringrazio voi per la gentilezza e la pazienza.


CRNM: Cominciamo con la prima domanda: Oltre alla progressiva scomparsa delle notizie dal panorama italiano, notiamo anche la deriva che l'informazione sta avendo nei confronti dello spettacolo. Sacrificando così la verità e l'etica professionale, per audience e pubblicità. L'informazione quando diventa di "consumo" perde la sua poesia e quindi la sua capacità di toccare l'anima degli uomini. Condivide ?


F.C.: La tua domanda è molto bella e poetica. No, non è un errore. La risposta è sepolta sotto il controllo aziendale dell’editoria. È come se sulle notizie si fossero abbattute le macerie di un sisma lento e inesorabile che è avvenuto nel giro degli ultimi tre decenni. Il sisma ha portato ad uno smottamento continuo nella rilevanza del giornalista come reporter, come commentatore, come editorialista, come contributore di idee, e ha provocato la tendenza ad aggirarsi con l’elmetto della disciplina aziendale, del "qui si fa così", del "questo si dice e questo non si dice". A suo modo fascismo e antifascismo negli anni ’20 sono stati un fior di confronto, nel senso che ognuna delle due parti aveva in mente una visione del mondo. Una visione del mondo, non un aggiustamento del potere. Ecco, non è più il caso. Qui il caso è, sul territorio limitato della singola esperienza del fare il giornalista, l’assestarsi degli interessi dell’editore-imprenditore in modo da prevalere. Sul piano più vasto del paesaggio circostante, il potere dell’editore-imprenditore ha cominciato a dipendere a sua volta, e sempre più drammaticamente, o da un altro editore-imprenditore, o da interessi più forti e troppo forti che comunque impedivano dialettiche e discussioni. Quindi le strade si accostano, si assomigliano, si ingrigiscono, si appiattiscono e fatalmente il desiderio mattutino del cittadino normale di mettere le mani sulla copia fresca del giornale appena uscito è diventato sempre e dovunque molto più debole.


CRNM: Nel 1979 Guy Debord scriveva (Prefazione alla quarta edizione italiana de La società dello Spettacolo) che "se Marx pubblicasse oggi " Il Capitale", andrebbe una sera a spiegare le sue intenzioni in una trasmissione letteraria della televisione, e l'indomani non se ne parlerebbe più. [...] Evidentemente, se qualcuno pubblica ai giorni nostri un vero libro di critica sociale, si asterrà certamente dall'andare in televisione, o di partecipare ad altri colloqui dello stesso genere; di modo che, dieci o vent'anni dopo, se ne parlerà ancora.". Lei stesso ha invitato gli esponenti del centrosinistra italiano a "non andare a Porta a porta", a disertare lo "show gladiatorio" delle trasmissioni "tagliate su misura" (Bruno Vespa). La neutralizzazione dello Spettacolo da parte della Verità passa necessariamente attraverso la scelta di un distacco?


F.C.: Ecco, questo non è più vero in gran parte del mondo, però continua ad esserlo in Italia. Penso alla posizione di coloro che non intendono discutere la condizione delle informazioni, delle notizie, del giornalismo, della televisione, dei media e persino della rete in Italia senza discutere del conflitto di interessi. Della rinuncia di non discutere mai più il conflitto di interessi. E questa è la sola condizione alla quale i dominatori dell’Impero delle notizie ti accettano, e tu diventi di colpo il loro beniamino. Il conflitto di interessi è quello che consente di nominare tutte le cariche della Rai al Capo del Governo dalla propria abitazione privata mentre è concessionario dello Stato in quanto proprietario di tutte le altre televisioni private del paese. In altre parole: ignorate lo scandalo immenso e sarete ammessi all’Ordine dei giornalisti. Non ignoratelo e entrerete a far parte di una nuova categoria che chiamerei sottordine dei giornalisti. Caratteristica dell’Ordine è di essere citati, intervistati e trasportati come madonne pellegrine in televisione. Caratteristica del sottordine dei giornalisti è di non essere mai citati, persino se siete deputati alla Camera e se fate discorsi che è un po’ difficile non citare, non perché siano bellissimi ma perché dicono alcune cose che provocano per esempio grande risentimento e reazione nel piccolo pubblico della Camera o del Senato. Ma se appartenete al sottordine questo non fa notizia. Quanto alla mia raccomandazione di non andare a Porta a porta, per tornare alla tua domanda, era una raccomandazione di tipo politico. Anche Porta a porta è una bandiera. La trasmissione è truccata, è rigorosamente al servizio del padrone, questo è stato detto in almeno dieci importanti libri di giornalismo italiano, testimoniato da almeno dieci importanti ed autorevoli voci del giornalismo e della politica italiani, da Pannella a Giovanni Sartori, senza bisogno di entrare nella divisione tra destra e sinistra. Porta a porta è una trasmissione truccata che ha come scopo di far vincere sempre la pallina che appartiene ad una certa persona, ad un certo giro e ad un certo partito. Però dà una grande visibilità. Ecco, io avevo chiesto con tutto cuore ai miei colleghi del Pd e del centrosinistra di rinunciare a questa visibilità, per togliere legittimità a quella trasmissione, in modo che si vedesse subito e a prima vista che è falsa. In altre parole intendo dire che bisognava "ritirare la delegazione", mostrare che non c’era dibattito, perché il dibattito era evidentemente impossibile. La prima dimostrazione sono sempre state le scritte proiettate sulla parete di fondo alle spalle del conduttore, fatte in modo da dare il senso dell’evento prima ancora di avere aperto il confronto. Non andare a Porta a porta non era poi un sacrificio spaventoso. Io facevo un discorso esclusivamente su Porta a porta, non perché ami gli altri talk show ma perché un esempio lo puoi dare solo se ti limiti, e certamente Porta a porta è il peggio, su questo non c’è dubbio. Per esempio a volte io dissento profondamente da Annozero, ma Santoro si espone personalmente, incassa insulti e improperi, si espone nella trasmissione ma soprattutto nella vita, nel senso che prende talmente parte e in un modo talmente vistosamente inclinato che toglie ogni trucco. Poi si può dissentire in modo clamoroso, ma dissentire è uno degli effetti più benefici del giornalismo, mentre "consentire credendo che" è uno degli inganni più gravi. Io mi accorgo molto spesso, nelle e-mail che ricevo o anche nelle domande che mi sento fare nelle sezioni del Pd, quando vado a parlare in periferia o in provincia, che l’argomento parte da Porta a porta. Non parte dalla politica, dalla realtà, ma da Porta a porta. Insomma, in sintesi e per tornare alla tua domanda, Porta a porta è un esempio di trasmissione truccata molto potente che deriva in modo diretto dal conflitto di interessi.


CRNM: Dobbiamo quindi, considerare il fatto che le possibilità di intraprendere in Italia un percorso di giornalismo politico e culturale professionista siano oggi praticamente nulle. Trovare rifugio nella rete è spesso e volentieri l’unica alternativa praticabile per gran parte della nuova generazione culturale e intellettuale del nostro Paese…


F.C.: Il rifugio nella rete è cosa buona, ma è pur sempre un rifugio: paradossalmente conta poco in un mondo di para-notizie. La rete ha due caratteristiche, da una parte brulica di tutte le notizie possibili e quindi di una quantità di notizie vere ed attendibili, dall’altra brulica di un’infinità di altre notizie che non sono necessariamente vere né attendibili. Inoltre non esiste un filtro che possa guidare, se non esperienza politica, di diritto, cultura, riferimento a grandi quadri del passato che servano ad orientarti, insomma un notevole grado di sofisticazione che ti metta in grado di usare la rete in un certo senso come un grande repertorio della vita. La vita non fa che offrirti contraddizioni e inspiegabili fenomeni. Le persone più straordinarie sono quelle che si avventurano dentro le contraddizioni, dentro questi fenomeni inspiegabili ed escono con una risposta d’arte, di scienza o di organizzazione. Queste sono le persone che lasciano il segno, altrimenti l’affollamento delle notizie determina una foresta molto fitta e poco interpretabile. Io penso sempre al fatto che uno dei più grandi utenti della rete che conosca è Umberto Eco. Resta il fatto che Umberto Eco è identico a quando io lo conoscevo, dotato di decine e decine di scatole da scarpe piene di decine di migliaia di schede. Ricordo che in un periodo in cui giovanissimi abitavamo insieme per sostenere le spese di un’abitazione, il suo trasloco consisteva soprattutto nello spostare queste scatole da scarpe piene di schede annotate in calligrafia minutissima, e tante agendine in cui ogni evento era quotidianamente annotato. Ecco, lui aveva già il suo computer, anche se gli mancava l’ordinatore, la possibilità di toccare un tasto e far comparire esattamente ed immediatamente il risultato della ricerca. Si dà il caso che la sua memoria assolutamente fuori dall’umano lo mettesse nelle condizioni di dirigersi direttamente verso la scatola giusta e di estrarre nel punto giusto la scheda giusta, nel momento in cui ne aveva bisogno per una citazione. Quindi non so bene se il computer lo abbia semplicemente indotto ad una vita più distante o se non abbia fatto che rappresentare ciò che lui era già. Però ci vuole una bella statura per usare il computer come strumento culturale e come strumento di notizie, altrimenti si forma da una parte una foresta-rifugio, che però è un po’ fiabesca e assomiglia molto all’universo di Tolkien, e dall’altra si vive in un mondo di para-notizie, che è quello in cui stiamo vivendo noi, che è un mondo in cui le notizie non sono veramente i fatti ma sono la pastorizzazione dei fatti secondo l’ambientazione politico-culturale del momento, del tempo, del luogo e del leader. Queste para-notizie non si incontrano mai con le notizie del web, e allora assistiamo ad un altro uso della rete che è una sorta di continua e frenetica comunicazione.Quindi c’è uno scambio fremente e continuo di contatti che non si alza mai da un piano basso a un piano alto, ma che continua ad estendere un territorio disperatamente uguale.


CRNM: Alla fine, internet non è altro che uno strumento, che anzi potrebbe dimostrarsi più regressivo che progressivo ?


F.C.: Volendo fare una sorta di giudizio sintetico direi che è la condizione ideale per ambientare e rendere felici le intelligenze medie che vogliono sapere quantitativamente di più ma non hanno l’ansia e la disperazione di salire più in alto o di scendere più in profondo. Sembrerà strano che lo dica dopo aver nominato Umberto Eco ma è così, il web non ha nulla a che fare né con l’ansia di salire in alto, né con la lotta, la disperazione, il desiderio, il bisogno di scendere e di esplorare il profondo. La Rete dà a tutti i suoi terminali, a tutte le decine e centinaia di milioni di persone che la usano, come impiegati di una stessa azienda che mantiene tutti più o meno allo stesso livello, salvo la retribuzione. Insomma, non è uno spettacolo straordinario, a meno che non sia incartato dentro lo spettacolo per me indimenticabile della cerimonia di apertura delle Olimpiadi cinesi, che in fondo ci ha offerto una visualizzazione straordinaria del che cosa fa il computer. Vale la pena di vederlo o di ritrovarlo, quello spettacolo realizzato dal regista cinese Zhang Yimou, che è lo stesso autore di un film quasi identico che si intitola "La città proibita". Tutta la sigla di apertura dei Giochi olimpici di Pechino mostrava migliaia di persone, di cui quasi la metà bambini, che facevano gesti quasi identici, appena sfasati di frammenti di secondo, in modo da creare delle continuità e delle armonie che erano possibili soltanto attraverso una partecipazione di massa e una disciplina immensa. A me è sembrata una sorta di clamorosa profezia. Ecco, vorrei che chi può tornasse a vedersi tutta la sequenza dell'apertura dei Giochi olimpici di Pechino.


CRNM: Lei sa che personalmente credo che non vi possa essere una reale rivoluzione senza passare per il cuore e l'anima degli uomini. Come considera dunque il ruolo dell'arte, poesia, musica, ecc. All'interno di un qualsiasi movimento politico ?


F.C.: Immenso ma non misurabile. E il ruolo degli artisti è di essere artisti. La sinistra o la destra non sono una condizione dell'arte e non sono neanche un dato dell'arte. Basti pensare ad Ezra Pound, che è indiscutibilmente un grande poeta. Quindi la mia risposta è un sì incondizionato al contributo dell’arte, anche perché la misteriosità della poesia, come la misteriosità della musica, una volta che scatta e comincia ad esistere non sai dove ti porta, e non ha alcuna importanza se ti porta più vicino o più lontano da ciò che ti sembrano in quel momento certi ideali. È chiaro che probabilmente ti porterà sempre più verso un mondo che hai intuito, che hai amato, che hai intravisto, che hai visto nella nebbia, che hai intercettato da lontano, che ti ha agganciato in un momento di fantasia, di ragione o di cognizione. Però è la poesia che decide, come è la musica che decide. Sono strumenti immensamente più liberi. E quindi la risposta è: immenso, il contributo, ma non misurabile.

CRNM: Per cocludere, lei quali suggerimenti da su come operare, nel presente, una efficace e non autoreferenziale resistenza umanistica ed intellettuale? Come disobbedire?

F.C.: Ci sono due modi per disobbedire. Uno si sta espandendo nel mondo ed è il fuggire fuori dalla politica, invadere i parlamenti, sequestrare i manager, distruggere cose. Una sorta di luddismo contemporaneo che si sta diffondendo e che è facilissimo trasformare in notizia, trasformare in scandalo, così come è facilissimo giocare sulla paura e trasformarlo in strumento di potere. L'altro modo di disobbedire è invece quello che stiamo facendo tu ed io, con precisione insistita e continua. Anche le gocce contano.


CRNM: Grazie di tutto, ma sopratutto di aver trovato il tempo.


F.C.: Dopo quasi un'anno, devo ringraziare voi per la pazienza e la perseveranza. Siete il futuro, non deludeteci...

venerdì 17 aprile 2009

IL FUTURO A DEBITO



Cari Compagni e Compagne di vita, oggi vorrei lanciare una "provocazione terapeutica" tentando di analizzare non notizie ma fatti provati, reali. Per cercare di capire la situazione attuale per quella che è e soprattutto a pensare al futuro per quello che verosimilmente potrebbe essere. Non per quello che vorremmo o ci auguriamo che sarà.

Va da sé che la cosa implichi realismo assoluto. Ebbene, è - o dovrebbe - essere chiaro ormai a tutti che siamo arrivati al countdown finale. Qualcuno, sò per certo, bollerà quanto vado a scrivere come pessimismo cosmico e disfattismo. Lo trovo giusto, ognuno si crea le propie opinioni ed idee. Ma visto che sono convinto di fare unicamente opera di puro - e salutare - realismo, vi prego almeno di provare a seguirmi. Come sempre, ciò che mi interessa, sono le riflessioni che da questo mio caotico scrivere possono sorgere.

Globalizzazione, finaziarizzazione, tessuto industriale, perdita della sovranità monetaria, petrolio ed energie, ecosistema. Tutti ambiti collegati strettamente al fattore economico, come è inevitabile che sia, visto che al centro del nostro sistema di sviluppo, ormai in fase terminale, c’è proprio l’economia. Ed è al suo interno che si deve scrutare, come nella scatola nera di un aereo precipitato, per cercare di capire le cause che hanno portato allo stato attuale. Soprattutto per capire cosa non è lecito aspettarsi - ovvero in cosa è lecito non avere fiducia - al fine di prendere davvero coscienza della situazione.


Cannibale di se stesso.


Il nostro peccato originale è uno e uno solo, e si può riassumere così : sviluppo infinito in uno spazio finito.
È irritante, quasi inconcepibile, pensare a come tutto il nostro modello di sviluppo si fondi sulla responsabilità di chi ha basato i propri calcoli (e la sedicente "scienza" economica) su questo errore e ci ha portato allo stato attuale per non aver compreso (o peggio, tenuto nascosto) un assunto da prima elementare: dato uno spazio finito quanto potrà crescere al suo interno un contenuto?
Ancora di più è incredibile come si sia potuto nascondere a miliardi di persone una verità tanto elementare. E come tutti ci siamo fatti docilmente conquistare e ridurre in schiavitù senza ribellarci. Comprati - letteralmente - da promesse fasulle su un futuro impossibile: diventeremo tutti ricchissimi, bellissimi e immortali.

Cosa che ci introduce subito al primo tassello del mosaico. Ovvero la globalizzazione. Partiamo da oggi e andiamo rapidamente a ritroso: oggi dobbiamo consumare per poter lavorare. Una volta era il contrario: si lavorava per poter consumare, ovvero per vivere. Non solo: oggi lavoriamo anche per coprire dei debiti di varia natura.

La voracità del mercato e della natura intrinseca del sistema stesso ci ha imposto di consumare sempre di più, anche oltre le nostre possibilità.

Questa infatti è stata una crisi di sovrapproduzione fin dall’inizio, anche quando la volevamo mascherare come una crisi di carattere finanziario, quando cioè le banche americane prestavano dei soldi per comprare delle case a persone che non avrebbero potuto restituirle e che facevano in questa maniera, sostenevano l’industria dell’edilizia, consentivano di continuare a produrre al di là di quello che il mercato era in grado di assorbire, era una maniera semplicemente di ritardare la crisi di carattere di sovrapproduzione che stava esplodendo.

Entrambi gli aspetti della crisi, sia quello economico – finanziario, occupazionale, sia quello ambientale sono dovuti al meccanismo della crescita economica, al fatto che l’economia ha come scopo quello di produrre, ogni anno, quantità sempre maggiori di merci e quindi consuma quantità sempre maggiori di risorse e quindi produce quantità sempre maggiori di rifiuti e quindi mette sul mercato quantità sempre maggiori di merci che non si riescono più ad assorbire, perché tutti quanti abbiamo delle case strapiene di oggetti che potremmo anche per anni non comprare più e continuare ad avere ciò di cui abbiamo bisogno.

C’è una pericolosa illusione in questo momento che si possa uscire dalla crisi rimettendo in moto l’economia con il rilancio della domanda e delle produzioni tradizionali, in particolare l’edilizia e l’automobile. Questa maniera che è quello che stanno facendo oggi, non ha via d’uscita, non ha possibilità di realizzazione per due ragioni: 1) perché i mercati dell’automobile e dell’edilizia sono più che saturi, abbiamo moltissime case vuote, abbiamo delle automobili che non sappiamo più dove mettere e il traffico nelle città è un traffico ormai impossibile; 2) perché non soltanto il mercato di questi prodotti sono saturi, ma sono prodotti estremamente energivori, noi siamo abituati a pensare che l’automobile è energivora perché consuma delle benzina, non siamo abituati a pensare che gli edifici, le case sono energivori e sono più energivori delle automobili, perché soltanto per il riscaldamento in 5 mesi il nostro patrimonio edilizio consuma tanta energia quanto consuma tutto il parco delle automobili e dei camion nel corso di un anno.


E dunque ricorrendo ai debiti che possiamo illuderci di continuare ad avanzare. Debiti che sono principalmente di due ordini: economici ed ecologici, o meglio, ecocompatibili.


Nella fase attuale ci troviamo nella situazione di chi ha speso molto più di quanto ha guadagnato e ha contratto talmente tanti debiti da non poter spendere nulla di più e anzi, da essere costretto a lavorare come uno schiavo solo per fare fronte ai debiti da saldare. E il conto è salato. Tanto salato da rendere impossibile che si arrivi ad estinguerlo.


Ma fino a quando potremo continuare a fare debiti, il sistema continuerà a promuovere l'illusione che tutto funziona, da qui che quando le banche decidono di chiudere il rubinetto dei crediti, il sistema si blocca e comincia la crisi.


Risorse in debito.


È iniziato il conto alla rovescia riguardo l'energia. Il petrolio, materia prima che ha permesso l'espansione del capitalismo industriale, sta finendo. Malgrado le poche scoperte annuali di nuovi giacimenti, e malgrado le guerre di conquista dei territori che ne contengono in maggiore misura, la curva di produttività sta rapidamente scemando. Stiamo raggiungendo, peraltro, la curva di rendimento. In parole molto semplici: tra poco per ogni barile di petrolio estratto dovremo impiegarne un altro per estrarlo.

Per mantenere l'illusione qualcuno ipotizza di iniziare a depredare nuovi giacimenti di carbone. Qualcuno sostiene il nucleare. Qualcuno addirittura l'idrogeno.


Prima mistificazione: l'idrogeno è una fonte di energia. Sbagliato. L'idrogeno è un vettore di energia. È un elemento che non esiste allo stato naturale. Per procurasi l'idrogeno si deve ricorrere ad altre fonti di energia. Vero è che una volta bruciato (calore o conversione energetica) si produce come scoria solo innocuo vapore acqueo, ma il problema è a monte: per estrarlo e lavorarlo si devono usare processi chimici ed elettrolisi. E dunque elettricità. E siamo da capo. L'energia necessaria per produrlo è superiore a quella che si ottiene a processo finito. Per lo meno in questo momento.

La via d'uscita non è nemmeno nel nucleare, che è una tecnologia incompleta, visto che produce scorie dannosissime per le quali ancora oggi non è stato trovato un sistema di smaltimento sicuro e definitivo oltre al problema dell’uranio, che anch’esso, prima o poi finirà. Stesso dicasi per altri fonti energetiche che bruciano qualcosa (carbone, legno,rifiuti...) e che immettono nell’aria altri rifiuti.

L'unica prospettiva realistica pertanto è quella di consumare meno energia. Ovvero di usare quella che non produce scorie (sole, vento) ma a patto di tenere bene a mente che questo tipo di energia non sarà mai sufficiente a mantenere il consumo attuale. Il che significa averne a disposizione molta meno di quella che abbiamo utilizzato sino a ora depredando la terra, inquinando le nostre vite e modificando il nostro pianeta. Dunque, si tratterà di cambiare sensibilmente il proprio stile di vita. E di fare i conti con chi, pur di non modificarlo, continuerà a uccidere la terra e il futuro dei nostri figli.


Industria al limite.


È iniziato il conto alla rovescia anche del tessuto industriale, soprattutto di quello invischiato nel gioco globale ( le grandi aziende per intenderci.). E non solo per i motivi energetici che abbiamo visto. Ma anche per altri due motivi: da una parte il fatto che la merce ha saturato le umane possibilità di accumulo e acquisto; dall'altra parte per il fatto che qualunque Paese, perdendo posti di lavoro in seguito alla delocalizzazione delle aziende verso mercati con un costo del lavoro più basso e nessuna regola contrattuale, non è più in grado di consumare, né di fare debiti per continuare a farlo.

Con una popolazione impoverita, fiaccata da precariato e disoccupazione, schiacciata dai debiti già contratti e senza possibilità di farne altri, come si può sperare in una ripresa industriale?

L'errore delle aziende è stato proprio quello di non comprendere che la delocalizzazione ha permesso sì a loro di ridurre i costi e massimizzare i profitti sul breve termine, ma allo stesso tempo ha ridotto le possibilità di acquisto (ovvero il denaro che i lavoratori erano in grado di spendere dopo averlo guadagnato) di chi poi avrebbe dovuto comperare. Produrre altrove e ridurre la forza lavoro in Italia ha contribuito a bloccare il circuito, falcidiando la capacità di acquisto proprio nello stesso luogo in cui la merce prodotta altrove tornava per essere venduta. Senza considerare la provenienza indiscriminata di altri prodotti da parte di altri Paesi (vedi la Cina), a costo ancora più basso.

Con lo sfruttamento assoluto del presente si è finito col bruciare tutto il futuro possibile.


Ora, realisticamente, con una popolazione impoverita, fiaccata dal precariato e dalla disoccupazione, con debiti economici già contratti e dunque nessuna possibilità di acquisto, come è possibile sperare in una ripresa del tessuto industriale? Chi comprerà cosa? E con quali soldi?


L'illusione.


Sapete cosa può - temporaneamente - fare finta di salvarci? Un'altra bolla. Un'altra speculazione. Un altro spostamento in là grazie ai debiti o a nuove forme di debito.I padroni del mercato globale faranno di tutto per inventarsele. E i media ufficiali, che ai signori sono collegati, faranno di tutto per non raccontare le cose come stanno e per coprire per l'ennesima volta lo stupro sistematico dei cittadini.Aspettare una nuova bolla - sia pure senza considerare quanto abbiamo detto in merito al petrolio, all'energia e ai problemi ecologici dietro l'angolo - equivale però a dire che non si tratta di un salvataggio. Ma di uno spostamento nel tempo dello schianto. Una dilazione che non farebbe altro che peggiorare la situazione, peraltro. Caricando le generazioni - attenzione: non quelle che sopravverranno tra qualche secolo, ma già quella attuale e quelle immediatamente successive - del conto che nel frattempo si sarà gonfiato ancora di più a dismisura.


Cosa aspettarsi? Immaginatelo voi stessi. Con un suggerimento di metodo, però: seguite la logica e il ragionamento. Pensate a cosa può accadere, non a cosa vorreste che accadesse. Tanto meno a cosa ci dicono che accadrà. Insomma, ragionate con la vostra testa e non fatevi abbindolare dai richiami di politica e media: esattamente quei richiami che hanno portato (per molti inconsapevolmente, per altri colpevolmente) allo stato attuale delle cose. La prossima volta proveremo a ipotizzare il momento zero. Perché ci aspetta e va pertanto affrontato. Con forza, onore e dignità. Certo, cambiando sensibilmente le proprie abitudini. Nel prossimo post proverò ad ipotizzare qualche azione da intraprendere - e da subito - per non farci trovare del tutto impreparati nel momento in cui i processi che abbiamo delineato arriveranno a compimento.


Per adesso un abrazo e buon venerdì a tutti.

IL SILENZIO È DEI COLPEVOLI


La parola e` l’archetipo dal quale in ogni religione, la creazione prende origine.
L’essere umano e` la sola specie dotata di parola, siamo gli unici dunque, in grado di comprendere la creazione.

L’unione di molteplici punti di vista, la libera comunione d’idee ed esperienze sono per me, il solo sistema che possediamo per progredire com’esseri viventi. Questa è una delle ragioni che mi portano a scrivere. Perché la scrittura a differenza delle volatili parole, permane.
Non sono uno scrittore, non possiedo, infatti, l’arte del dire per iscritto. Da sempre pero` traccio segni indelebili, per raccontarmi e raccontare. Questo mi rende un semplice, artigiano di parole.

Quello che segue non ha altro valore oltre a quello che vorrete attribuirgli. Non vi sono verità assolute, ma opinioni che vi possono offrire alternativi punti di vista. Il mio unico auspicio è che possiate riflettere, così come ho fatto io, sulle molteplici cose che la vita mi ha portato a conoscere.