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giovedì 29 novembre 2007

MADE IN USA


Scrive Igor Fiatti, collaboratore dell’Associated Press: «Camp Bondsteel, la più grande base americana costruita all’estero dai tempi del Vietnam, è quasi stata completata nella provincia jugoslava del Kosovo. È localizzata vicino a oleodotti e corridoi energetici di vitale importanza, al momento ancora in costruzione, come ad esempio l’oleodotto transbalcanico, sponsorizzato dagli Stati Uniti. Grazie al coinvolgimento nella costruzione della base alcune società appaltatrici del ministero della Difesa, come ad esempio la «Brown and Root Services» (Società affiliata della compagnia petrolifera «Halliburton Oil»), stanno guadagnando una fortuna. «Secondo Alvaro Gil Robles, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Camp Bondsteel sarebbe anche stato utilizzato come «sito nero» della Cia per le così dette extraordinary renditions, esportazione di pratiche di tortura nei confronti di presunti terroristi.Forse più grave del fatto in sé, che può essere variamente valutato, è il silenzio che lo circonda, in tutto l’Occidente (le fonti di Fiatti sono una rivista specializzata per ingegneri americani e due articoli di Le Monde, pubblicati il 25 e 26 novembre 2005) ma soprattutto in Italia, che non consente un dibattito informato sui destini di quella parte dell’ex Jugoslavia che a suo tempo provocò un intervento militare della Nato e che nelle prossime settimane potrebbe determinare un’ennesima crisi internazionale.Se l’esistenza di un’importante base militare americana, strategicamente collocata, spiega l’insistenza di Washington su un’indipendenza più o meno incondizionata (su ciò ancora si negozia) del Kosovo, è altrettanto rilevante sottolineare come quello Stato in fieri, malgrado la presenza di un contingente militare della Nato (2000 soldati sono italiani, con un ulteriore battaglione in preparazione come rivelato da l’Unità, 23 novembre) sia in balia della criminalizzata, della droga e del nazionalismo più estremo. Dopo la sua morte e quanto di partecipazione democratica aveva costruito Ibrahim Rugova, resta partito di maggioranza relativa quello di Hashimi Thaci, a suo tempo leader dell’Uck, incoronato freedom fighter da Madeline Albright, con rapporti con la perdurante violenza nei confronti della minoranza serba che sarebbe generoso definire ambigui.Che fare, alla vigilia delle decisioni (o delle non decisioni, perché la Russia sembra decisa ad esercitare il proprio diritto di veto nei confronti di ogni ipotesi di indipendenza) del Consiglio di sicurezza dell’Onu? Innanzitutto occorre mettere sul tavolo della diplomazia e dell’opinione pubblica tutto ciò che è stato trascurato o volutamente occultata: gli interessi strategici americani (ma sono soltanto americani), la violenza nei confronti della minoranza serba, la natura criminosa della situazione di fatto attuale. In tal modo si può rendere più difficile una dichiarazione unilaterale di indipendenza, magari suffragata da un riconoscimento da parte di Washington e di alcune capitali di un’Europa ancora divisa. Poi occorrerà ridiscutere il "piano Ahtisaari", magari rafforzato nelle sue garanzie nei confronti della minoranza serba, come del resto sta avvenendo in questi giorni. È particolarmente importante che Londra, sotto la nuova leadership di Gordon Brown, cessi di agire come la mosca cocchiera dell’alleato americano e si renda disponibile a una mediazione europea, anche nei confronti di Belgrado. Perché di territorio europeo si tratta ed è l’Unione Europea soltanto a disporre delle carote necessarie per placare gli animi nei Balcani (ammissione nell’Ue e conseguente sviluppo economico).

martedì 20 novembre 2007

E IO PAGO.....


CARI COMPAGNI, FACCIAMOCI DUE CONTI IN TASCA…..PER VEDERE SE OLTRE AL GRANDISSIMO TOTÒ ANCHE NOI…PAGHIAMO.




Gli stipendi non vanno. I prezzi, purtroppo, invece sì. E a rimetterci, lungo questa corsa impari, sono soprattutto impiegati e operai, che negli ultimi anni hanno visto le proprie finanze alleggerirsi di un peso che vale, in un anno, quasi duemila euro. I calcoli sono quelli dell’ultima indagine dell’Ires-Cgil ("I salari dal 2002 al 2007") presentata oggi a Roma. Secondo gli autori della ricerca, tra il 2002 e il 2007 chi aveva una retribuzione di fatto pari a 24.890 euro ha subito una perdita complessiva pari a 1.896 euro. Di questi, 1.210 euro sono dovuti alla diversa dinamica tra inflazione e retribuzioni mentre 686 euro sono imputabili alla mancata restituzione del fiscal drag (vedi tabella). Lo scenario del declino degli stipendi non può lasciare indifferenti. "Serve una nuova politica dei redditi - ha detto il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani a margine della presentazione del rapporto - che affronti il problema della crescita bassa, dei salari bassi e della produttivià bassa. E' auspicabile che da gennaio, visto che si parla di riforme, sia elettorali che istituzionali, un capitolo sia dedicato a questo fondamentale tema". Se si guarda ai nuclei familiari si scopre che le cose sono andate ancora peggio e che, in questi anni, si è assistita ad una divaricazione della forbice tra chi ha più e chi ha meno. "La perdita di potere d’acquisto dei redditi della famiglie di operai e impiegati – dice Agostino Megale, presidente dell’Ires – si contrappone ad una crescita del potere d’acquisto delle famiglie degli imprenditori e dei liberi professionisti. Con le manovre fiscali del centro destra si è registrato un ulteriore allargamento della forbice a sfavore dei bassi redditi". In termini di dati si ritrova che il potere d’acquisto dei redditi familiari di imprenditori e liberi professionisti è cresciuto di 11.984 euro mentre quello degli impiegati è diminuito di 3.047 euro e quello degli operai di 2.592 euro. Oggi, dicono quelli dell'Ires, oltre quattordici milioni di lavoratori guadagnano meno di 1.300 euro al mese e di questi circa 7,3 milioni non superano neppure i mille euro al mese. Tra gli impiegati generici, solo l'11,9 per cento guadagna più di mille e trecento euro. Il 13,2 sta sotto gli 800 euro, il 15 per cento guadagna meno di mille euro e il 24,9 per cento tra 800 e mille euro. Simili percentuali per gli operai specializzati. Quanto agli impiegati di concetto solo il 24,3 per cento supera i 1.300 euro mensili. La modesta crescita delle retribuzioni, secondo gli autori dell’indagine, è da imputare allo scarto tra l’inflazione programmata (utilizzata per rinnovare la parte economica dei contratti) e l’inflazione attesa ed effettiva, i ritardi registrati nel rinnovo dei contratti e l’inadeguata retribuzione della produttività attraverso la contrattazione di secondo livello. Se si guarda poi all'età delle diverse componenti della forza lavoro, si scopre che sono ancora i giovani a portare il peso più gravoso. Tutti ancora sotto i novecento euro al mese. Tutti quasi sulla soglia della povertà. Secondo i dati presentati oggi un apprendista con meno di 24 anni guadagna al mese solo 736,85 euro, un collaboratore occasionale arriva a 768,80 euro mentre un co.co.pro o un co.co.co si deve accontentare di 899 euro. Dalle rilevazioni Istat, ricordano quelli dell’Ires, si ricava poi l’evidenza che il 13,7 per cento dei giovani (tra 18 e 34 anni) sono poveri. La situazione diventa ancor più gravosa se il giovane vive in coppia con tre o più figli: in questo caso sono poveri il 45,8 per cento. L'inadeguato incremento retributivo è anche imputabile alla lenta crescita della produttività della nostra economia che dal 1998 al 2007 è cresciuta di poco meno del 3 per cento mentre in Germania si sono registrati valori intonro all'8,5 per cento, nel Regno Unito pari al 20 per cento e negli Usa hanno addirittura toccato punte del 25 per cento.

SI VIS PACEM PARA BELLUM



Perpetual war for perpetual peace. Ossia, la guerra infinita, come quella in corso nel Medio Oriente. Nella guerra infinita nessuna sconfitta appare definitiva: il Bush sconfitto in Iraq può essere vincitore in Afghanistan dove la partita è aperta o in Iran dove la guerra è già cominciata senza dichiarazioni ufficiali. Che cos' è la guerra infinita che riempie le nostre televisioni, i nostri giornali, le nostre perpetue angosce? Come può durare senza soste? Come è possibile che i potenti la alimentino di continuo? Una delle ragioni per cui esistono queste guerre infinite è la scomparsa in molti paesi, negli Stati Uniti in particolare, della leva militare obbligatoria. Nella Seconda guerra mondiale, quando c'era la leva obbligatoria, il soldato lo facevano tutti e proprio per questo si arrivò a una pace che durò più di mezzo secolo. Furono gli Stati Uniti d'America a capire per primi che la guerra di tutti non era più possibile, che i giovani ricchi piuttosto di fare la guerra del Vietnam preferivano disertare in Canada o in Sudamerica. Allora finì l'esercito di leva e si arrivò all'esercito di mestiere: ufficiali istruiti e bianchi, truppa ignorante e di colore, cioè i poveracci in gran parte neri che per campare dovevano arruolarsi. Di costoro vivi o morti che siano ci si può occupare come carne da cannone. Se uno dei poveracci muore al Pentagono non si disturbano, mandano un telegramma alla famiglia e consegnano il cadavere a domicilio. La guerra infinita può continuare anche nella ricca America: la riserva di poveri che devono in qualche modo campare è senza fine. La guerra senza fine è possibile, anzi necessaria, perché l'impero ne ha fatto una parte integrante della sua economia: i 150 mila soldati mandati in Iraq, a cui aggiungere i 70 mila contractors, i mercenari che sostituiscono i soldati a stipendio di compagnie private come la gigantesca Halliburton del vicepresidente Dick Cheney, sono costati alla nazione americana una montagna di miliardi finiti per la maggior parte nelle tasche dei ricchi che giustamente considerano la guerra infinita il migliore e più sicuro degli investimenti. La guerra infinita è possibile perché infinita è la lotta per la sopravvivenza economica. Il presidente americano George Bush ha fatto guerra all'Iraq non perché Saddam Hussein era un dittatore feroce, non per esportare la democrazia, ma perché era in gioco il fondamento dell'impero, cioè l'indissolubile binomio del controllo del petrolio e della supremazia del dollaro. L'Inghilterra ha appena costruito una nuova potentissima flotta, la Russia vuol tornare minacciosa come ai tempi di Stalin. Persino i tedeschi hanno rimandato nel mar del Libano le loro navi da guerra e i cinesi tengono pronto un esercito di un milione e mezzo di uomini. La guerra infinita piace a tutti, non c'è piccolo paese che non spenda buona parte delle sue risorse nel commercio delle armi.

CHI HA PAURA DELL'UOMO NERO ?


LA GUERRA INFINITA E LA PAURA INFINITA SONO LE DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA, LA PRIMA VIENE RIVOLTA SEMPRE FUORI DAL PROPIO STATO, LA SECONDA È RIVOLTA SEMPRE VERSO L'INTERNO, L'OBIETTIVO SIAMO NOI CITTADINI. CI FANNO LA GUERRA ATTRAVERSO LA PAURA STRAVOLGENDO LA NOSTRA RELAZIONE CON LA REALTÀ E PORTANDOCI INEVITABILMENTE ALL'ALIENAZIONE VERSO GLI ALTRI E TROPPO SPESSO ANCHE VERSO NOI STESSI.




«Odio e sospetto alimentano generalizzazioni - si legge nel manifesto -: tutti i rumeni sono rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i ladri e gli assassini devono essere espulsi dall'Italia. Politici vecchi e nuovi, di destra e di sinistra, gareggiano a chi urla più forte, denunciando l'emergenza. Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalità (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli più bassi dell'ultimo ventennio, mentre sono in forte crescita i reati commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto Eures-Ansa 2005, L'omicidio volontario in Italia e l'indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci la vittima è una donna; più di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il responsabile di aggressione fisica o stupro è sette volte su dieci il marito o il compagno: la famiglia uccide più della mafia, le strade sono spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto».

Il rischio è enorme: «Si sta sperimentando la costruzione del nemico assoluto, come con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, in nome di una politica che promette sicurezza in cambio della rinuncia ai principi di libertà, dignità e civiltà; che rende indistinguibili responsabilità individuali e collettive, effetti e cause, mali e rimedi. Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte dell'intolleranza il triangolo nero degli asociali, il marchio d'infamia che i nazisti applicavano agli abiti dei rom».

venerdì 16 novembre 2007

LUTTO



CARI COMPAGNI MI SCRIVE ANGELA DELLA PIATTAFORMA "VERITÀ PER ALDO" E SE DEVO ESSERE VERAMENTE SINCERO, MI VIENE DA PIANGERE. PERCHÈ ALDO SONO IO. QUELLO CHE È SUCCESSO A LUI POTEVA SUCCEDERE A ME E PER LE STESSE RAGIONI. COLTIVARE UN PIANTA CHE DA MILLENNI È DI USO COMUNE IN TUTTO IL PIANETA, L'HO FATTO ANCHE IO E NON ABASSARE LA TESTA DI FRONTE ALLA VIOLENZA E ALL'ARROGANZA È UN MIO LATO CARATTERIALE CHE MI HA PORTATO A PRENDERMI PIÙ DI UNO SCHIAFFO NEL CORSO DELLA MIA VITA.
IMMAGINO, PENSO, A QUELL'UOMO IN CELLA DI ISOLAMENTO, SAPENDO CHE È UNA INGIUSTIZIA PER LUI TROVARSI LI IN QUEL MOMENTO, LO SCHERNO, LE BEFFE DELLE GUARDIE, LA SUA RISPOSTA DURA, ORGOGLIOSA, INNOCENTE, I PRIMI COLPI, SORDI, DURI, FORTI, IL SANGUE, IL DOLORE, L'AGONIA, POI IL BUIO, IL SILENZIO.

LA MORTE.


Aldo Bianzino e la sua compagna Roberta il 12 ottobre sono stati arrestai con l’accusa di possedere e coltivare alcune piante di marijuana. Trasferiti il giorno dopo al carcere di Capanne, sono separati. Roberta condotta in cella con altre donne, Aldo, in isolamento.
Da quel momento Roberta non vedrà più il suo compagno lasciato in buone condizioni di salute. La mattina seguente, domenica 14 ottobre alle 8,15, la polizia penitenziaria entrata nella cella, trova Aldo agonizzante che poco dopo muore.
Immediatamente la ex moglie, la compagna, i figli e gli amici si mobilitano per fare chiarezza su questa ingiusta morte chiedendo verità e giustizia perchè di carcere non si può morire!
Di fatto dopo un goffo tentativo di insabbiamento da parte delle autorità carcerarie (le prime indiscrezioni psulle cause della sulla morte si riferivano ad un improbabile infarto) famiglia e amici vengono a sapere che dall’autopsia risulta che Aldo è stato vittima di un vero e proprio pestaggio, il corpo infatti presentava una frattura alle costole, gravi lesioni al fegato, alla milza e al cervello.
Aldo Bianzino è morto ormai da più di due settimane.
Il silenzio delle istituzioni e dei rappresentanti della politica, dei cosiddetti garanti della nostra sicurezza sociale è assordante.
Indaffarati a sperimentare modelli di governance escludenti, a scagliarsi contro ambulanti, lavavetri, vagabondi, non hanno trovato, non stanno trovando, non trovano il tempo per superare l’alone di impunità, per denunciare chi umilia le persone sotto custodia, infligge sofferenze fisiche e psichiche ai detenuti, uccide.
E' tempo per noi di prendere posizione, spazio e voce.
Di raccontare. Di mantenere viva la memoria collettiva. Di evitare pericolosi insabbiamenti e difendere le nostre esistenze e le nostre pratiche identitarie da abusi, repressioni e pestaggi, "venduti"come atti di legalità.
Di resistere alla criminalizzazione degli stili di vita, alla violenza dell’intolleranza, all’esercizio arbitrario dei poteri di repressione e di controllo, alla manipolazione dell’informazione.
E’ tempo di agire, di porre interrogativi a chiunque desideri verità e giustizia per Aldo Bianzino, Giuseppe Ales, Federico Aldrovandi, Alberto Mercuriali. Marcello Lonzi.
E’ tempo di reclamare la scarcerazione immediata dei 5 ragazzi di Spoleto, vittime di una perversa applicazione del 270bis, strumento di controllo e intimidazione preventiva utilizzato ormai per sedare qualunque forma di dissenso.
E Aldo è morto. Come? Perchè? Chi è Stato?
L’accusa è di omissione di soccorso per i poliziotti incaricati di sorvegliare i detenuti quella notte.
Vogliamo chiarezza sui lati oscuri di questa vicenda.
Vogliamo che la responsabilità della morte di Aldo sia assunta colettivamente, non sia attribuita solo all’istituto penitenziario ma al suo sistema carcerario.
E’ tempo di costituirci in comitato per la verità su Aldo, Giuseppe Ales, Federico Aldrovandi, Alberto Mercuriali, Marcello Lonzi di ottenere verità e giustizia sugli omicidi di stato, di abrogare la legge Fini-Giovanardi e reclamare la fine di ogni proibizionismo, di contrastare e opporci ad una società che sempre meno tollera qualsiasi espressione fuori dalla norma, di farci carico delle sorti dei processi per il g8 di Genova rispondendo ai pruriti vendicativi del potere con una manifestazione nazionale che contrasti e interrompa la costruzione di processi di oblio e rimozione collettiva. Perchè non ci fidiamo di uno Stato che processa se stesso e che alla fine finisce sempre per autoassolversi o al massimo nel trovare un capro espiatorio che paghi al posto di un sistema che rende normale la violenza istituzionale e la tortura: quando la tortura non è reato il carcere uccide!

mercoledì 14 novembre 2007

CHE FREDDO CHE FA....


CARISSIMI COMPAGNI, PUBBLICO PARTE DELL'INTERVISTA PUBBLICATA SULL'UNITA A ROBERT AMSTERDAM AVVOCATO DI KHODORKOWSKY, EX MAGNATE DEL PETROLIO RUSSO. LO FACCIO PER DUE MOTIVI:
IL PRIMO E PER RICORDARVI ( OGNI VOLTA CHE ACCENDETE IL RISCALDAMENTO ) DA DOVE VIENE IL GAS CHE STATE USANDO E LE IMPLICAZIONI CHE A QUEL GAS SONO LEGATE.
IL SECONDO E PER FARVI RIFLETTERE SUL FATTO CHE BERLUSCONI, A QUANTO PARE, NON È L'UNICO CON CUI PUTIN VA A COLAZIONE.

Credo che il fatto che Prodi si sia impegnato con l’Eni in accordi sporchi con la Russia accresca la sensazione di impunità del signor Putin e mette seriamente in pericolo la vita del mio cliente». Robert Amsterdam è il legale di Mikhail Khodorkowsky, un tempo rampante proprietario del gigante privato del petrolio russo Yukos, oggi una pallida figura dietro alle sbarre di un campo di lavoro in Siberia, mentre è svanita la speranza che potesse essere rilasciato per buona condotta, oggi che ha già scontato metà degli 8 anni che gli sono stati inflitti per frode fiscale. Lui in carcere, la Yukos è stata fagocitata in casa e fuori: gli «accordi sporchi» a cui si riferisce Amsterdam sono l’acquisizione da parte dell’Eni di una fetta delle spoglie della Yukos, dopo il fallimento della società pilotato dal Cremlino sotto la copertura del processo. «Eni è la sola grande società straniera che abbia partecipato al banchetto - dice Amsterdam - e l’ha fatto per conto di Gazprom». L’accordo che è stato completato l’estate scorsa garantisce all’azienda italiana la fornitura di gas direttamente da Gazprom di qui al 2035 e la partecipazione ai processi industriali a monte in Russia. Ma per Robert Amsterdam è stata una resa: «Invece di far valere in Russia i valori europei e il rispetto della legge, sta succedendo il contrario: è la Russia che sta esportando il suo modello e i suoi valori criminali in Italia e in Europa. E questo è un pericolo non solo per Khodorkowsky ma per tutti noi».
Che cosa intende dire?
«Non c’è niente di legale in tutto ciò. Un giorno Prodi, l’Eni e quanti hanno stretto accordi ai danni della Yukos potrebbero trovarsi in una posizione molto scomoda. Oggi c’è una questione formale molto importante e cioè stabilire se Yukos esista o meno dal punto di vista della legge internazionale. Beh, la Yukos esiste ancora perché è stata rubata illegalmente dal governo russo: è un argomento molto serio per il futuro. La più alta Corte svizzera recentemente ha respinto la rogatoria russa per acquisire documenti sulla Yukos necessari ad un secondo processo contro Khodorkowsky. E l’ha fatto usando un’inusitata durezza di modi».
La Corte svizzera ha parlato di "processo politico e discriminatorio", di «strumentalizzazione di procedure criminali a scopo intimidatorio». Ma è difficile per l’Italia criticare il paese dal quale dipende per le sue risorse energetiche.
«È solo questione di coraggio, le alternative ci sono. Ad esempio in Nord-Africa. Invece è stata scelta la soluzione più facile e più economica. Quello che l’Italia non sembra capire è che l’accordo Eni-Gazprom è un accordo contro l’Europa. In cambio di una parvenza di sicurezza energetica».
Anche altri paesi europei hanno stretto accordi bilaterali, come la Germania.
«Certo, ma Eni è il più grosso partner di Gazprom».
Vi aspettavate che Khodorkowsky non sarebbe stato scarcerato?
«Non ero affatto ottimista e non lo sono per il futuro».
Come ha reagito Khodorkowsky?
«Che cosa può fare? Sa che è un prigioniero politico e ora deve affrontare un nuovo processo. Finiranno per spedirlo in qualche prigione ancora più sperduta. E magari lo uccideranno».
Perché questo accanimento? Dopo aver perduto la Yukos, Khodorkowsky è teoricamente un signor nessuno in un paese forte, con un uomo forte alle redini.
«Non è così. È molto conosciuto e apprezzato in Russia. Quello che in Italia sembrate non capire è che la Russia è una grande repubblica delle banane. L’insicurezza è ai massimi livelli, c’è uno scontro fortissimo all’interno del Cremlino, ci sono morti. E questo in parte ha a che fare con il fatto che hanno rubato un sacco di denaro e ora si pone un problema di legittimità. Putin è esattamente il contrario di un uomo forte, lui stesso non sa bene ora che cosa fare, perché di fatto la Costituzione non c’è più. Se fosse forte davvero avrebbe il coraggio di affrontare gli elettori ad armi pari, non avrebbe soppresso la stampa libera, consentito che uccidessero i giornalisti scomodi, attaccato gli oppositori politici, spedito in carcere uno come Khodorkowsky. Le elezioni sono una farsa assoluta. La verità è che la Russia sta tornando all’epoca del partito unico e l’unica cosa di cui davvero non ha bisogno è l’impunità».

martedì 13 novembre 2007

ITALIA VANDALICA


COME SEMPRE RIMANGO ESTREMAMENTE IMPRESSIONATO QUANDO TELEVISIONI E GIORNALI ESTERI FANNO ECO A TRAGEDIE ITALIANE, E DEVO AMMETTERE, CON UN CERTO ORGOGLIO, CHE NELLE ULTIME SETTIMANE SIAMO STATI ( COME NAZIONE ) AL CENTRO DI NUMEROSISSIMI ARTICOLI E POLEMICHE. PARTENDO DAL CASO ROM CHE È COSTATA A PRODI LA PRIMA PAGINA DEL NEW YORK TIMES ARRIVANDO ALLA PICCOLA RIVOLUZIONE DEI TIFOSI DI QUESTA DOMENICA.
COME DICEVO, È MERAVIGLIOSO DA EMIGRATO QUALE SONO ACCENDERE LA TELEVISIONE IN SPAGNA E SENTIRE SEMPRE PARLARE D' ITALIA.
NOTO VERAMENTE UNA RINASCITA IN ME DI QUELLA SENSAZIONE DI AMOR PATRIO CHE PENSAVO DI AVER PERDUTO PER SEMPRE.
PER QUESTO RINGRAZIO TUTTI GLI ITALIANI RIMASTI IN ITALIA, CHE CON GRANDE SFORZO E PASSIONE STANNO FACENDO SAPERE AL MONDO CHE GRANDE PAESE È IL NOSTRO.
La verità è che la gente stà male.
Non vi è altra spiegazione ma il vero problema è che non c'è soluzione, non in vista almeno.
La verità è che un polizziotto a ucciso un ragazzo.
Che sia stato un incidente o meno, non interessa in questa sede.
La cosa importante è stata la reazione.
E la reazione non si sposava con la causa.
Un poliziotto uccide un ragazzo. E ? È una disgrazia senza dubbio. Ma ?
Ma quel ragazzo era un tifoso.
Un poliziotto uccide un tifoso.
Allora si che i tifosi si sentono chiamati in causa.
Però quel ragazzo non era solo un tifoso era anche un operaio, un figlio, un fratello, un amante, un giocatore di tennis.
Ma di domenica a quanto pare conta solo l'essere tifosi.
Domenica infatti non abbiamo visto i fratelli d'italia assaltare due caserme di polizia o gli operai, o i giocatori di tennis. Abbiamo visto i tifosi, tutti i tifosi.
Mi tornano in mente le parole del ex sindaco di N.Y Giuliani quando definiva la polizia la banda delle bande. Perchè questo è successo domenica in Italia.
Si sono scontrate due bande ( come ogni giorno nel bronx di Giuliani) a causa di un omicidio/miccia. Ed esattamente come bande di strada si sono comportati.
Tu uccidi uno di noi e noi ne facciamo fuori 10 dei tuoi.
Guerra tra bande.
Le tifoserie si sono unite, Romanisti e Laziali a braccietto non si erano mai visti in italia, domenica si.
Sono stati perfetti e non ci hanno lasciato dubbi.
Quelli di domenica non erano tifosi, ma una banda a tutti gli effetti, nuovi vandali di una vecchia Italia.
Resta da capire, cosa centrino questi Vandali con il calcio.

venerdì 9 novembre 2007

ZINGARI, ZIGANI, GITANI....


DI SEGUITO PUBBLICO UNA LETTERA DI ELISA, SU UNO DEI MOLTEPLICI PROBLEMI LEGATI ALLE ETNIE DI CUI SOPRA. TRA TUTTI MI SEMBRA IL PROBLEMA PIÙ URGENTE DA RISOLVERE O QUANTO MENO DA CHIARIRE...


Il termine zingari, o zigani, o gitani (dall’ungherese Cigány) è usato per indicare varie etnie. Quelli che vengono chiamati zingari comprendono sia un insieme di popolazioni parlanti lingue di origine indiana che un insieme di popolazioni parlanti lingue di altra origine. Questi due grandi insiemi condividono caratteristiche di vita, segnate per esempio dal nomadismo in certe regioni d’Europa, e da altri tratti culturali in altre regioni. Contrariamente alla credenza comune, la maggior parte degli zingari sono sedentari e non nomadi. In Italia sono presenti, per la massima parte, i rom, i sinti (o sinte) e i camminanti (o caminanti). Gli zingari che oggi sono situati per la maggior parte in Romania vengono considerati rumeni, ma è sbagliato perche loro essendo un popolo nomade hanno migrato verso l’Europa dell’Est insieme agli Unni.
TENTA SEQUESTRO BIMBO DI TRE ANNI AL MARE, ARRESTATA ROMENA
29 luglio 2007

PALERMO - Avrebbe abbracciato un bambino di tre anni e dopo averlo avvolto nella sua gonna lo avrebbe spinto fuori dallo stabilimento balneare dove il piccolo era in compagnia dei genitori. Protagonista della vicenda, avvenuta ieri sera a Isola delle femmine, nel Palermitano, è una donna romena che è stata arrestata dai carabinieri per tentativo di sequestro e sottrazione di minorenne. A bloccare il sequestro del bambino sono stati alcuni bagnanti che hanno richiamato l’attenzione dei genitori del bambino e contemporaneamente chiamato i carabinieri della compagnia di Carini. Vistosi scoperta la donna, della quale non sono state fornite le generalità, ha cercato di darsi alla fuga, ma è stata trovata e arrestata dai militari dell’Arma. La Procura della Repubblica ha disposto il suo trasferimento nel carcere Pagliarelli di Palermo.
Il tentato sequestro sarebbe avvenuto al Lido dei ferrovieri, gestito da Vincenzo Inzirillo, 41 anni, il quale racconta che ieri intorno alle 18.30 due donne, "una sulla cinquantina - dice - e l’altra un po’ più giovane, mi hanno chiesto se potevano andare in spiaggia per chiedere qualche spicciolo ai bagnanti. Impietosito, ho detto loro di sì". Poco dopo una delle due avrebbe avvolto nella gonna il bimbo di tre anni. "Una delle bagnanti - aggiunge Inzirillo - si è accorta di quanto stava accadendo e, gridando, le ha strappato il bambino". A quel punto la romena è fuggita. Secondo alcuni testimoni, le due donne non sarebbero state sole: fuori dallo stabilimento una macchina con loro connazionali le avrebbe attese. Ma la donna, quando è stata arrestata, era a piedi e si trovava nei paraggi della caserma dei carabinieri di Capaci.
Alcuni bagnanti, in particolare, hanno riferito di avere notato anche due uomini, uno dei quali suonava l’organetto probabilmente per distrarre l’attenzione della gente che si trovava sul posto. Sempre secondo alcune testimonianze i due, nella confusione generale, si sarebbero allontanati a bordo di un’auto di colore blu. La donna arrestata, che ha 45 anni, è senza fissa dimora; per gli investigatori graviterebbe in un campo nomadi del trapanese. Le indagini sono coordinate dal pm Ennio Petrigni.
IL GIP SCARCERA LA DONNA RUMENA ACCUSATA DI AVER TENTATO DI SEQUESTARE IL PICCOLO DI TRE ANNI. L’UNICA TESTIMONE HA RITRATTATO.
31 luglio 2007

PALERMO - Una vicenda in cui la psicosi collettiva e il pregiudizio contro gli zingari si sono coniugati, producendo un mostro sbattuto in prima pagina per tre giorni. Questo il senso - e in alcuni casi anche le parole - usate dal gip di Palermo Maria Elena Gamberini nel provvedimento con cui ha ordinato la scarcerazione di Maria Feraru, 45 anni, la donna romena accusata di avere tentato di sequestrare, sabato pomeriggio, un bambino di tre anni davanti al «Lido del ferroviere» di Isola delle Femmine (Palermo).
Al di là delle decine di testimonianze raccolte dagli stessi cronisti dopo il presunto tentativo di sequestro, l’unica persona che aveva effettivamente visto qualcosa era stata A.D., una donna che sin dalle prime battute dell’interrogatorio reso domenica ai carabinieri, aveva ammesso di essere letteralmente «terrorizzata dagli zingari». Un atteggiamento mentale ribadito dalla teste anche martedì mattina, davanti al pubblico ministero Ennio Petrigni, che, per niente convinto, ha voluto risentirla di persona. A.D. ha detto di aver avuto paura, di avere provato la sensazione che Maria Feraru stesse tentando di portare via il bimbo di tre anni: dopo avere ricostruito minuziosamente i fatti, la testimone ha pure ammesso che non era stata la zingara a correre verso il bambino, ma il piccolo a scappare verso l’uscita dello stabilimento. La gonna -sotto la quale, secondo la versione passata di bocca in bocca e data per verità assodata, la rom avrebbe cercato di nascondere il bambino- si era aperta perchè la Feraru si era piegata in avanti per raccogliere qualcosa. Insomma, come la stessa A.D. ha riconosciuto, «si è trattato di un fuoco di paglia».
Durissimo il gip in alcuni punti: «Se lo stesso gesto di piegarsi verso il bambino l’avesse compiuta una qualsiasi altra bagnante, sarebbe stato interpretato come manifestazione di comportamenti tutti leciti. Invece è stato visto come un atto idoneo a configurare un rapimento solo e soltanto perchè posto in essere da una zingara». Il pm Petrigni aveva in un primo momento chiesto convalida del fermo e ordine di custodia; dopo aver sentito la teste, ha chiesto solo la convalida del fermo e la scarcerazione. Secondo il giudice, invece, non c’erano i presupposti nemmeno per procedere all’arresto in flagranza. Maria Feraru, difesa dagli avvocati Maria Antonietta Marchione e Giorgio D’Agostino, però davanti ai carabinieri non aveva aperto bocca. Un comportamento con cui aveva alimentato i sospetti su di lei.
Inchiesta lunga più di un anno in ambienti zingari permette di recuperare sette bambini venduti
Sette bébé venduti da alcuni nomadi bulgari a coppie adottive sono stati trovati in buona salute ieri mattina nella regione parigina e in provincia dalla polizia, che indaga da più di un anno su questo traffico in ambienti zingari. Quattordici padri e madri adottivi negli ultimi diciotto mesi sono stati indagati. Hanno pagato tutti «5 000 euro se si trattava di una figlia, 6 000 euro per un ragazzo», secondo un inquirente. Le madri biologiche, «spesso prostitute e di condizioni molto modeste», hanno preso 400, 800, 1 000 o 2 000euro ognuna per dare i propri figli a una famiglia zingara in parte residente nella regione della Senna-Saint-Denis e originaria delle coste del Mar Nero. Si tratta di coppie sterili? Hanno tentato procedure legali di adozione? Gli inquirenti che hanno interrogato sette coppie adottive sono perplessi. Credono piuttosto che i futuri genitori abbiano trovato nella rete criminale «una possibilità più pratica» per ottenere un neonato: «E’ difficile scoprire perchéi.Alcune hanno già figli. Talvolta hanno solo figlie e vogliono un figlio maschio». Questo traffico di neonati venuti dai Balcani è emerso il 7 luglio 2004 con la denuncia di Maya, bulgara di 23 anni, per il rapimento di suo figlio. Questa donna ha raccontato quanto le avevano proposto i compatrioti: comprare il bambino. Di fronte al suo rifiuto, glielo hanno rapito. Incuriositi dal fatto che avesse aspettato due mesi per segnalare il rapimento, gli inquirenti hanno messo a fuoco l’ipotesi di un pagamento mai arrivato. Hanno monitorato i registri di stato civile del municipio del XIX arrondissement di Parigi. E hanno scoperto che il bébé scomparso era stato riconosciuto da un uomo dal cognome portoghese residente à Montreuil (Seine-Saint-Denis) e hanno cominciato ad ascoltare le sue telefonate.


Tentato rapimento, ci sono gli identikit - Blitz nei campi nomadi
BOLOGNA, 22 APRILE 2006
- Gli inquirenti stanno lavorando alacremente per cercare di dare un volto ai nomadi che, dal racconto di una giovane madre, avrebbero tentato di rapirle la figlia di 4 mesi. Le indagini sono dirette anche ai pronto soccorso dove uno dei due zingari avrebbe potuto farsi medicare dopo aver ricevuto un morso dal cane della donna.
Lei, 22 anni, è certa: i due uomini che l’hanno aggredita volevano la bambina. Uno dei due sconosciuti ha afferrata per le gambe la piccola mentre la mamma la tratteneva disperatamente contro il proprio petto. Solo l’intervento del cane Tyson, che ha azzannato a un polpaccio l’aggressore, ha riscritto il finale di una storia che era destinata a finire male.(…)
Cronaca di un bambino rapito
Cronaca / Portato via alla sua famiglia dagli zingari, costretto a mendicare, ora è libero«Ho visto zingari rubare i bambini», così inizia il drammatico racconto di Rey, oggi 27 anni, con una moglie e un figlio, che è stato rapito dagli zingari e costretto alla vita da mendicante. Ora chiede di salvare tutti quei bimbi che sono stati rubati e venduti.(…)
Joshua
Mary, una giovane donna irlandese che si trovava a Napoli, incinta e con il piccolo figlio Joshua, nove mesi fa ha conosciuto un gruppo di nomadi che l’ha attirata in una trappola. Nel loro accampamento nel quartiere Scampia, anziché offrirle l’ospitalità promessa, lei è stata sequestrata e sottoposta a violenze, mentre Joshua veniva usato per chiedere l’elemosina. (…)
Perchè non fare un censimento ?
Perchè non fare la prova del DNA a tutti questi bambini ?
Quelli ai semafori ?
Quelli che vediamo chiedere l’elemosina ?
Quelli che vogliono venderci le rose al ristorante ?
In un intervista, la Dott.ssa Maria Rosa Dominici riferisce che da un controllo effettuato:
Su 11 bambini:
3 erano realmente i figli dei genitori…
5 erano "in affitto"…
e dei restanti 3 non si sapeva nulla…
Ma gli zingari rapiscono i bambini ? Finchè rimarrà questa domanda, che molti non si vogliono porre, un pò per paura di essere additati come razzisti, un pò per paura di ritorsioni, chi ci rimetterà sempre come al solito saranno e sono :
I bambini
Poi non ci lamentiamo se una zingara avvicinandosi al nostro bambino, il primo pensiero che ci assale è: "Me lo vuole rapire ?"
I problemi vanno risolti, affrontandoli e non girandoci attorno.
Art. 671 CODICE PENALE
Impiego di minori nell’accattonaggio
Chiunque si vale, per mendicare, di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, la quale sia sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, ovvero permette che tale persona mendichi, o che altri se ne valga per mendicare, è punito con l’arresto da tre mesi a un anno.Qualora il fatto sia commesso dal genitore o dal tutore, la condanna importa la sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori o dall’ufficio di tutore.
PERCHE’ NON VIENE APPLICATA ?

IO SONO UN UOMO....

CARI COMPAGNI, ANCORA RATTRISTATO PER LA MORTE DI ENZO BIAGI, MI ACCINGO A SCRIVERE QUESTE POCHE RIGHE.
PRENDETELE PER CIÒ CHE SONO...

Siamo sicuri, che durante il cammino non si sia persa di vista la strada ed ora i nostri passi ci stiano spingendo nel vuoto ?
Sono certo che così è stato, almeno per me. La vita me lo ricorda costantemente, non c’è terreno sotto i miei piedi, non c’è certezza, solo il vuoto.
Occhi ben aperti e fiatone. Breve descrizione dei miei ultimi anni. Non ho mai smesso di osservare, per capire, e di camminare, per proseguire.
Non fermarti mai uomo, mai almeno fino a quando la certezza del tuo essere fughi ogni dubbio, almeno fino a quando la tua forza non sia diventata quella del mondo ed il tuo coraggio quello degli uomini.
Perchè fermarsi, in questa vita e in questi anni, equivale ad affrontare la sfinge che assopita vigila la nostra anima. Fissarla, se non si è pronti, porta ad un solo risultato. La pietra.
Immobile statua a memoria di una vita persa nel convulso mare che è la ricerca di se stessi.
Per questo non mi fermo, non ancora, per questo esercito il mio sguardo, rafforzandolo nell’esperienza, perchè già intravedo all’orrizzonte la Sfinge che mi aspetta e con lei attendono le sue domande, a cui per forza. in quel giorno, dovrò saper rispondere.
Non mi aspetto di vincere senza combattere. Mi aspetto, invece, di dover combattere senza saper di vincere. Questa è la sfida insita nell’umana natura. Avere il coraggio di affrontare le tue paure senza la certezza del risultato.
Ma mi chiedo, come si può scappare ? senza finire per fuggire da se stessi.
Come si può non combattere ? senza trasformarsi in mute statue.
Come si può evitare il nostro destino ? e continuare a chiamarsi uomini.

E nel bene e nel male, con tutti i miei ( tanti ) difetti ed i miei ( pochissimi ) pregi, Io sono e voglio continuare ad essere, un Uomo
Ale.

martedì 6 novembre 2007

ENZO CI SALUTA


IERI MORIVA ENZO BIAGI, IN SUO ONORE PUBBLICO UNA SUA INTERVISTA DEL 1984 A GIUSEPPE FAVA UCCISO DALLA MAFIA.
RICORDIAMOCI DI ENZO E RICORDIAMOCI DELLA MAFIA.
ENZO E LA MAFIA HANNO UNA COSA IN COMUNE ENTRAMBI HANNO "SCRITTO" LA STORIA D'ITALIA.
ENZO È MORTO, LA MAFIA CON IL CASO DE MAGISTRIS CI RICORDA CHE NON È MAI STATA TANTO VIVA E TANTO POTENTE.


Biagi: Giuseppe Fava, giornalista, scrittore catanese, autore di romanzi e di opere per il teatro. Fava, per i suoi racconti a cosa si è ispirato?
Fava: alle mie esperienze giornalistiche. Io ti chiedo scusa ma sono esterrefatto di fronte alle dichiarazioni del regista svizzero. Mi rendo conto che c'è un'enorme confusione sul problema della mafia. Questo signore ha avuto a che fare con quelli che dalle nostre parti sono chiamati "scassapagliare". Delinquenti da tre soldi come se ne trovano su tutta la terra. I mafiosi sono in ben altri luoghi e in ben altre assemblee. I mafiosi stanno in Parlamento, sono a volte ministri, sono banchieri, sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Bisogna chiarire questo equivoco di fondo: non si può definire mafioso il piccolo delinquente che ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale… quella è piccola criminalità che credo esista in tutte le città italiane e europee. Il problema della mafia è molto più tragico e importante, è un problema di vertici della nazione che rischia di portare alla rovina, al decadimento culturale definitivo l'Italia.
Biagi: Tu hai fatto conoscenza diretta del mondo della mafia, come giornalista?
Fava: Sì, ho conosciuto diversi personaggi dell'una e dell'altra parte. Attraverso le cronache, le indagini che andavamo conducendo e che abbiamo puntualmente riferito sui nostri giornali.
Biagi: Chi ricordi di più di questi tipi? Dei vecchi mafiosi, ad esempio? Sono cambiati?
Fava: Un uomo sì. C'è un abisso tra la mafia di vent'anni fa e quella di oggi. Allora il mafioso per eccellenza era Genco Russo. Io sono stato a casa di Genco Russo e, mi si perdoni il termine, sono stato l'unico ad avere l'onore di intervistarlo. Ad avere un memoriale firmato che iniziava con le parole "Io sono Genco Russo, il re della mafia". Genco Russo governava il territorio di Mussomeli dove, da vent'anni, non c'era stato non dico un omicidio ma nemmeno uno schiaffo. Non c'era un furto, tutto procedeva in ordine, nella legalità più assoluta. Era la vecchia mafia agricola, la quale governava un territorio di una forza straordinaria che il mondo di allora non poteva ignorare. Controllava tra i 15 e i 40mila voti di preferenza.Nessun uomo politico poteva ignorare questa potenza determinate. Era sufficiente che Russo spostasse quei voti non da un partito all'altro, ma anche all'interno dello stesso partito per determinare la fortuna o meno di un uomo politico.Ecco perché poteva andare alla Regione Sicilia e spalancare con un calcio la porta degli assessori: lui era il padrone.Poi la società si modificò e i mafiosi non furono più quelli come Genco Russo.I mafiosi non sono quelli che ammazzano, quelli sono gli esecutori. Anche al massimo livello. Si fanno i nomi dei fratelli Greco. Si dice che siano i mafiosi vincenti a Palermo, i governatori della mafia. Non è vero: sono anche loro degli esecutori. Sono nella organizzazione, stanno al posto loro. Un'organizzazione che riesce a manovrare centomila miliardi l'anno. Più, se non erro, del bilancio di un anno dello Stato italiano. E' in condizione di armare degli eserciti, di possedere flotte, di avere una propria aviazione. Infatti sta accadendo che la mafia si sia impadronita, almeno nel Medio Oriente, del commercio delle armi.
Gli americani contano in questo, ma neanche loro avrebbero cittadinanza in Italia, come mafiosi, se non ci fosse il potere politico e finanziario che consente loro di esistere. Diciamo che questi centomila miliardi, un terzo resta in Italia e bisogna riciclarlo, ripulirlo, reinvestirlo. E quindi ecco le banche, questo prolificare di banche nuove. Il Generale Dalla Chiesa l'aveva capito, questa era stata la sua grande intuizione, che lo portò alla morte. Bisogna frugare dentro le banche: lì ci sono decine di miliardi insanguinati che escono puliti dalle banche per arrivare alle opere pubbliche. Si dice che molte chiese siano state costruite con i soldi insanguinati della mafia.
Biagi: una volta si diceva che la forza dei mafiosi è la capacità di tacere. Adesso?
Fava: Io sono d'accordo con Nando Dalla Chiesa: la mafia ha acquisito una tale impunità da essere diventata perfino tracotante. Le parentele si fanno ufficialmente. Certo, si alzano le mani quando qualcuno sta per essere ammazzato, si cerca di tirare fuori l'alibi personale e morale. Io ho visto molti funerali di Stato. Ora dico una cosa di cui solo io sono convinto, quindi può non essere vera: ma molto spesso gli assassini erano sul palco delle autorità.
Biagi: cosa vuol dire essere "protetti", secondo il linguaggio dei mafiosi?
Fava: Poter vivere dentro questa società. Ho letto un'intervista esemplare, a quel signore di Torino che ha corrotto tutto l'ambiente politico torinese. Diceva una cosa fondamentale, una legge mafiosa che è diventata parte della cultura nazionale: non si fa niente senza l'assenso del politico e se il politico non è pagato. Noi viviamo in questo tipo di società, dove la protezione è indispensabile se non si vuol condurre la vita da lupo solitario. Questa vita può essere anche affascinante, orgogliosamente soli fino all'ultimo, ma 60 milioni di italiani non potranno farlo.
Biagi: Secondo lei cosa si deve fare per eliminare questo fenomeno?
Fava: A mio parere tutto parte dall'assenza dello Stato e al fallimento della società politica italiana. Forse è necessario creare una seconda Repubblica, in Italia, che abbia delle leggi e una struttura democratica che elimini il pericolo che il politico possa diventare succube di se stesso, della sua avidità, della ferocia degli altri, della paura o che possa anche solo diventare un professionista della politica. Tutto parte da lì, dal fallimento degli uomini politici e della politica. Della nostra democrazia, così come con la nostra buona fede l'abbiamo appassionatamente costruita e che ci si sta sgretolando nelle mani.


Biagi: Vorrei fare a tutti una domanda: secondo voi cosa si deve fare per eliminare questo fenomeno?


CIAO ENZO E GRAZIE PER ESSERE STATO IN QUESTI 60 ANNI UNA DELLE POCHE VOCI VERE IN QUESTA ITALIA MALATA DI SILENZIO

IL SILENZIO È DEI COLPEVOLI


La parola e` l’archetipo dal quale in ogni religione, la creazione prende origine.
L’essere umano e` la sola specie dotata di parola, siamo gli unici dunque, in grado di comprendere la creazione.

L’unione di molteplici punti di vista, la libera comunione d’idee ed esperienze sono per me, il solo sistema che possediamo per progredire com’esseri viventi. Questa è una delle ragioni che mi portano a scrivere. Perché la scrittura a differenza delle volatili parole, permane.
Non sono uno scrittore, non possiedo, infatti, l’arte del dire per iscritto. Da sempre pero` traccio segni indelebili, per raccontarmi e raccontare. Questo mi rende un semplice, artigiano di parole.

Quello che segue non ha altro valore oltre a quello che vorrete attribuirgli. Non vi sono verità assolute, ma opinioni che vi possono offrire alternativi punti di vista. Il mio unico auspicio è che possiate riflettere, così come ho fatto io, sulle molteplici cose che la vita mi ha portato a conoscere.