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venerdì 19 giugno 2009

CHI GOVERNA I GOVERNANTI ?



In altri post avevamo trattato il problema dei poteri sovranazionali. (WTO, FMI, ECC.) spiegando che realmente sono loro a governare ed influenzare i vari governi nazionali. In sostanza non siamo padroni a casa nostra ( cari Leghisti ).
Oggi vi vorrei portare a questo proposito due esempi, che ritengo particolarmente interessanti. Il primo è su Berlusconi il secondo sull'Iran.
di Paolo Barnard


Che il Times di Londra arrivi a scrivere un editoriale dove chiama il capo di governo di un Paese europeo "clown" e "buffone sciovinista", e ciò solo per motivi di indignazione politica, lo lascio credere ai giornalisti, ma noi persone raziocinanti dobbiamo andare oltre. Un quotidiano della portata del Times, storico bastione del conservatorismo mondiale, voce internazionale dei Consigli di Amministrazione più potenti del pianeta, non si muove così violentemente per così poco (Noemi e festini), né è pensabile che abbiano scoperto solo oggi che Silvio Berlusconi alla guida del G8 è come un orango alla guida di un pullman. La scusante ufficiale per quell’editoriale di fuoco ai danni del Cavaliere è un insulto all'intelligenza. Rattrista, ma non stupisce, che in Italia nessuno dei paludati opinionisti pro o anti ci stia pensando.Il motivo è altro, non v’è dubbio, ed è assai più importante. Per farvi capire, cito la caduta dal potere del dittatore indonesiano Suharto nel 1998. Uno dei peggiori assassini di massa del XX secolo, nulla da invidiare a Hitler per numero di morti, era il cocco di mamma degli USA e della Gran Bretagna, media inclusi, che lo adoravano perché obbediva puntigliosamente a ogni diktat dell’establishment economico neoliberale d’Occidente e soddisfaceva ogni sua voracità di profitto, naturalmente a scapito dell’esistenza di milioni di disgraziati suoi connazionali. Nel 1997 Suharto fece l’errore delle sua vita: disobbedì al Tesoro americano (leggi Fondo Monetario Internazionale), una sola volta. L’allora Segretario di Stato di Clinton, Madeleine Albright, gli disse due parole secche. Fine di Suharto.Torno in Italia. Io sono convinto che lo stesso meccanismo sia in opera col nostro capo di governo. Deve aver fatto qualcosa di non gradito a chi oltrefrontiera aveva scommesso su di lui. Forse non gli sta obbedendo, da troppo tempo, e la corda si è spezzata, dunque l’attacco del Times. C’è un’ipotesi ragionata (e qui documentata) che vale la pena considerare e ve la propongo come riflessione. Naturalmente, seguendo lo schema Suharto, per l’establishment degli investitori internazionali non è altrettanto facile sbarazzarsi di Berlusconi. Un dittatore al tuo soldo lo sciacqui giù dal lavandino con relativa semplicità, basta chiudere i rubinetti che lo foraggiano. Per un leader democraticamente eletto le cose sono molto più complesse. Di mezzo c’è la sua gente (noi) che ahimè lo vota, e continua a votarlo. In quei casi la strategia è altra, e nel mondo anglosassone si chiama ‘character assassination’. Lo si dipinge sui maggiori media compiacenti come uno scandaloso incapace, si fanno cordate con alcuni media dell’opposizione interna, e si spera che in tal modo egli ne riceva un danno elettorale. Ma soprattutto gli si manda un messaggio, chissà mai che non si ravveda. Purtroppo per i manovratori, in questo caso hanno a che fare con gli italiani, e questo non l’avevano previsto. Ma continuiamo. Berlusconi entrò sulla scena politica come il tipico Liberista economico (Liberal Economics), colui cioè che invoca privatizzazioni a raffica, tagli fiscali ai ricchi, botte ai sindacati, flessibilità ultras per i lavoratori, riduzione del ruolo del governo, deregulation selvaggia, socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti. Nelle Corporate Boards della City di Londra come a Bruxelles fu un giubilo unico. Era il 1994, Tangentopoli aveva appena eliminato quella fastidiosa classe politica così statalista, popolana, centralista, che non piaceva affatto alla classe dei neoliberisti rampanti di Londra e Washington. L’ipotesi che Tangentopoli sia stata teleguidata dall’esterno proprio per far strada alla Liberal Economics sul modello Thatcher/Reagan, non è cospirazionismo da Internet; ne parlò molto seriamente una sera l’ex magistrato del pool Gherardo Colombo, che già ne sapeva qualcosa. Torniamo al ’94. Dopo pochi mesi fu chiaro che l’uomo di Arcore era tutto meno che un purista del mercato. Prima cosa, nella sua compagine di governo troneggiavano (ancora oggi) partiti simil-nazionalisti con legami molto radicati con le classi medio-basse, e avversi al concetto di leadership finanziaria sovranazionale incontrastata ( vedasi Lega). Secondo, e ancor più cruciale, Berlusconi non dava segno di voler trasformare la ricca Italia in una trincea del capitalismo speculativo d’assalto, col minor numero di regole possibili, e paradiso degli investitori selvaggi. E mai lo ha fatto. L’Italia dei tre mandati del Cavaliere rimane ancora oggi un Paese tradizionalista nel Capitale, nelle banche, zeppo di zavorre statali, poco profittevole (questo fra parentesi ci ha salvato dal crack finanziario USA, ma agli investitori frega nulla di noi cittadini e dei nostri risparmi, nda). L’ipotesi è dunque che nella stanza dei bottoni i famelici Padroni del Vapore si siano spazientiti dopo anni di frustrazione dei loro piani per l'Italia, ergo l’attacco del Times. Vediamo i fatti.Siamo nel 2004, la prestigiosa e influente fondazione di destra neoliberale Stockholm Network di Londra pubblica un rapporto dove si legge "Alberto Mingardi e Carlo Stagnaro (due teorici ultra Liberisti italiani, nda) sono delusi dalla differenza fra la retorica del Libero Mercato di Silvio Berlusconi e la sua reale capacità di fornire le tangibili riforme dell’ostinata burocrazia statale italiana" (1). Parole che trovano eco su decine di pubblicazioni della destra economica europea, sigle troppo oscure per questo contesto, ma tutte improntate a un senso di delusione verso le politiche economiche di Silvio. Passano due anni e il noto Economist scrive: "L’Italia necessita urgentemente di riforme radicali, ma la coalizione di Berlusconi, che in teoria doveva essere dedita al Liberismo economico, ha fatto quasi nulla nei suoi 5 anni al governo" (2). Da notare che siamo nel 2006, a poco dall’avvento del governo Prodi, che riceverà in quegli anni il plauso di una ridda di fanatici del Libero Mercato, come il Fondo Monetario Internazionale, e il motivo c’è: Prodi alla Commissione Europea fu uno dei falchi del Liberismo economico, e nella stanza dei bottoni sapevano bene a quel punto che per ottenere le radicali riforme del lavoro e della finanza, in Italia era sui Prodiani che bisognava puntare, visti i tentennamenti di Silvio. Dopo pochi giorni esce il tedesco Der Spiegel: "L’amministrazione Berlusconi non ha mai mantenuto le promesse di taglio alle tasse, ulteriori privatizzazioni, e riforme strutturali necessarie per aumentare la competitività e privare le burocrazie del potere". (3)Dopo pochissimo dall’elezione di Prodi, l’università di Harvard negli USA indice un seminario ultra neoliberal sull’economia italiana, presente anche Gianfranco Pasquino (ops!). Nella pubblicazione degli atti si leggono le parole di Alberto Alesina, professore ‘Nathaniel Ropes’ di politica economica nel prestigioso ateneo, che dopo aver ricordato i compiti futuri del bravo Prodi, dice: "L’Italia ha problemi gravissimi, ha bisogno di una iniezione di libero mercato con riforme economiche neoliberali… fra cui ridurre le tasse, tagli all’impiego pubblico e alle pensioni, rafforzare il settore dei servizi, e rendere più facili i licenziamenti". (4) Cioè una pessima pagella, a suo dire, dei precedenti anni di Berlusconi, che anche l’Economist continuava a definire "assai scarsi di riforme delle insostenibili pensioni e dell’inflessibile (sic) mercato del lavoro", da parte di un leader "mai veramente interessato alle riforme" (5). Il fuoco di sbarramento contro il ‘disobbediente’ Cavaliere è a questo punto massiccio. Le bordate arrivano anche dagli USA, e proprio guarda caso allo scadere del breve mandato Prodi. Il Wall Street Journal, voce dei falchi fra i falchi della finanza di destra, scrive a pochi giorni dalle elezioni del 2008 che "Berlusconi ci ha deluso in economia durante il suo ultimo mandato". La vicenda Alitalia sta infuriando, cioè, sta infuriando gli investitori esteri assetati di affari sul cadavere della nostra linea aerea, mentre Berlusconi osa ipotizzare una cordata italiana per il salvataggio. Scrive il WSJ: "Berlusconi la scorsa settimana se n’è uscito contro la vendita di Alitalia, e questo è un segnale di mancanza di dedizione alle riforme"…. "Air France-KLM volevano garanzie che i sindacati e i politici non bloccassero le dolorose ristrutturazioni (per i lavoratori, nda)" E dopo due righe di plauso per il compiacente Veltroni, il quotidiano dà l’affondo: "Berlusconi aveva promesso tagli alle tasse, riforme del mercato del lavoro e liberalizzazioni, ma ha fallito in tutto… Egli si è rivelato più un nemico corporativo del Libero Mercato che un Liberista economico disposto a fare ciò che è necessario" (6)Alitalia non va giù agli investitori internazionali, e infatti non poteva mancare la regina dei loro quotidiani, il Financial Times, che tenta nel settembre del 2008 di mandare un richiamo all’insubordinato Cavaliere, suggerendogli di "… seguire l’esempio della Thatcher, e di sfidare i sindacati a scoprire le carte, così da far scoppiare l’ascesso (sic) di 30 anni di relazioni sindacali italiane irresponsabili e dannose" (7). E ancora: "Nonostante la sua immagine da imprenditore neoliberale, Berlusconi, dicono i critici, si trova a suo agio a fare il dirigista statale, con l’Alitalia in primis. La compagnia viene consegnata a un gruppo italiano e sottratta ai compratori stranieri" (8) E che il Financial Times avesse anch’egli dichiarato una guerra permanente a Berlusconi, anche se con metodi decisamente più ortodossi di quelli del Times, lo dimostra quanto ha scritto poche settimane fa, con toni sprezzanti: "Il suo primo governo nel 1994 non ha combinato nulla. I suoi cinque anni al potere dal 2001 al 2006 sono stati noti per aver fallito di nuovo nell’introdurre in Italia le riforme Liberiste così essenziali al Paese per essere competitivo nell’eurozona" (9).Ricordo a questo punto, per chi si fosse perso, che questo coro martellante che pronuncia sempre le parole magiche ‘riforme’ e ‘Liberismo’, altro non chiede se non la solita ricetta precedentemente descritta: privatizzazioni a raffica, tagli fiscali ai ricchi, botte ai sindacati, flessibilità ultras per i lavoratori, riduzione del ruolo del governo, deregulation selvaggia, socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti (come peraltro leggibile nelle dichiarazioni riportate). La ricetta, cioè, che di noi persone e del nostro sangue versato se ne fotte, e che pretende solo una cosa: Unlimited Corporate Profits. Ne è un esempio brillante una delle raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale (leggi il Tesoro USA) fatte all’Italia allo scadere del 2008, altro rimbrotto al Cavaliere. E’ profferta con un linguaggio omeopatico, ma la si può leggere fra le righe: "Gli autori apprezzano in Italia gli sforzi per diminuire la disoccupazione (nota dell’autore: si preoccupano dei nostri senza lavoro?). Gli autori incoraggiano una seconda tornata di riforme del mercato del lavoro, per rafforzare il legame fra redditi e produttività (nda: vale a dire il valore e la qualità di vita della persona misurato unicamente in termini di contributo al profitto altrui). Gli stipendi devono adeguarsi alle differenze regionali (nda: gabbie salariali, su cui il FMI insiste da tempo), il lavoro a tempo indeterminato deve essere più flessibile (nda: già praticamente non più in offerta, qui si chiede che sostanzialmente scompaia), in tandem con una rete di ammortizzatori sociali maggiorati (nda: ci risiamo, socializzare i danni e privatizzare i profitti, cioè lo Stato paga per la disperazione dei lavoratori, le aziende licenziano e si ri-quotano in borsa)." (10) Questa abiezione sociale è ciò che realmente si cela dietro alla parola ‘riformismo’ (Rutelli, Prodi e D’Alema + seguaci prendano nota).Ma torniamo a Silvio Berlusconi. L’ultimo avvertimento gli giunge proprio dal Times il 7 maggio 2009, e in toni inequivocabili: "Nei suoi due maggiori mandati Berlusconi ha fallito nelle riforme così disperatamente urgenti in Italia… La UE e l’OECD continuamente rivelano l’eccessiva regolamentazione del business (in Italia, nda)… I lavoratori statali rimangono protetti… e le sue sbandierate riforme del sistema pensionistico sono state minimali… le tasse rimangono alte, e la resistenza del suo governo a tagliare la spesa pubblica è enorme" (11).v Tre settimane dopo, il possente quotidiano britannico perderà di colpo la sua celebrata compostezza dopo 224 anni, e dalle sue pagine partirà un attacco sgangherato e volgare a Silvio Berlusconi. Vi si leggerà che è "un clown", "un buffone sciovinista", un playboy patetico, la cui performance con le signorine e nei confronti degli italiani curiosi della vicenda Noemi è inaccettabile, per il bene della democrazia e del mondo intero. Certo, come no.E così, di nuovo, l’Italia antagonista di sinistra si è fatta infinocchiare degli isterismi dei D’Avanzo, Travaglio e Santoro, Grillo e compagnia, ha di nuovo eletto a suo paladino l’ennesimo baraccone di destra neoliberale (dopo Freedom House), e insiste nell’ignorare che ciò che gli sta corrompendo la vita non è il lodo Alfano, o Emilio Fede, né il burattino Berlusconi, ma sua maestà Il Burattinaio, leggi Liberal Economics and Corporate Power. Eppure Clinton ce l’aveva detto: "It’s the economy, stupid".


Nota a margine per l’Egregio direttore del Times:"Sir, non mi risulta che negli anni cha vanno dal 1997 al 2007 il Suo giornale abbia mai usato termini così aggressivi per Mr Tony Blair, PM, mentre si rendeva corresponsabile di crimini contro l’umanità (Turchia, Timor, Ex Yugoslavia, Iraq, Palestina, Afghanistan…) e di alto tradimento della patria mandando a morire truppe britanniche su basi mendaci, oltre ad aver ridotto le classi disagiate della Gran Bretagna a livelli di povertà "pre-Vittoriana" (The Guardian), tanto che l’organizzazione Medecins du Monde ha dovuto aprire delle tende-cliniche di strada in diverse periferie urbane britanniche.


Note:
1) Stockholm Network, THE STATE OF THE UNION: MARKET-ORIENTED REFORM IN THE EU IN 2004

2) The Economist 7/01/2006

3) Der Spiegel 30/01/2006

4) April 20, 2006, Harvard Gazette

5) The Economist, Apr 3rd 2008

6) WSJ MARCH 25, 2008

7) Financial Times, Sep 22 2008

8) FT, October 18 2008

9) FT, May 28 2009

10) INTERNATIONAL MONETARY FUND ITALY: Staff Report for the 2008 Article IV Consultation. Prepared by Staff Representatives for the 2008 Consultation with Italy. January 7, 2009

11) The Times, 07 May 2009



Il secondo esempio riguarda invece l'Iran e quello che sta accadendovi.


La storia ci insegna che l'attuale situazione finanziaria dove buona parte del globo si spacca la schiena per garantire il benessere degli Stati Uniti nonché la loro enorme macchina militare e propagandistica, da tempo sta facendo storcere il naso ai paesi non allineati tra i quali Russia e Cina. Questo sta lentamente portando ad un cambio di leadership globale. Ovvero prima comandava uno solo con i suoi alleati. Oggi i capi si moltiplicano. Un segno di questa strada arriva dal forum organizzato in questi giorni a Yakaterinburg in Russia. Forum durante il quale la stessa Russia, alcune repubbliche ex sovietiche, la Cina, l'India e l'Iran, in forme e modi diversi, cercheranno un sistema di liberarsi del dollaro come moneta di scambio internazionale per beni, servizi, energia, materie prime e quant'altro.
Illuminante il discorso del leader Iraniano di ieri al Forum, a questo proposito.
Il problema è che gli Stati Uniti non vogliono cedere il potere. Individuano i punti deboli di questa nuova coalizione ( in questo caso Iran ) e attaccano.

Ma vediamo i fatti.

Dopo l’impresa della prima Guerra del Golfo, sulla cui pretestuosità sorvolo, si era prodotto un inizio di ribellione interna contro Saddam. A fomentarla erano stati gli stessi americani che da stazioni radio gestite dalla CIA incitavano gli iracheni ad insorgere contro il potere di Saddam. Questi in effetti si ritirò prontamente dal Kwait per domare la ribellioni di sciiti e curdi: fu spietato e feroce. Gli insorti si aspettavano aiuti da parte di chi li avevavo incitati alla ribellione. L’aiuto non venne. Perché? Gli americani temevano un’influenza dell’Iran sull’Iraq mediata dall’etnia sciita . Preferirono lasciar massacrare sciiti e curdi, dopo averli però incitati alla ribellione in nome della "libertà", della "democrazia" e di altre bufale delle quali non siamo mai abbastanza assuefatti per capire che non sono altro che bufale(1). Questo ieri. Sorvolo poi su cosa successe con la secondo guerra all’Iraq, del tutto illegale. Sorvolo su tante cose su cui si potrebbero fare istruttive riflessioni.
Vengo all’oggi. Vengo alle elezioni in Iran appena concluse. Bene, io vedo con quanta dovizia e zelo la nostra televisione da conto delle proteste elettorali in Iran, dei presunti brogli, dei disordini, ecc.Per il momento non posso fare altro che sospettare e raccogliere ulteriori informazioni. Ma io sospetto che dietro i disordini in Iran ci sia lo zampino della CIA, come vi fu nel 1953, come vi è stato nell’istigazione degli sciiti e dei curdi iracheni nel 1991.
La pratica della destabilizzazzione è vecchia come il mondo e gli Stati Uniti la conoscono bene. Il nuovo mondo voluto da Obama comincia a profilarsi davanti a noi. Gli Stati Uniti non possono e non vogliono vedere messa in discussione la loro supremazia e per farlo sono disposti a tutto. Occhi aperti.

Un abrazo.
(1) Cronache mediorientali di Robert Fisk.

venerdì 12 giugno 2009

LA TRAGEDIA DELLA VITA.



Oggi non parlerò di politica. NO. Oggi urlerò il nome di Andrea. 9 anni. Suicidato. Si è impiccato Andrea. Con il laccio dei pantaloni da ginnastica. Freddo, calcolatore, ha aspettato che la mamma uscisse a far la spesa, poi ha agito, senza dubbi ne esitazioni. Si è ucciso. Nel 90% dei casi chi si suicida non cerca la morte, cerca ATTENZIONE. Cerca di dimostrarsi e dimostrare di esistere, di essere. Non Andrea. Non con quella determinazione. Andrea aveva deciso che la partita non gli piaceva più, non lo divertiva, non lo riempiva. Perchè a 9 anni cosa cazzo ti serve di più ?? Non ci sono amori, aspirazioni, significati profondi. Sei solo un bambino che ha appena comincia ad aprire gli occhi al mondo. Come puoi decidere di chiuderli per sempre ? con che maturità ? Con che forza ? Eppure è successo, e non è il primo. Credo che la mentalita del videogioco sia penetrata in noi più profondamente di quel che immaginiamo. Se il gioco non ti piace, spegni e ricominci. Non ti sforzi, non aspetti. Spegni e ricominci. La catarsi del GAME OVER. La fine della vita reale, equiparata ad un gioco virtuale. Ma forse se per noi “adulti” è sempre più difficile rimanere in contatto con la realtà, persi come siamo fra velocità e informazioni infinite, per i bambini di oggi il confine è ancora più sottile, quasi scomparso. Forse per Andrea non c’era differenza fra interrompere una partita ai videogiochi e la sua vita. Non lo so. Ma vorrei che qualcuno ci pensasse seriamente. Perchè qui non è colpa di una brutta nota a scuola o anche nel caso peggiore di violenza dei genitori. NON A 9 ANNI, MAI. Il mondo è pieno sfortunamente di bambini che vengono violentati, torturati, sfruttati, ma nessuno si suicida, non a quelle età. Qui vi è qualcosa di più profondo e terribile. Vi è una tragedia nella nostra vita che comincia ad apparire in maniera sempre più forte, e le nuove generazioni, più deboli e meno preparate sono quelle che ne pagheranno il prezzo più grande. La tragedia che ci sussura nell’oscurità della nostra anima che non vale la pena di vivere se la vita non risponde come vorremmo, e che piuttosto che accetarlo o sforzarsi di cambiarlo, e meglio sfuggirle e lasciarsi morire. CLICK.



GAME OVER....



Un abrazo.

venerdì 5 giugno 2009

TOPOLANEK











Carissimi, oggi EL PAIS ( quotidiano spagnolo ) ha pubblicato le foto di una delle tante feste che Berlusconi da per la sua corte di minorenni, veline, hostess, ecc. ecc. La cosa interessante è che a questa festa partecipava anche l'ex premier ceco e leader del partito dei Civici democratici (Ods) Mirek Topolanek. Lo notate dalla pilulla che ha in mezzo alle gambe, essendo completamente nudo. Ora mi immagino che meta degli Italiani sara incazzatissa al pensare che il nostro primo ministro da feste modello le mille e una notte, minorenni da harem comprese, l'altra metà di Italiani sara incazzatissa invece, per non essere stati invitati. Di seguito allego il link del EL PAIS.




















UN ABRAZO

giovedì 4 giugno 2009

LE 3 FACCE DELLA VERITÀ


A volte l'uomo inciampa nella verità, ma nella maggior parte dei casi, si rialza e continua per la sua strada (W.Churchill)


Con questo aforisma ( senza saperlo ) Churchill ha definito il popolo Italiano. Cioè Noi.
Non conosco, lo dico senza ipocrisia, altro popolo che si dedichi così tanto all'arte di auto-ingannarsi. Borgia Vacca !! Siamo un popolo che ( nella maggior parte dei casi ) odia la verità. Non ho tempo per scrivere una precisa tesi Antropologica di questo fatto, ma ho una idea che credo vi si avvicini molto.
L'italiano ama discutere ( narcisimo ), ma ancor di più ama aver ragione ( egocentrismo ). Questo negli anni ci ha stravolto culturalmente. Tanto che ora se mettiamo due persone che a priori la pensano uguale su un argomento, nella stessa stanza a discuterne, finisce che dopo 10 minuti si stanno scannando su due posizioni opposte.
Per questo odiamo la verità, perchè esclude di per se la discussione. Essendo la verità non si può confutare, non si può discutere.
Quindi tendiamo ad ignorare quante più verità possiamo, per poter tenerci aperte più discussioni possibili.
(Pensate solo a come siano viste oggi in Italia categorie intere, per esempio i magistrati, la polizia ma anche comici e giornalisti: tutti i mestieri in generale che hanno a che fare con la verità, giudiziaria o sociale.)
Questa frenesia da discussione, ci ha portato ad inasprire sempre di più il concetto che abbiamo di avversario.
Lo abbiamo talmente tanto idealizzato e incastrato dentro a trite ideologie, che per noi non è più solo un avversario ( da ascoltare e rispettare ) ma diventa il NEMICO ( da ditruggere e umiliare ).
Per questo quando uno straniero ci osserva discutere, non capisce. Noi ci urliamo adosso, non parliamo. Per noi è più importante coprire l'avversario/nemico col suono della nostra voce col solo fine di zittirlo, piuttosto che comprendere cosa ci vuole dire e perchè.
Per questo credo da vari anni abbiamo smesso di avanzare culturalmente. Non ne abbiamo più gli strumenti, avendo eliminato il dialogo, il condividere, il rendere partecipe.
Siamo chiusi nelle nostre gabbie di narcisismo ed egocentrismo ed urliamo come gorilla a chiunque osi avvicinarsi.
L'unica cosa su cui quasi tutti ci troviamo d'accordo senza bisogno di discuterne sono i soldi ( e le donne, ma vale solo per noi maschietti ormonizzati ).
Ed anche in questo abbiamo accuratamente evitato di vedere la verità. Siamo cambiati.
Gli ultimi vent’anni hanno partorito un paese di cartamoneta, che vince soldi, sogna soldi, parla solo di soldi ed è stato pornograficamente eccitato a cavarsi sfizi e bisogni irrisori che i soldi comprano. Tutto il resto è come se non fosse mai esistito o non rivestisse la minima importanza. Non la storia o la scienza. Non il mistero dell’uomo nel’universo. Non le inchieste verità sulle prepotenze delle multinazionali del consumo ai danni dei disperati ( e non solo ) della Terra. Ma fiumi di sangue da circo (quello sì) della cronaca nera del vicino di pianerottolo. Tutto l’invisibile agli occhi è stato oscurato ( la magia insita nell'anima umana ). Tutto livellato in basso. Il potere, rubato ai valori della conoscenza, della verità, dell’arte, dell'amore è stato interamente regalato ai cortigiani di questa Babele, il paese col più alto tasso di tette, tronisti, culi, cocainomani, pedofili ( mi spiace ma i preti in Italia sono molti e incidono sulla statistica), corrotti e corruttori, pirati della strada e debito pubblico d’Europa. Sembra di vivere nell’Invasione degli ultracorpi, uno strazio indicibile, molti si sono contaminati, tantissimi arresi. Altri persistono a darsi del comunista o del fascista, poi finiscono col farsi una tirata nello stesso bagno. Un patrimonio immenso di valori, di stile, di storia, di saggezza popolare, di arguzia, di irriverenza, di coraggio civile, di senso del dovere, sembra essere sprofondato nel nulla, cancellato dal nostro Dna. Come se l’ultimo italiano fosse stato Alberto Sordi. Dopo di lui, Berlusconi. E basta.Possibile?
Stiamo ancora aspettando un portatore sano di verità ? Sono secoli che da noi ne nasce uno al mese, il problema è che nel Rinascimento non li strozzavamo nella culla, ma nemmeno nell’Ottocento e nel Novecento, li abbiamo lasciati vivere fino al dopoguerra, fino a quando abbiamo ucciso Pasolini, poi basta.
Per questo l'ultima intervista di Pasolini era intitolata " Siamo tutti in pericolo ". Ma sfortunatamente era la verità.

Concludo con un invito ed una premonizione. Questo fine settimana ci saranno le elezioni europee. Vincera credo quasi ovunque l'estrema destra ( fosse destra almeno!!sigh ). Non andate a votare. Sapete la verità. Non negatela. Sottraetevi volontariamente al gioco delle parti. Noi e loro. Buoni e cattivi. Gli unici su cui mi sento di dare il mio appoggio sono Sonia Alfano e DeMagistris che si presentano come indipendenti per L'italia dei Valori. E tra i due, molto più Sonia essendo figlia di suo padre. Per gli altri, guardiamoci allo specchio e lasciamo perdere. Davvero.


Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano sempre due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino (Enzo Biagi)

Un abrazo

IL SILENZIO È DEI COLPEVOLI


La parola e` l’archetipo dal quale in ogni religione, la creazione prende origine.
L’essere umano e` la sola specie dotata di parola, siamo gli unici dunque, in grado di comprendere la creazione.

L’unione di molteplici punti di vista, la libera comunione d’idee ed esperienze sono per me, il solo sistema che possediamo per progredire com’esseri viventi. Questa è una delle ragioni che mi portano a scrivere. Perché la scrittura a differenza delle volatili parole, permane.
Non sono uno scrittore, non possiedo, infatti, l’arte del dire per iscritto. Da sempre pero` traccio segni indelebili, per raccontarmi e raccontare. Questo mi rende un semplice, artigiano di parole.

Quello che segue non ha altro valore oltre a quello che vorrete attribuirgli. Non vi sono verità assolute, ma opinioni che vi possono offrire alternativi punti di vista. Il mio unico auspicio è che possiate riflettere, così come ho fatto io, sulle molteplici cose che la vita mi ha portato a conoscere.