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giovedì 26 febbraio 2009

ISOLE


Nessun uomo, dichiarò John Donne, è un'isola, e si sbagliava. Se non fossimo isole andremmo alla deriva, coleremmo a picco nelle altrui tragedie. Siamo isolati (non bisogna dimenticare che "isolare" viene da isola) dai drammi delle vite altrui grazie alla nostra natura insulare e alla ripetitività delle storie. La struttura non cambia mai: c'era un essere umano che nacque, visse e per un motivo o per l'altro morì. Ecco. Per i dettagli ciascuno di noi si può ispirare alla propria esperienza. Banale come ogni storia, ma come ogni esistenza Unica. Le vite sono come i fiocchi di neve dalle forme sempre diverse, identici tra loro come piselli nel baccello ma pur sempre unici.
In assenza degli individui vediamo soltanto numeri: un migliaio di morti, centomila morti, "le perdite potrebbero salire a un milione". Grazie alle storie individuali le statistiche diventano persone, ma anche questa è men-zogna, perché il numero di persone che continua a soffrire è già in sé assurdo, privo di significato. Guarda, la vedi la pancina gonfia del bambino, e le mosche che gli zampettano negli angoli degli occhi, le membra scheletriche? Ti renderà le cose più facili sapere il suo nome, l'età, conoscerne i sogni, le paure? Vederlo da "dentro"? E se così fosse, non faremmo forse un torto a sua sorella, sdraiata vicino a lui nell'arida polvere, caricatura gonfia e deforme di un cucciolo nato da donna? E se per loro proviamo un sentimento, diventano forse, questi due, più importanti delle migliaia d'altri bambini affamati dalla stessa carestia, delle migliaia di giovani vite condannate a diventare ben presto nutrimento per la miriade di larve figlie di quelle mosche?
Isoliamo momenti di dolore come questi e rimaniamo sulla nostra isola dove non possono farci male più di tanto. Li chiudiamo nella loro conchiglia di madreperla e li lasciamo scivolare via dall'anima senza soffrire veramente.


Una vita che come ogni vita è uguale e diversa da qualsiasi altra.


Una vita che nessuno ci ha insegnato a controllare, e per questo forse ci limitiamo a lasciarla scivolare.

venerdì 20 febbraio 2009

STRANO PAESE


Strano paese il mio. Strano davvero.

Vi è piaciuta di più la canzone di Masini ( che ha smesso l’eroina ed è passato alle canne ) o quella degli Afterhours ( che si vede che hanno smesso tutto )?

Di cosa parlano le due canzoni ? Vi han detto cose nuove ? Che non sapevate già ? Vi siete emozionati perchè erano parole in rima e con un pò di musica ? Vi siete scandalizzati ? Vi siete sentiti d’accordo ?
Nessuno si è accorto che cantavano al festival di Sanremo ? Insieme ad Albano, la Zanicchi, Pupo, Patty Bravo ecc. Ecc. ?

Davvero avete sentito aria fresca sulla faccia ?

Perchè a me cari amici, si è stretto il cuore. Perchè quando ho capito il contesto ed ho letto il testo, mi son sentito morto. Morto dentro, come da tempo non mi succedeva. Hanno sdoganato la rivoluzione a San Remo. Ci hanno ucciso con i fiori e l’applauso di un pubblico ammaestrato.

Perchè un Guccini, un Boris Vian, un De Andrè, un Bennato, gli Assalti Frontali o i 99 posse, i Nomadi o Daniele Silvestri, hanno cantato del dolore, della guerra e del paese di Merda nel quale viviamo molto prima e molto meglio. Ma noi doveravamo ?

Non capite che è l’ennesima nevicata, che fa scandalo e notizia. Non capite che ci stanno sbucciando poco a poco, e che portare la rivoluzione a San Remo, equivale a smerciarla come semplice prodotto di consumo.
Una fottuta maglietta con la faccia del Che e diventiamo tutti rivoluzionari, vero ? Era questo che cercavate a San Remo ?




Cazzo era meglio Elio e le storie tese, meglio perchè coerente. ITALIA SI, ITALIA NO ?

Ah, un appunto per quel ..... di Povia ( io una capatina dal psicologo, la farei... ) per la prossima canzone.

LUCA ERA GAY, ADESSO STA CON LEI.
LAURA NON C’È E LUCA TORNA GAY.



Piovono idee su questa triste Italia, ma sono tutte spente.



Strano paese il mio. Strano davvero.

Strano un paese dove si condanna un corrotto, ma non il corruttore. Ed ancor più strano ( quasi comico, ma siamo in Italia ) che il condannato debba risarcire 250.000 euro allo stato Italiano, che è governato dal ( guarda caso ) Corruttore.

Strano paese, che mette una notizia del genere in 21ª pagina sul Corriere della Sera, mentre nel resto del mondo è notizia da prima.

http://italiadallestero.info/archives/3423
El Pais, The Guardian, Le Figaro, The Herald Tribune.


Leggete cosa dicono di noi all’estero su questo caso. E ricordatevi che la moglie di Mills ( il corrotto ) si è dovuta dimettere dal governo Blair in inghilterra a seguito di questo scandalo. Se qualcuno ha notizie del Corruttore mi dica qualcosa porfa. Comincio ad essere in ansia.

giovedì 19 febbraio 2009

FEDELI A SE STESSI




Essere se stessi è la sfida della vita.
Uno degli scrittori a me più cari, Julio Cortazar, osservava che la fedeltà assoluta alla propria natura, al proprio destino e alle proprie inclinazioni, ha un prezzo altissimo.
Essere se stessi, calarsi da macigni nelle proprie tenebre o dissolversi come polvere nelle proprie luci, ha un costo esorbitante davvero, quale la vita per un soldato. I grandi scrittori, cavalieri del tutto e del nulla, l’hanno pagato sempre. I mediocri mai. Sono loro, i Rimbaud, i Balzac, i Dostoevskij, i Musil, i Cortazar, i nostri condottieri nelle terre inesplorate della ragione e della fantasia, ma prima di condurci per mano lassù o laggiù, si sono addentrati da solitarie staffette, esploratori isolati dei territori tempestosi e oscuri che si ergono alla frontiera fra delirio e realtà.
Chi siamo noi, lo dobbiamo a loro. Molto di quel prezzo, di quel soldo di esistenza, ce l’hanno anticipato pagandoci il biglietto e rimettendoci il costo delle loro esistenze sempre esasperate, assai sovente, purtroppo, disperate.
Cortazar, di cui ricorre il 25º anniversario della morte, amava fraternamente un altro cavaliere senza macchia e paura, che a se stesso ed a quello che rappresentava a sacrificato la vita. Letteralmente. Quel cavaliere si chiamava Ernesto Guevara, ma il mondo lo conobbe come il CHE.
Quando il Che venne ucciso, Cortazar scrisse questa lettera ad amici in comune ed una poesia.( che allego dopo, LA LETTERA TRADOTTA, LA POESIA NO, MAI )
Due uomini diversi, due vite opposte, ma una unica fede. Fedeli a se stessi. Fino alla fine a qualunque prezzo.
Ricordiamocelo sempre, non possiamo essere altro di ciò che siamo. Tutto il resto sono ombre sui muri di quel condominio chiamato cervello.







Julio Cortázar


París, 29 de octubre de 1967


Roberto, Adelaida, mis muy queridos:



Questa notte sono tornato a Parigi da Argel. Solo ora, a casa mia, sono capace di scrivervi coerentemente; lì, messo in un mondo dove contava solo il lavoro, lasciai passare i giorni come in un incubo, comprando giornale dopo giornale, senza volermi convincere, guardando quelle foto che tutti abbiamo visto, leggendo gli stessi collegamenti e entrando ora dopo ora nella più dura delle accettazioni. Quindi mi giunse telefonicamente il tuo messaggio, Roberto, e mandai questo testo che dovresti ricevere e che torno ad inviarti qui affinché se hai tempo lo leggi prima che si stampi, poiché conosco i meccanismi del telex e quello che succede con le parole e le frasi. Voglio dirti questo: non so scrivere quando qualcosa mi fa tanto male, non sono né sarò mai lo scrittore professionista pronto a produrre quello che si aspetta da lui, quello che gli si chiede o quello che lui stesso si chiede disperatamente. La verità è che la scrittura, oggi di fronte a questo, mi pare la più banale delle arti, una specie di rifugio, di simulazione quasi, la sostituzione dell’insostituibile. Il Che è morto e a me non resta che il silenzio, chissà fino a quando; se ti ho inviato questo testo è stato perché sei tu che me l’hai chiesto e perché so quanto amavi il Che e quello che significava per te. Qui a Parigi incontrai un collegamento di Lisandro Otero che mi chiedeva centocinquanta parole per Cuba. Così, centocinquanta parole, come se uno potesse tirarsi le parole come monete dalla tasca. Non credo che posso scriverle, sono vuoto e secco, e cadrei nella retorica. E questo no, soprattutto questo no. Lisandro mi perdonerà il silenzio, o lo fraintenderà, non m’importa; in ogni caso tu saprai quello che sento. Guarda, lì in Argel, circondato da imbecilli burocrati, in una officina dove si seguiva la routine di sempre, mi chiusi più volte nel bagno per piangere; dovevo stare nel bagno, capisci, per restare solo, per poter sfogarmi senza violare le sacrosante regole del buon vivere in una organizzazione internazionale. E tutto quello che ti racconto mi fa anche vergogna perché parlo di me, l’eterna prima persona del singolare, e in cambio mi sento incapace di dire niente di lui. Sto zitto quindi. Ricevesti, spero, il collegamento che ti inviai prima del tuo messaggio. Era la mia unica maniera di abbracciarti, a te e Adelaide, a tutti gli amici della Casa. E per te è anche questo, l’unica cosa che fui capace di scrivere in quelle prime ore, che nacque come una poesia e che desidero che tieni e che conservi affinché restiamo vicini.



Che
Yo tuve un hermano.


No nos vimos nunca pero no importaba.


Yo tuve un hermano que iba por los montes mientras yo dormía.


Lo quise a mi modo, le tomé su voz libre como el agua, caminé de a ratos cerca de su sombra.


No nos vimos nunca pero no importaba, mi hermano despierto mientras yo dormía, mi hermano mostrándome detrás de la noche su estrella elegida.

Hasta siempre Julio.

lunedì 16 febbraio 2009

IO NON PERDONO...IO NON PERDONO E TOCCO


Venite pure avanti, voi con il naso corto, signori imbellettati, io più non vi sopporto,
infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perchè con questa spada vi uccido quando voglio.

Venite pure avanti poeti sgangherati, inutili cantanti di giorni sciagurati,
buffoni che campate di versi senza forza avrete soldi e gloria, ma non avete scorza;
godetevi il successo, godete finchè dura, che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura
e andate chissà dove per non pagar le tasse col ghigno e l' ignoranza dei primi della classe.
Io sono solo un povero cadetto di Guascogna, però non la sopporto la gente che non sogna.
Gli orpelli? L'arrivismo? All' amo non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco,
io non perdono, non perdono e tocco!

Facciamola finita, venite tutti avanti nuovi protagonisti, politici rampanti,
venite portaborse, ruffiani e mezze calze, feroci conduttori di trasmissioni false
che avete spesso fatto del qualunquismo un arte, coraggio liberisti, buttate giù le carte
tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto, assurdo bel paese.
Non me ne frega niente se anch' io sono sbagliato, spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato;
coi furbi e i prepotenti da sempre mi balocco e al fin della licenza io non perdono e tocco,
io non perdono, non perdono e tocco!

Ma quando sono solo con questo naso al piede
che almeno di mezz' ora da sempre mi precede
si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore
che a me è quasi proibito il sogno di un amore;
non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute,
per colpa o per destino le donne le ho perdute
e quando sento il peso d' essere sempre solo
mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo,
ma dentro di me sento che il grande amore esiste,
amo senza peccato, amo, ma sono triste
perchè Rossana è bella, siamo così diversi,
a parlarle non riesco: le parlerò coi versi, le parlerò coi versi...

Venite gente vuota, facciamola finita, voi preti che vendete a tutti un' altra vita;
se c'è, come voi dite, un Dio nell' infinito, guardatevi nel cuore, l' avete già tradito
e voi materialisti, col vostro chiodo fisso, che Dio è morto e l' uomo è solo in questo abisso,
le verità cercate per terra, da maiali, tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali;
tornate a casa nani, levatevi davanti, per la mia rabbia enorme mi servono giganti.
Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco,
io non perdono, non perdono e tocco!

Io tocco i miei nemici col naso e con la spada,
ma in questa vita oggi non trovo più la strada.
Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo,
tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo:
dev' esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto
dove non soffriremo e tutto sarà giusto.
Non ridere, ti prego, di queste mie parole,
io sono solo un' ombra e tu, Rossana, il sole,
ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora
ed io non mi nascondo sotto la tua dimora
perchè oramai lo sento, non ho sofferto invano,
se mi ami come sono, per sempre tuo, per sempre tuo, per sempre tuo...Cirano

venerdì 13 febbraio 2009

VENERDI 13


Venerdi 13, dicono porti sfiga, speriamo di no. In ogni caso sarebbe stato meglio seguire il consiglio delle nonne “di Venere e di Marte, non si arriva e non si parte”. Se poi ci aggiungiamo un nuovo spazio chiamato “ lo specchio rotto”, forse un pò di sfiga dovrei metterla in conto....

Certo che l’avevano detto che il 2009 non sarebbe stato un anno fortunato...

Ma sono qua e sfiga o no, la rivoluzione ricomincia da oggi.

Il blog con alcune novità che spero apprezzerete, vecchie iniziative come “ INTERVISTE CON IL FUTURO” ed un Libro “ LA TEORIA SBAGLIATA” a puntate. Poi una nuova rivoluzione musicale portata avanti dagli HEZA, e molto altro...

Come sempre aspetto i vostri commenti, le vostre foto i video e gli articoli che ritenete interessanti.

Per il 2009 ho fatto un fioretto, mi lamenterò meno e cercherò di incazzarmi di più.

Aggiungo un saluto particolare a Glauco e Morgana, e a quella meraviglia che è il piccolo Greg.(orio) .

E poi un saluto a tutti voi, nuovi e vecchi..

Vi aspetto e per il momento vi abbraccio.

IL SILENZIO È DEI COLPEVOLI


La parola e` l’archetipo dal quale in ogni religione, la creazione prende origine.
L’essere umano e` la sola specie dotata di parola, siamo gli unici dunque, in grado di comprendere la creazione.

L’unione di molteplici punti di vista, la libera comunione d’idee ed esperienze sono per me, il solo sistema che possediamo per progredire com’esseri viventi. Questa è una delle ragioni che mi portano a scrivere. Perché la scrittura a differenza delle volatili parole, permane.
Non sono uno scrittore, non possiedo, infatti, l’arte del dire per iscritto. Da sempre pero` traccio segni indelebili, per raccontarmi e raccontare. Questo mi rende un semplice, artigiano di parole.

Quello che segue non ha altro valore oltre a quello che vorrete attribuirgli. Non vi sono verità assolute, ma opinioni che vi possono offrire alternativi punti di vista. Il mio unico auspicio è che possiate riflettere, così come ho fatto io, sulle molteplici cose che la vita mi ha portato a conoscere.