



È perfino ovvio e in sé non è affatto un male, (anzi, in sé, è un
portatore di progresso) il fatto che nel mondo globale lo Stato ha
perso la sovranità assoluta e che quindi non è più il solo garante
della vita sociale politica e culturale di un popolo-nazione. Ma il
grande problema èche questo vuoto non è stato riempito. E non è stato
riempito non perché i politici si intromettono troppo nelle «logiche»
di mercato ma perché lo Stato ha perso anche il monopolio della politica.
Non è poco.
Significa che non è più lui il garante della sovranità popolare cioè
dei diritti "uguali per tutti" che sono la base della cittadinanza.
E ciò perché sono entrati sulla scena (come sappiamo) altri poteri
molto potenti, non solo economici e finanziari, ma anche scientifici,
mediatici, culturali. Se questa analisi è corretta anche quei miei
amici che rappresentano il filone «liberal» dovrebbero cominciare a
pensare che la vecchia dicotomia tra Stato e mercato non ha più il
significato di una volta. La socialdemocrazia non c'entra. È del tutto
evidente (come è stato detto e stradetto) che lo squilibrio crescente
tra il «cosmopolitismo» dell'economia e il «localismo» della politica
ha travolto le basi del vecchio compromesso socialdemocratico. Ed è
anche vero che il neo-liberismo (vedi globalizzazione finanziaria ndr)
non solo ha vinto, ha stravinto ed è diventato da anni la ideologia
dominante.Ma posso cominciare a chiedermi se le cose, le cose del mondo
nuovo, lo strapotere della finanza mondiale, il sommarsi di ingiustizie
abissali con la formazione di una nuova oligarchia straricca, posso
cominciare a ragionare senza tabù anche sul rapporto tra mercato e sfera
pubblica e sociale? Attenzione, non sul mercato come strumento
essenziale dello scambio economico, evidentemente, ma come pretesa di
essere il presupposto di ogni sistema sociale e di rappresentare la
risposta ai bisogni di senso, di nuove ragioni dello stare insieme a
fronte del venir meno delle vecchie appartenenze .Spero che si capirà
il senso di queste mie osservazioni. Esse nascono dall'assillo di chi da
tempo è dominato dalla necessità di uscire da vecchie visioni, e pensa
che il problema di una nuova politica economica è creare un circolo
virtuoso tra crescita e coesione sociale e preservazione ambientale, tra
politica ed economia, non finanza, ma solo economia.
economia dal greco...
finanza..
Abbiamo bisogno di un nuovo pensiero e una rivoluzione culturale.
E torna in me, vecchio ex comunista italiano, il senso profondo
della eresia gramsciana,del Pisacane, di Mazzini o di quel pazzo
di Garibaldi.
L'idea della rivoluzione ITALIANA.
Popolare, intellettuale e morale.
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